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Vincere le sfide quotidiane: la costruzione cognitiva dell’autostima

L’autostima è un paradigma che può essere costruito attraverso strategie cognitive e da essa dipende il modo con cui l’individuo affronta la quotidianità.

Di Vincenzo Amendolagine

Pubblicato il 29 Mag. 2015

Aggiornato il 27 Apr. 2016 15:07

Keywords: Autostima, Inferenze cognitive, Distorsioni cognitive, Autoefficacia.

Abstract

L’autostima è un paradigma che può essere costruito giorno dopo giorno attraverso strategie cognitive. Da questa costruzione può dipendere il modo con cui l’individuo affronta la quotidianità, ossia se riveste il ruolo di vincitore o sconfitto di fronte alle mille incombenze o ostacoli che la vita presenta.

L’autostima

Secondo le classiche teorizzazioni di James (1890) l’autostima dipende dal rapporto che esiste fra il sé reale, ovvero quello che la persona pensa di sé, e il sé ideale, ossia come la persona vorrebbe essere.
La suddetta concezione, prevalentemente intraindividuale, non tiene conto delle variabili ambientali, cioè di quei fattori interindividuali che possono implementare o far decrescere l’autostima. Secondo Bracken (1993) gli individui traggono le informazioni sul loro valore dalla percezione degli altri. Questa conoscenza che l’alterità ha del soggetto, mediante un processo di retroazione, è influenzata dall’idea che il singolo ha di sé.
Per la Horney (1971) l’immagine e, quindi, l’impressione che l’uomo ha di sé dipendono dalla relazione che si è creata fra lui e le figure che lo hanno accudito. In altre parole, sono queste interazioni affettive, che si strutturano nel corso dei primi anni di vita, che determinano il volersi bene o l’odiarsi, viste come emozioni alla base dell’autostima o della disistima che l’individuo sviluppa nei propri confronti.

Le distorsioni cognitive

Ogni persona ha bisogno, sovente, di sapere quanto vale in termini globali, di stabilire, cioè, il proprio valore di merito e questo avviene analizzando e qualificando le esperienze vissute. Talvolta queste autoanalisi sono disturbate dalle distorsioni cognitive, ovvero da pensieri che inficiano la considerazione di sé.
Sacco e Beck (1985) indicano una serie di distorsioni cognitive, che sono:
le inferenze cognitive, attraverso le quali gli individui maturano delle idee arbitrarie su se stessi senza l’avallo di dati reali e obiettivi;
le astrazioni selettive, per mezzo delle quali un piccolo particolare negativo viene estrapolato, divenendo emblematico e rappresentativo del proprio modo di essere;
le sovrageneralizzazioni, per cui si è portati a generalizzare partendo, per esempio, da un singolo tratto di personalità che contraddistingue un individuo o da un singolo episodio esperienziale che lo ha visto protagonista;
la massimizzazione, che consente di implementare gli effetti negativi di una singola azione svolta;
la minimizzazione, la quale permette di rimpicciolire la portata positiva di qualche evento;
la personalizzazione, che autorizza a sentirsi colpevole per qualche evento negativo accaduto;
il pensiero dicotomico, che non ammette sfumature nell’ambito delle assunzioni di responsabilità, riconducendo l’analisi ai costrutti del tutto e niente.

Le strategie per incrementare l’autostima

Per accrescere la percezione positiva di sé esistono diverse strategie, come Toro (2010) specifica, quali:
l’incremento della tecnica del problem solving;
l’implementazione del dialogo interno (self – talk) positivo;
la ristrutturazione dello stile attribuzionale;
l’ampliamento dell’autocontrollo;
la modificazione degli standard cognitivi;
il potenziamento delle abilità comunicative.

L’autostima spesso è in funzione delle capacità che si hanno di risolvere i problemi. Solitamente la risoluzione delle difficoltà richiede una procedura suddivisa in fasi consequenziali, che sono:
la consapevolezza di avere un problema;
l’analisi di tale criticità nella sua interezza;
l’individuare un obiettivo che si vuol raggiungere, attraverso la risoluzione della problematica;
il focalizzare le differenti soluzioni per eliminare la difficoltà;
l’immaginare gli effetti pratici di ogni possibile soluzione;
il reperire la tattica ottimale che consente di dirimere il problema, attraverso il minore spreco di energie (Toro, op. cit., pag. 34).

L’autostima può essere incrementata attraverso il dialogo positivo con se stessi, utilizzando la propria voce interiore. In altre parole, se noi per primi inviamo dei messaggi positivi alla nostra mente, è molto probabile che le autopercezioni possano migliorare (Toro, op. cit., pag. 35).
Un notevole contributo all’implementazione dell’autostima è fornito dallo stile attribuzionale. In pratica, se siamo obiettivi possiamo riconoscere che frequentemente la causa di certi avvenimenti o situazioni che ci accadono e che inficiano la percezione di sé non dipende solo da noi, ma prevalentemente da alcuni eventi oggettivi sfavorevoli (Toro, op. cit., pag. 35).
Un’altra maniera per incrementare l’autostima è la ristrutturazione cognitiva della percezione della realtà, utilizzando delle chiavi di lettura positive. In altri termini, l’abituarsi a leggere il positivo in quello che accade o si vive. In questo modo si incrementa il controllo dei pensieri, polarizzandoli verso la positività (Toro, op. cit., pag. 36).
Spesso il modificare gli standard cognitivi che si hanno su di sé aiuta ad ampliare l’autostima. Infatti, laddove ci sono delle aspettative estremamente elevate, si corre il rischio di non essere all’altezza delle proprie attese e quindi di ipotecare negativamente le autopercezioni (Toro, op. cit., pag. 36).
Infine, il possedere delle buone abilità comunicazionali, che consentono di stare bene con gli altri, incrementa la propria autostima (Toro, op. cit., pag. 37).

L’autoefficacia

Connessa all’autostima è la sensazione di possedere il controllo della propria vita e degli avvenimenti che accadono. In sostanza, più questa percezione è strutturata e più si consolida l’autostima (Weiner, 1986).
Importantissimo, inoltre, nella percezione dell’autostima è il senso di autoefficacia. Con tale costrutto, come messo in evidenza da Bandura (2000), si intende la fiducia nelle proprie capacità di escogitare delle strategie che consentono di affrontare nel modo ottimale qualsiasi evenienza. Il concetto di autoefficacia viene implementato:
dall’esito brillante di precedenti situazioni problematiche affrontate;
dalle esperienze vicarie, ovvero dall’aver visto altri fronteggiare contesti situazionali difficoltosi e di esserne usciti vittoriosi;
dalle autopersuasioni positive;
dallo stato di benessere derivante dall’aver superato prove particolarmente impegnative;
dalla capacità di immaginarsi vincenti in esperienze gravose (Toro, op. cit., pag 47 – 48).

 

ARTICOLO CONSIGLIATO:

 Quanto mi amo? Questioni di autostima – Psicologia

 

BIBLIOGRAFIA:

  • Bandura, A. (2000), Autoefficacia. Teoria e Applicazioni (G.L. Iacono e R. Mazzeo trad.). Trento: Erickson.
  • Bracken, B. A. (1993), T.M.A. – Test di valutazione dell’autostima (R. Mazzeo trad.). Trento: Erickson.
  • Horney, K. (1971), I nostri conflitti interni (F. Sambalino trad.). Firenze: Martinelli.
  • James, W. (1890), Principle of psychology. New York: Holt, Rinehart & Winston.
  • Sacco, W. P. & Beck, A. T. (1985), Cognitive therapy for depression in E. Beckham & W. R. Leber (eds), Handbook of depression. Homewood (IL): Dorsey Press.
  • Toro, A. (2010), Studio su variabili psicologiche in un campione di atleti impegnati in differenti attività sportive non agonistiche. Tesi di Dottorato, A.A. 2009/10, Università di Catania, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Dottorato di Ricerca in Scienze Motorie, XXII Ciclo.
    http://archivia.unict.it/bitstream/10761/148/1/Tesi%20Dottorato%20Agata%20Toro.pdf.
  • Weiner, B. (1986), An attributional theory of motivation and emotion. New York: Springer – Verlag.  DOWNLOAD
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Vincenzo Amendolagine
Vincenzo Amendolagine

Medico, psicoterapeuta psicopedagogista. Insegna come Professore a contratto presso la Facoltà/Scuola di Medicina dell’Università di Bari Aldo Moro.

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