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Corso base di Terapia Metacognitiva Interpersonale: Firenze, 7 e 8 Marzo – Report II parte

Giancarlo Dimaggio ha presentato presso la Scuola Cognitiva di Firenze (7 e 8 Marzo) la seconda parte del corso base di Terapia Metacognitiva Interpersonale

Di Valentina Davi

Pubblicato il 17 Mar. 2015

Report:

CORSO BASE DI TERAPIA METACOGNITIVA INTERPERSONALE (TMI) – II PARTE

Firenze, 7-8 Febbraio 2015

 

LEGGI LA PRIMA PARTE

Il terapeuta TMI pensa il meno possibile, inferisce poco, fa molte domande, ascolta tanto e presta molta attenzione al comportamento non verbale, con l’obiettivo di arrivare ad una formulazione del caso in cui il paziente si ritrovi.

Durante il weekend del 07-08 marzo si è tenuta a Firenze la seconda parte del corso base di Terapia Metacognitiva Interpersonale organizzato da Scuola Cognitiva Firenze. Questa volta spettava a Giancarlo Dimaggio presentare il modello TMI, il quale ha scelto un’impostazione molto esperienziale: poca teoria frontale, tanta pratica.

Quali sono le maggiori difficoltà che un terapeuta TMI può incontrare in terapia? Le principali riguardano la formulazione degli schemi interpersonali e favorire lo switch dalla formulazione del caso alla promozione del cambiamento, nonché gestire eventuali problemi nella relazione terapeutica.

Ecco che quindi la prima esercitazione pratica del weekend si è concentrata su come costruire la formulazione del caso, che oltre ad essere punto di partenza imprescindibile per impostare la fase successiva di terapia, è anche ancoraggio fondamentale per gestire in maniera efficace la relazione terapeutica in cui il paziente ripresenterà inevitabilmente i propri schemi interpersonali.

Durante l’esercitazione di gruppo la classe si è cimentata nella ricostruzione degli schemi interpersonali di un paziente; partendo dalla narrazione di un episodio di vita del paziente stesso, i partecipanti hanno dovuto identificare le singole componenti dello schema ed individuare gli elementi mancanti che sarebbero dovuti essere target di indagine approfondita durante il colloquio per poter giungere ad una ricostruzione esaustiva.

Il weekend è stato inoltre occasione per osservare dal vivo come lavora in seduta un terapeuta TMI. Il terapeuta TMI pensa il meno possibile, inferisce poco, fa molte domande (“domande semplici, dirette, poco più articolate di quella che farebbe il vostro fruttivendolo preferito”), ascolta tanto e presta molta attenzione al comportamento non verbale, con l’obiettivo di arrivare ad una formulazione del caso in cui il paziente si ritrovi (LEGGI I COMMENTI ALL’ARTICOLO).

Ecco che quindi Dimaggio ha condotto davanti alla classe una prima seduta di 45 minuti con una studentessa che si è offerta volontaria per raccontare un proprio problema personale. Per quanto l’esperienza potesse presentare dei limiti dovuti alla presenza di circa 40 persone come pubblico e allo sforzo del terapeuta di condurre una seduta didatticamente efficace, ci siamo trovati di fronte a quanto di più lontano ci sia da una simulazione; è stata una seduta di psicoterapia vera e propria, che solo all’apparenza poteva sembrare una “semplice chiacchierata”.

Infatti, nonostante lo stile colloquiale della seduta, erano rintracciabili tutte le fasi che caratterizzano la procedura della TMI. Un incontro di TMI inizia da quello che il paziente porta in seduta. Inizialmente il terapeuta resta in silenzio, ascolta attentamente il racconto e presta particolare attenzione al comportamento non verbale, accoglie e valida l’esperienza emotiva del paziente.

Per facilitare la narrazione ed evocare memorie autobiografiche associate in modo da reperire sempre più materiale per costruire lo schema, il terapeuta pone la domanda cardine della TMI: “Mi fa un esempio [di quando si è sentito…]?”. Una volta ricostruito lo schema interpersonale, il terapeuta lo condivide con il paziente per accertarsi che il paziente vi si riconosca.

La seduta e la successiva analisi degli interventi effettuati e della ratio ad essi sottostante sono state particolarmente apprezzate dalla classe, che a gran voce ha richiesto il bis (ed è stata accontentata). Il weekend ha pertanto visto nettamente prevalere la parte esperienziale didattica, che ha permesso ai partecipanti al corso di toccare con mano cosa significhi fare TMI.

Ricordiamo che la TMI prevede due macro-sezioni: la formulazione del caso condivisa con il paziente e la promozione del cambiamento. Quest’ultima avviene attraverso due step che vanno in parallelo: la differenziazione e l’accesso alle parti sane del Sé.

Durante il weekend Dimaggio ha dedicato una parte di lezione frontale alla promozione della differenziazione, illustrando con la verve e lo stile divertente che tanto lo caratterizzano le strategie volte a promuovere nel paziente la presa di distanza critica dai propri schemi patogeni. La parte relativa all’accesso alle parti sane di Sé verrà invece affrontata nel Corso Avanzato di Terapia Metacognitiva Interpersonale (23-24 maggio e 6-7 giugno 2015).

Il Corso Base di Terapia Metacognitiva Interpersonale si è rivelato essere un utile corso formativo: leggere e studiare il manuale di TMI lo si può fare tranquillamente a casa da soli, la forza del corso è che grazie alla forte componente esperienziale ed interattiva delle esercitazioni fornisce concretamente strumenti da utilizzare nella pratica clinica, permettendo ai partecipanti di provare “sul campo” il modello per poi discuterlo in diretta con i docenti, che non è poco.

 

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Valentina Davi
Valentina Davi

Coordinatrice di redazione di State of Mind

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