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Hungry Hearts (2014): due cuori e una condanna – Cinema & Psicologia

La fragilità e la paura del mondo dei personaggi: Hungry Hearts è uno spunto di riflessione su quanto sia difficilmente comprensibile la mente umana

Di Camilla Freccioni

Pubblicato il 07 Apr. 2015

Aggiornato il 09 Apr. 2015 10:57

“Siamo soli al mondo, io e te, ma ti prometto che io mi prenderò sempre cura di te, che ci sarò sempre, per te, e che veglierò su di te affinché non ti possa mai accadere niente di male.”

Hungry Hearts è uno spunto di riflessione su quanto sia difficilmente comprensibile la mente umana. Anche chi fa un lavoro come il nostro e quotidianamente abita un punto di vista “privilegiato” dal quale osservare il misterioso mondo della mente umana, non può non rimanere stupito di quanto ancora e ancora si possa sempre scoprire da ogni nuova persona, da ogni nuova storia e nuovo paziente che si siede sulla poltrona del nostro studio.

E allora chi lavora in questo ambito non può smettere di farsi domande una volta che esce da quello studio, non può smettere di cercare di comprendere, non può non appassionarsi a film o libri che sviscerano problematiche psicologiche, non può finire di fare ipotesi e di cercare delle risposte. Ed ecco che anche una serata al cinema diventa una nuova occasione per ricordarti quanto difficile, cioè appassionante, è il tuo lavoro.

I due protagonisti sono un concentrato di problematiche psicologiche, alcune sottili e difficili da cogliere, altre talmente tanto evidenti da spaventare. Mina, con un’accennata storia di vita caratterizzata da neglect, lutti e forse anche traumi, sprigiona fragilità da ogni parola che pronuncia e sicuramente anche dal suo aspetto fisico. Si sente “piccola” ed indifesa in un mondo minaccioso e pericoloso ed è alla ricerca di protezione e sicurezza. Sembra trovare quello che cerca in Jude, un ragazzo dolce e premuroso, con una madre che deve essere tenuta a distanza per non subirne l’invadenza, pronto e forse anche bisognoso di donarle non solo amore ma anche l’attaccamento che le è mancato. Questi reciproci bisogni inizialmente sembrano combaciare perfettamente, addirittura troppo perfettamente.

E’ come se osservando l’evoluzione della storia di Mina e Jude si avvertisse la costruzione di un loro nido nel quale nessun altro può entrare, comprendere e agire se non loro due.  La notizia della gravidanza praticamente li costringe ad uscire dal loro nido per relazionarsi con il resto del mondo ma Mina non è pronta, non desidera, non accetta questa uscita vissuta da lei come una violenza e non appena le è possibile si rintana nuovamente nel loro nido a questo punto con suo figlio.

La sua fragilità e la sua paura del mondo esplodono sotto al peso della responsabilità di una creatura con ossessioni e deliri che minacciano la sua vita e quella di tutta la sua famiglia. Jude, inizialmente accudente, successivamente incredulo e infine spaventato, sembra non avere le risorse per sbloccare la situazione, non sa a chi rivolgersi (di certo non a sua madre che non capirebbe e si intrometterebbe con aggressività) e forse ha troppa paura di fare del male a Mina nel tentativo di aiutarla. Ma lasciamo la parola ai due protagonisti così, cercando di immedesimarsi in loro, proviamo a capire meglio i loro pensieri e le loro emozioni.

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Il mio unico obiettivo nella vita è proteggerti, figlio mio, per me non conta altro, non sono importanti le amicizie, il lavoro, i parenti, mio marito… io desidero solo stare con te, accarezzarti, parlarti, lavarti e prendermi cura di te tenendoti lontano dai vari pericoli a cui il mondo può esporti: il freddo, lo smog, il cibo infettato, i medicinali velenosi, le persone spietate e cattive! Ricordo ancora quando seppi di essere incinta… Non riuscivo a credere che una piccola creaturina sarebbe potuta crescere dentro di me e che poi sarebbe stata un prolungamento di me.

La tua salute, la tua tranquillità e la tua felicità, da quel momento, sarebbero dipese da me. Era necessario che il mio corpo si purificasse da tutto ciò che di sporco, malato, inquinato vi risiedeva, per poterti trasmettere solo purezza. Sono andata contro tutto e contro tutti per portare avanti questo obiettivo – non è stato facile, perché quando sei nato eravamo entrambi molto deboli, ma ne è valsa la pena!

Non appena ti ho visto, ho capito quanto era stato importante perseverare, quanto eri unico, speciale… quanto eri incredibilmente frutto del mio amore… e allora ho trovato la forza di lottare ancora e con più forza per tutelarti! Nessuno, durante la mia vita, mi ha protetta, mi ha fatta sentire accudita e speciale. Non voglio che questo accada anche a te.

Il primo pensiero la mattina, appena mi sveglio, sei tu, ti salvo dallo sporco che tuo padre vorrebbe trascinare in casa ogni volta che rientra in casa, facendogli lavare le mani, non ti porto fuori perché potresti prendere freddo; se hai un po’ di febbre, ti curo da sola senza condurti da quei medici che vogliono solo avvelenarci; ti proteggo dalle altre persone tenendoti al sicuro in casa, ma soprattutto (questa che sto per dirti è la cosa di cui vado più fiera) ho creato un orto sul nostro terrazzo dove coltivo personalmente tutti gli alimenti di cui hai bisogno: solo così posso avere il totale controllo di quello che entra nel tuo organismo.

Non mi fido di nessuno, mi posso fidare solo di me stessa, non mi fido nemmeno di tuo padre… solo io ho tutte le attenzioni e le premure che meriti! Tuo padre non capisce. Penso che non ci ami abbastanza. Non ci protegge come dovrebbe fare. Ho paura che appena mi distraggo un attimo ti dia da mangiare delle cose che potrebbero farti male, che ti contamini con lo sporco del mondo là fuori, che ti faccia ammalare portandoti al freddo. Siamo soli al mondo, io e te, ma ti prometto che io mi prenderò sempre cura di te, che ci sarò sempre, per te, e che veglierò su di te affinché non ti possa mai accadere niente di male.

Ma che sta succedendo a tua madre? Non capisco, mi sembra un incubo. La notizia più bella che una coppia possa ricevere è diventata un’autentica ossessione per lei. Durante la gravidanza non ha mangiato praticamente niente e tu, povero amore mio, non hai avuto le energie necessarie per crescere. È come se l’intero mondo intorno a lei fosse sparito, non avesse più alcuna importanza per lei… Conta solo la sua paura che tu possa ammalarti, contaminarti, infettarti! I giorni passano e la situazione peggiora sempre più: tu non cresci, hai spesso la febbre, io esco soltanto per lavorare perché poi voglio correre a casa per vedere come state, non incontriamo più nessuno, non usciamo mai, mangiamo solo cibi dell’orto di mamma. Non so davvero come fare ad aiutarla, a farle capire che sta male, che ha un problema e che dev’essere aiutata. Devo riuscire a farla ragionare, devo convincerla ad andare da un medico.

Ho paura che si senta incompresa, non amata da me, tradita, ma allo stesso tempo sento che devo fare qualcosa, non possiamo più andare avanti così. Ha solo noi due al mondo, non può e non deve perderci, siamo la sua vita. La mia paura più grande è che tu possa ammalarti o addirittura morire… È incredibile, se ci penso: il suo desiderio è quello di proteggerti, mentre quello che sta ottenendo col suo comportamento è esattamente il contrario: ti sta uccidendo.

 

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Camilla Freccioni

Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale

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