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La Fibromialgia: un’esperienza di gruppo – Psicoterapia

Lo studio ha proposto una terapia di gruppo a pazienti con fibromialgia attraverso un'analisi approfondita delle caratteristiche psicologiche individuali...

Di Silvia Ciuffolotti

Pubblicato il 30 Gen. 2015

Aggiornato il 08 Feb. 2016 11:50

La Fibromialgia si caratterizza per una ampia e variegata espressività clinica sia interindividuale che intraindividuale. I suoi effetti possono risultare devastanti e la malattia può innescare un drammatico effetto domino che non risparmia il lavoro, la famiglia, la comunità, la vita di coppia, la percezione del futuro e la nostalgia del passato.

La Fibromialgia (sin.: sindrome fibromialgica) è una malattia cronica complessa definita dall’American College of Rheumatology come “una condizione di dolore cronico diffuso con caratteristici “tender points” all’esame fisico, spesso associata con una varietà di sintomi o disfunzioni quali la fatica, i disturbi del sonno, la cefalea, la sindrome del colon irritabile e i disturbi dell’umore”.

La fibromialgia si caratterizza per una ampia e variegata espressività clinica sia interindividuale che intraindividuale. I suoi effetti possono risultare devastanti e la malattia può innescare un drammatico effetto domino che non risparmia il lavoro, la famiglia, la comunità, la vita di coppia, la percezione del futuro e la nostalgia del passato.

Nella prospettiva del reumatologo, la fibromialgia viene considerata una delle malattie più difficili da trattare. Nel tempo molto limitato di una visita reumatologica convenzionale (20-30 minuti) solo raramente si vengono a creare le condizioni per un rapporto empatico tra specialista e malato. Nella fase narrativa spontanea dei propri problemi, i pazienti risultano essere dei veri e propri “fiumi in piena” e l’elenco dei mille sintomi e dei mille problemi sembra essere infinito.

 

Il rapporto medico-paziente nei pazienti con fibromialgia

L’atteggiamento dei pazienti nei confronti dei medici e dei farmaci è molto spesso negativo e nel racconto della propria esperienza domina spesso l’elenco degli insuccessi e delle insoddisfazioni. Lo specialista spesso assume un atteggiamento “difensivo” nella consapevolezza della difficoltà di trattamento soprattutto dei pazienti che si sono dimostrati refrattari ad esperienze diverse di terapia. Il risultato di tutto ciò è un rapporto medico-paziente molto fragile ed incerto, con molte barriere di comunicazione.

L’approccio ai pazienti con fibromialgia può risultare anche molto stressante per lo specialista e non è un caso che i pazienti fibromialgici possono finire a volte con l’essere considerati “indesiderabili” o “ladri di tempo”. La presa in carico di questi pazienti e la creazione di un rapporto di fiducia e di reciproca collaborazione costituisce tuttavia un presupposto essenziale per una strategia di trattamento basata sul sano principio della “medicina olistica”.

Dal momento che un approccio corretto ai pazienti con fibromialgia ad espressività clinica conclamata non può prescindere da una approfondita caratterizzazione dei bisogni, delle problematiche, delle reazioni individuali, un’analisi approfondita del profilo psicologico dei pazienti potrebbe costituire un momento fondamentale per la messa a punto di una più incisiva strategia terapeutica, che non si limiti ai soli farmaci.

Il medico da solo non è nelle condizioni di poter garantire tale approccio sia per limiti invalicabili di tempo sia per la mancanza di adeguati skills relazionali e di comunicazione efficace. La figura dello psicologo può affiancarsi utilmente a quella del medico nella messa a punto di un percorso assistenziale multi-professionale finalizzato ad una razionale ed incisiva gestione delle complesse dinamiche dei pazienti con fibromialgia.

 

Terapia dei pazienti con fibromialgia

L’obiettivo principale della terapia dei pazienti con fibromialgia è quella di migliorare la qualità della vita, che può risultare particolarmente compromessa in considerazione del fatto che la fibromialgia presenta spesso un elevato grado di “resistenza” alla terapia farmacologica.

Le esperienze pilota fino ad ora condotte hanno portato a risultati preliminari del tutto incoraggianti anche se, purtroppo, nel nostro paese la collaborazione tra psicologo e reumatologo nell’approccio ai pazienti con fibromialgia risulta ancora limitata.

 

Terapia di gruppo per la fibromialgia

La fibromialgia resta ancora un pianeta inesplorato anche per quanto concerne le applicazioni della terapia di gruppo. La solitudine, la scarsa solidarietà, l’indifferenza, il progressivo isolamento, il bisogno di comprensione, il bisogno di essere ascoltati, la delusione di non essere mai adeguatamente compresi, la paura di non farcela, il timore di essere abbandonati, la sensazione di non essere sopportati sono denominatori comuni dei pazienti con fibromialgia e costituiscono gli elementi che inducono a ritenere che proprio in questa malattia le esperienze di gruppo possano presentare interessanti potenzialità e contribuire in modo significativo al miglioramento della qualità della vita dei pazienti già duramente compromessa dal carattere spesso “implacabile” della fibromialgia.

Nell’intento di recare un contributo alla conoscenza dei lineamenti psicologici dei pazienti con fibromialgia è stato condotto uno studio su un gruppo di dieci soggetti con malattia parzialmente refrattaria al trattamento farmacologico e fisioterapico.

Lo scopo di questo studio è stato quello di effettuare una prima analisi del profilo psicologico di un gruppo rappresentativo di pazienti con fibromialgia ad espressività clinica conclamata risultati refrattari a diversi schemi di trattamento convenzionale e  valutare analogie e differenze del profilo psicologico di questo specifico subset di pazienti.

Per poter eseguire una analisi approfondita delle caratteristiche psicologiche individuali si è attuato un percorso basato sulla valutazione del vissuto di malattia esplorato nel corso di colloqui individuali e sulla analisi dei comportamenti dei pazienti in una serie di incontri di gruppo. Una particolare attenzione si è rivolta all’analisi dei descrittori semantici della malattia.

Dalle osservazioni emerse nei due diversi momenti dello studio si sono tracciate delle sintetiche schede individuali nelle quali sono stati riportati i principali descrittori semantici ed i comportamenti dei pazienti nelle fasi di confronto con i componenti del gruppo. Si è eseguita infine una analisi comparativa dei descrittori semantici e dei profili psicologici dei pazienti allo scopo di valutarne analogie e differenze. L’utilizzo di un programma per la creazione di “tag clouds”  è risultato utile per una immediata rappresentazione gerarchica dei descrittori semantici utilizzati dai pazienti. Ciò ha consentito di visualizzare in modo rapido ed efficace le problematiche dominanti che hanno esercitato il maggiore impatto sui pazienti.

Lo studio si è articolato in due fasi:

I Fase: Incontri individuali della durata di un’ora volti a definire la storia clinica, le problematiche connesse con la malattia, i bisogni, le aspettative, i timori e le barriere dei pazienti. Nel corso del colloquio si è valutata la disponibilità da parte del paziente a partecipare all’esperienza di gruppo.

II Fase: Incontri di gruppo della durata di due ore volti a favorire il massimo livello di interazione tra i pazienti e di confronto di esperienze.

L’esperienza è stata condotta con un gruppo chiuso, omogeneo e a termine. Gli incontri di gruppo hanno avuto una durata di 3 mesi. Ogni incontro, della durata di un’ora e mezza, si è svolto ogni 15 giorni (2 incontri al mese). Gli incontri si sono svolti  sempre il mercoledì, a cadenza bi-mensile, per un totale di otto incontri.  Ciascun incontro, si è articolato secondo lo schema riportato:

– 30 minuti riservati alla trattazione di argomenti trasversali, utili a tutti i pazienti;

– 90 minuti dedicati alla discussione dell’argomento trattato all’ordine del giorno. Il confronto prosegue attraverso le libere associazioni dei pazienti, sotto la regia attenta dello psicoterapeuta che facilita il flusso della parola da un paziente all’altro.

I dieci pazienti sono stati identificati sulla base di una valutazione clinica volta ad individuare una ristretta popolazione di pazienti con diagnosi conclamata di fibromialgia refrattaria ai vari schemi di trattamento convenzionali.

Ad ogni incontro è stato affrontato un diverso tema, sulla base delle problematiche maggiormente richieste dai pazienti. I temi trattati sono stati: il dolore cronico, l’esercizio fisico, la dieta, la terapia farmacologica, le terapie complementari e alternative, l’effetto placebo del farmaco, come migliorare la qualità del sonno, leggi e regolamenti.

Durante gli incontri di gruppo con i pazienti con fibromialgia ho focalizzato l’attenzione su cinque elementi fondamentali: i partecipanti al gruppo, le loro relazioni interpersonali, l’interazione tra individui e gruppo, i fenomeni transpersonali e la storia del gruppo.

Nei colloqui individuali tutti i pazienti hanno mostrato una buona inclinazione al dialogo, pur nell’ambito di una intuibile variabilità legata alle differenze temperamentali ed al livello socio-culturale. Da parte di tutti i pazienti è emersa l’esigenza di rappresentare in maniera molto forte l’intensità della sintomatologia e la gravità delle ripercussioni della malattia sulla vita quotidiana lavorativa e sui rapporti interpersonali. Queste descrizioni hanno spesso assunto un carattere iterativo come se vi fosse da parte dei pazienti la sensazione o il timore di non essere creduti o adeguatamente compresi. Le diverse storie di vita dimostrano in effetti che proprio questo aspetto costituisce uno dei risvolti più drammatici della malattia.

L’evidente isolamento dei pazienti con fibromialgia anche all’interno del proprio nucleo familiare può considerarsi certamente alla base di un forte impulso alla narrazione ampia ed articolata che ha contraddistinto pressoché tutti i pazienti. La gradita sorpresa di trovarsi di fronte a qualcuno disposto ad ascoltare il racconto della propria sofferenza ha generato un forte senso di gratitudine più volte rappresentata nel corso del colloquio.

Per alcuni pazienti è emersa in maniera particolarmente netta la forte esigenza di una condivisione liberatoria della propria drammatica esperienza di malattia. Il solo fatto di avere di fronte qualcuno capace di credere nella drammaticità della sofferenza narrata ha rappresentato per questi pazienti una sorta di liberazione da una condizione insopportabile: quella di non essere creduti da nessuno.

Per questi pazienti, la cui capacità di sopportazione è messa così a duramente alla prova da una malattia implacabile, il fatto di non essere creduti e di non ricevere la solidarietà che reclamano amplifica in modo insopportabile la già drammatica sofferenza causata dalla malattia. Alcuni di questi pazienti, specie quelli con fibromialgia primaria, sono considerati come dei veri e propri malati immaginari. Mariti, mogli, figli, amici e colleghi di lavoro non vedono la malattia, spesso nascosta da una esteriorità non intaccata. Ed è proprio l’esteriorità che spesso mette in trappola il paziente: apparire “sani e normali” alimenta ancor di più le perplessità e le incomprensioni da parte del mondo che circonda. I problemi del paziente con fibromialgia divengono così “invisibili” ed il paziente giudicato petulante e “malato immaginario”.

 

Semantica del dolore nei pazienti con fibromialgia

La semantica del dolore ha un rilevante valore diagnostico in medicina. Il dolore è l’elemento comune della maggior parte delle malattie dell’apparato locomotore. I caratteri che lo contraddistinguono possono risultare tuttavia alquanto variegati ed una attenta analisi delle caratteristiche del dolore e delle manifestazioni con le quali esso si associa può contribuire in modo rilevante all’inquadramento clinico e al monitoraggio della malattia. La figura sotto riportata dà invece una rappresentazione grafica riassuntiva degli stessi descrittori rappresentati in modo gerarchico nei dieci casi studiati.

Fibromialgia - Terapia di Gruppo

I colloqui individuali e l’esperienza di gruppo condotta nei dieci pazienti con fibromialgia, anche sulla base dell’analisi della letteratura relativa alle esperienze gruppali, inducono a formulare le seguenti principali riflessioni.

Anche se i profili psicologici del gruppo dei pazienti studiati sono risultati alquanto eterogenei appare chiaro che nel vissuto di malattia hanno rivestito un peso dominante cinque condizioni che sono risultate tanto comuni quanto dominanti in tutti i pazienti:

•    dolore

•    incomprensione

•    solitudine

•    indifferenza

•    incapacità a svolgere le comuni attività di vita quotidiana

Merita di essere sottolineato il fatto che i descrittori riportati hanno caratterizzato in modo dominante il vissuto di malattia di tutti i pazienti che pur presentavano una rilevante eterogeneità dal punto di vista anagrafico, socio-culturale e socio-economico.

Le principali differenze che sono emerse all’interno del gruppo studiato sotto il profilo del vissuto di malattia sembrano essere ricollocabili con la presenza di una affezione concomitante registrata in quattro dei dieci pazienti. In tre pazienti con artrite cronica associata alla fibromialgia pur essendo stati “duramente colpiti” dalla combinazione delle due affezioni, hanno mostrato un atteggiamento decisamente più combattivo ed hanno fin dall’inizio assunto e poi mantenuto una posizione dominante all’interno del gruppo. Al contrario, i pazienti con fibromialgia primaria si sono rivelati nettamente più “passivi” e non hanno mai assunto una posizione di leadership.

Depressione

L’impronta depressiva dei pazienti è risultata evidente sin dai primi incontri e si è mantenuta sostanzialmente agli stessi livelli per l’intero arco dell’esperienza condotta.

Degno di nota il fatto che proprio da parte dei pazienti con fibromialgia primaria e con profilo di personalità ad impronta chiaramente depressiva è stata avanzata una forte richiesta di ulteriori colloqui individuali e di proseguire con altre esperienze di gruppo. Quattro di questi pazienti hanno partecipato ad un ulteriori colloqui individuali dopo la conclusione dell’esperienza di gruppo. In tutti e quattro i pazienti il colloquio ha assunto una impronta del tutto diversa rispetto al colloquio iniziale.

Semantica del dolore nella fibromialgia

Vi sono molti modi di valutare il racconto di una storia di sofferenza e di dolore legati ad una malattia cronica implacabile. I descrittori che esprimono la sofferenza, il dolore, la rabbia, la paura, lo sconforto e le tante altre emozioni che spesso accompagnano chi è affetto da fibromialgia, sono infiniti e variegati. Uno dei modi per valutare il vissuto di malattia dei pazienti è quello di effettuare una analisi semantica basata sulla ricorrenza delle parole utilizzate dal paziente nella fase narrativa del dialogo.

Una espressione grafica della semantica del dolore, capace di rappresentare gerarchicamente i descrittori più frequentemente utilizzati mi è sembrata utile per sintetizzare in una immagine un vissuto complesso ed articolato. Dall’immediato confronto tra le diverse immagini create, emergono immediatamente le analogie e le differenze nelle esperienze di vita e di malattia dei diversi componenti del gruppo.

Le parole più grandi sono: dolore, male, incomprensione, stanchezza, fatica. Queste parole rappresentano il sentire comune, le esperienze che tutti hanno vissuto. Le parole di media dimensione esprimono esperienze e vissuti comuni ad una quota consistente dei componenti del gruppo. Le parole più piccole esprimono le reazioni individuali e fotografano la peculiare reattività emotiva dei singoli pazienti. Lo psicoterapeuta deve essere ben attento a leggere sia le “grandi parole” che le “piccole parole” per poter adeguatamente distinguere la reattività aspecifica alla malattia rispetto a quella che esprime invece la reazione prevalentemente legata alla struttura dell’io profondo.

Le grandi parole esprimono prevalentemente i sintomi e costituiscono la fotografia delle espressioni cliniche della malattia. Queste parole sono certamente importanti per analizzare la sofferenza fisica della persona, ma forse per lo psicologo, sono le parole piccole a costituire le tessere fondamentali del complesso mosaico della personalità individuale.

Intimità

Tutti i pazienti hanno fatto sistematicamente affiorare aspetti della propria intimità che non erano stati sfiorati in occasione del colloquio preliminare. Il tutto si è svolto in un contesto caratterizzato da una grande serenità e dalla piena fiducia da parte dei pazienti nei confronti dell’esaminatore. E’ emerso in modo chiaro sia dai colloqui che dagli incontri di gruppo che specie per i pazienti con fibromialgia primaria la possibilità di esprimere le proprie emozioni, di raccontare la storia della propria malattia e della propria esperienza di vita e di essere ascoltati determinavano una reazione molto positiva e creavano i presupposti per la creazione di quella alleanza terapeutica indispensabile per poter fronteggiare in modo incisivo i molti problemi legati alla malattia.

Supervisione

Ogni mese l’intero team si è riunito per un incontro di supervisione. Nel corso di tali momenti, abbiamo discusso delle sedute svolte nel corso del mese ed abbiamo affrontato le criticità nel gruppo di pazienti e nel team di operatori. L’aiuto del supervisore, esperto in dinamiche di gruppo, è stato di fondamentale importanza per la comprensione e lo sviluppo di questa esperienza. Il supervisore ha guidato il team:

•    nella scelta degli argomenti da trattare

•    nel tipo di comportamento da adottare nelle situazioni di crisi all’interno del gruppo

•    nel ruolo da assumere all’interno del gruppo

•    nella identificazione ed elaborazione dei conflitti creatisi tra i componenti del team

•    nella osservazione e comprensione di dinamiche attuate dal gruppo nelle varie fasi

•    nel riconoscimento del ruolo assunto dai singoli pazienti nei confronti del gruppo

•    nella decifrazione in chiave analitica della semantica del dolore

Socialità sincretica

Il concetto di socialità sincretica, elaborato da Bleger, valorizza nel gruppo i vissuti sensoriali, propriocettivi e cenestesici. Nel livello sincretico, che può quindi essere considerate come un livello non verbale di una conversazione, rientrano la condivisione di ritmi fisiologici, la comune percezione dello spazio, la regolazione collettiva del tono dell’umore ed anche altri aspetti stabili e conosciuti  nell’analisi di gruppo quali la costanza dell’orario, l’assidua presenza fisica dei membri, l’atteggiamento del terapeuta nei suoi aspetti più ripetitivi,  l’uso della stessa stanza, ecc.

Un attacco ad elementi che mantengono la socialità sincretica ha come conseguenza l’emergere di scontri tra sottogruppi. Nel gruppo con pazienti con fibromialgia ho potuto constatare come il tono dell’umore di un singolo individuo potesse influenzare a macchia d’olio anche quello di molti altri partecipanti. Altro aspetto rilevante nel gruppo è stata l’osservazione della prossemica. Ogni membro sedeva ad ogni incontro mantenendo pressoché la stesso posto nella stanza e, man mano che l’intimità e la confidenza cresceva, gli spazi tra l’uno e l’altro si riducevano.

Hobby

Un ulteriore aspetto di rilievo scaturito dall’osservazione del gruppo è stata l’importanza di avere un hobby, un passatempo, uno svago, una passione, un’occupazione in grado di distogliere la mente dei pazienti dalle problematiche e dalla propria malattia.

I pazienti del gruppo, nel corso degli incontri, hanno parlato dei loro hobby come delle attività fortemente antidepressive e fondamentali per cancellare, almeno momentaneamente, l’angoscia e la tristezza per la propria condizione di vita. Cucinare, fare fotografie, lavorare ai ferri, pitturare, ballare, giocare a burraco o persino “cantare con i propri animali da cortile” rappresentano solo alcune delle “tecniche analgesiche” adottate dai pazienti con fibromialgia per disconnettersi dal mondo reale e ritrovare un proprio spazio intimo di benessere. Anche a proposito degli hobby dei pazienti che hanno partecipato all’esperienza di gruppo, l’analisi semantica ha fornito interessanti spunti di riflessione. Vengono di seguito riportati alcuni esempi rappresentativi di descrizione delle sensazioni provate dai pazienti nel dedicarsi ai propri hobby:

– “Mi piace cucinare. Quando preparo un piatto per mio marito mi sento utile ”

– “Cantare in mezzo agli animali mi fa tornare bambino, quando stavo bene e l’unica preoccupazione era quella di giocare”

– “Quando mi incontro con le mie amiche per andare a ballare, mi dimentico di essere malata: mi trucco, mi vesto bene e non penso a nient’altro”

– “Quando gioco a burraco non penso alla malattia. Mi concentro perché voglio vincere”

– “La domenica esco di casa per andare a fare fotografie. Amo stare all’aria aperta, fotografare la natura ed avere un’ora tutta per me ”

– Nel contesto di questo tipo di attività i pazienti esprimono atteggiamenti positivi: si sentono utili, ritrovano concentrazione, avvertono una gradevole sensazione di fuga dalla sofferenza, ritrovano una propria immagine corporea positiva, “ritornano bambini”.

Fine del gruppo

La data dell’ultimo incontro del gruppo, comunicata ai pazienti sin dall’inizio, agisce anche come obiettivo comune, per i pazienti e per il terapeuta, nel lavoro verso gli obiettivi da raggiungere. In questa occasione, oltre ai pazienti sono stati invitati anche i loro familiari e/o le persone significative. I commenti e la percezione dei pazienti riguardo l’esperienza di gruppo vissuta è stata più che soddisfacente.

Hanno infatti riconosciuto a questa esperienza una serie di vantaggi, espressi attraverso le seguenti parole: “Ho condiviso i miei problemi con gli altri”, “ho acquisito consapevolezza che anche gli altri hanno molti dei miei stessi problemi”, “mi ha fatto sentire più forte”, “quando torna a casa dopo l’incontro di gruppo mi sento più ricca, ho qualcosa in più”, “è più facile parlare con persone che hanno i miei stessi problemi rispetto al parlare con i familiari”, “ è un momento di sfogo”, “quando sto qui mi sento più forte, posso dare consigli a persone più giovani” , “è un momento di svago, due ore tutte per noi”, “posso dare qualcosa agli altri della mia esperienza”, “sono riuscita ad aprirmi, cosa che non riesco mai a fare”, “qui mi sono trovata in compagnia, a casa sto chiusa in camera, parlo da sola, mi sfogo, ma soprattutto piango”, “ ho condiviso la mia esperienza con persone che finalmente mi capivano”, “nella famiglia mi metto in disparte, nel gruppo sono stata molto esposta”, “tornando a casa pensavo alle cose dette e stavo meglio”, “sono migliorata a livello psicologico”, “ci siamo sentiti meno soli”, “mi sono accorta che guardando i parenti dei pazienti li conoscevo già attraverso i racconti che avevo ascoltato, è come se attraverso i racconti dei miei compagni di viaggio io li avessi conosciuti”, “all’inizio della malattia ero crollato, ora ho meno rabbia”, “sono sempre venuta anche se stavo male, perché mi sento in un ambiente sensibile che mi capisce”, “se sto a casa piango e basta, se vengo qui sto più tranquilla”, “quando ho visto le altre piangere mi sembrava di vedere me stessa quando ero sola”, “il gruppo mi ha consolato parecchie volte”, “il gruppo è stato utile”, “ho capito di non essere sola”, “ho conosciuto persone deliziose”.

Grazie all’esperienza fatta è stato possibile appurare la necessità e l’importanza di percorsi di supporto psicologici individuali e di gruppo rivolti ai pazienti con fibromialgia, volti ad approfondire ed ampliare la conoscenza della malattia stessa, ad offrire uno spazio condiviso di interazione tra malati, ad accogliere il dolore, nella sua piena comprensione e soprattutto volti all’empowerment delle potenzialità del soggetto stesso.

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