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Buddha’s Brain: cambia il tuo cervello – Recensione

Nel libro viene spiegato il rapporto tra mente e cervello e vengono descritte alcune pratiche di meditazione che agiscono sul cervello - Psicologia

Di Redazione

Pubblicato il 30 Apr. 2015

Il libro indica le possibili pratiche che possono associarsi al lavoro psicologico con il terapeuta: il paziente sa che possono agire aumentando la sua speranza.

Rick Hanson, neuropsicologo e Richard Mendius neuroscienziato, sono gli autori di un libro dal titolo esotico, “il cervello di Buddha”. Di esotico c’è, però, solo il titolo, il resto è un appassionante viaggio guidato nei rapporti tra neuroscienza, psicoterapia e tradizione spirituale della scuola buddhista Theravada. Di R. Hanson sono stati tradotti in italiano due libri sullo stesso argomento. Buddha’s brain li supera per completezza e utilità.

  • Completezza: nel libro viene esaminato, sulla base delle recenti acquisizioni neuroscientifiche, il rapporto tra mente e cervello. Il cervello si sa che cosa sia, definire la mente è più complesso. Gli autori intendono con questo termine tutte le attività cognitive, emozionali, relazionali che fanno parte dell’esistenza. Quale rapporto hanno con il funzionamento cerebrale? Grande questione al pari di quella “cosa c’era prima del big bang”. Certo senza un cervello non ci sarebbe mente ma come questa influisce sul cervello? Gli autori partono da diversi assiomi oggi dimostrati dalla neuroscienza: per esempio, il cervello è plasmabile, può modificarsi in risposta ad azioni esterne veicolate dalla mente. E’ una buona notizia. Possiamo sperare che certe aree celebrali responsabili di stati di benessere possano essere “allevate” e “allenate” attraverso opportune pratiche. Le grandi tradizioni sapienziali ci indicano alcune di queste pratiche, in particolare quella buddista; la scuola Theravada in particolare indica nella meditazione di consapevolezza ( vipassana) la via per agire sulla mente. Non a caso tra i pionieri della mindfulness ,numerosi sono gli psicologi e psichiatri i praticanti di questa scuola buddista.

  • Utilità: il conoscere cosa succede nel nostro cervello quando si pratica è un ottimo appoggio alla psicoterapia. Avere consapevolezza che la meditazione agisce modificando aree cerebrali responsabili dell’umore e della cognizione può rafforzare la fiducia nella possibilità di cambiamento.

Infine, ma meno importante, le diverse teorie e scuole che, non raramente, si accapigliano tra loro, potrebbero trovare alcuni punti di appoggio in queste antiche pratiche senza considerarsi esclusive.

I comportamentisti nel vedere sottolineato nel libro che i cambiamenti di comportamento agiscono sullo stato psichico dei pazienti; i neuroscienzati riduzionisti vedendo che è la pratica che cambia il cervello e non solo viceversa. E ancora gli psicologi del profondo (o psicodinamici) ritrovano nel libro che la psiche può essere ristrutturata attraverso le relazioni, e infine i cognitivisti possono trovare conferma dell’importanza dei modelli cognitivi costruiti nella prima infanzia.

Si potrebbe continuare ma chi scrive non è né psicologo, né psicoterapeuta e tanto meno psicanalista.

E’ però un paziente e qui sta molta dell’utilità del libro. Gli autori sostengono, grazie alla loro esperienza, che l’adottare pratiche già presenti nella storia della ricerca dell’uomo, possa ridurre la sofferenza del vivere. Sono pratiche che agiscono sulla mente principalmente: la meditazione di consapevolezza che oggi possiamo chiamare mindfulness, il cambiamento di abitudini oggi paragonabile agli esercizi che agiscono sulle modificazioni nella vita pratica quotidiana, dal prendersi cura di sé al coltivare empatia, accettazione, etc.. Infine si può sottolineare l’importanza dell’esercizio fisico (ad esempio, hatha yoga) non competitivo ma come strumento di consapevolezza e di non identificazione con i nostri pensieri.

Il libro indica le possibili pratiche che possono associarsi al lavoro psicologico con il terapeuta: il paziente sa che possono agire aumentando la sua speranza. Naturalmente ci si guarda bene dal voler convertire a una fede o visione del mondo e della natura. Non occorre né essere buddisti, credenti o atei o altro ancora, ma solo essere aperti e avere fiducia. Ingredienti necessari sia al terapeuta che a chi cerca di alleviare la sua sofferenza, spesso non solo incomprensibile ma assurda.

T.F.

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