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Io, me stesso e l’Avatar: gli effetti della dipendenza dai MMORPGs – Parte 3

Spesso i giocatori di videogames on line sembrerebbero preferire la vita alternativa a scapito di quella reale, con importanti conseguenze sulle relazioni.

Di David Scaramozzino, Silvia Bouvret

Pubblicato il 11 Dic. 2014

Aggiornato il 20 Apr. 2016 15:31

 

PARTE 3

Costruire una vita parallela a quella reale in un videogioco online spesso spinge i giocatori a preferire la vita alternativa a scapito di quella reale, con una serie di importanti conseguenze sulle relazioni sentimentali e affettive.

Negli ultimi dieci anni sono state rilevate interessanti associazioni tra bassi livelli di benessere psicologico e utilizzo eccessivo/compulsivo o patologico del computer e dei videogiochi.
Per esempio i giocatori assidui manifestano minore soddisfazione nella vita quotidiana, minore autostima, minori competenze sociali e maggiore senso di solitudine.
Inoltre quei giocatori che trascorrono la maggior parte del loro tempo libero sui videogiochi manifestano sintomi tra cui evitamento, preoccupazione, perdita del controllo e conflitti inter/intrapersonali.

Costruire una vita parallela a quella reale in un videogioco online spesso spinge i giocatori a preferire la vita alternativa a scapito di quella reale, con una serie di importanti conseguenze sulle relazioni sentimentali e affettive.

Inoltre giocare assiduamente a giochi a sfondo violento può ridurre sensibilmente le capacità empatiche del soggetto e conseguentemente favorire lo sviluppo di aggressività fino a permeare tutta la capacità di problem solving all’insegna della violenza (Lemmens et al., 2011).

Gli adolescenti che vengono classificati come soggetti a basse competenze sociali, con poca autostima, soli e generalmente insoddisfatti della loro vita reale, hanno più probabilità di sviluppare sintomi di gioco patologico: un circolo vizioso dove solitudine e insoddisfazione portano a giocare compulsivamente online e a costruirsi lì una vita alternativa che comporta incapacità di vivere la vita reale e quindi insoddisfazione e senso di solitudine.

Da ulteriori ricerche è emerso che giocare assiduamente online (MMORPGs e simili) è associato a comportamenti di dipendenza (sia al gioco online, sia per esempio al gioco d’azzardo), comportamenti antisociali, riduzione delle ore di sonno o del mangiare, stanchezza durante il giorno, lamentele somatiche e problemi fisici, problemi a scuola e con le consegne dei compiti a casa e infine problemi con amici, familiari e partner (Hellstrӧm et al., 2012).

In ogni caso, a causa della poca ricerca empirica sulle conseguenze dell’assiduo gioco online, è difficile dimostrare in modo decisivo se i sintomi riscontrati siano causa o effetto del gioco patologico. Rimane palese la fortissima limitazione della vita sociale reale di queste persone con marcata preferenza per le relazioni virtuali, il che tampona momentaneamente la loro ansia sociale ma allo stesso tempo aumenta tutte le loro difficoltà.

E’ possibile però trovare degli elementi positivi in questa attività di videogaming? Secondo un ricercatore di Hong Kong ciò è sicuramente possibile. Tao Wang Yu parte infatti da una critica all’attuale sistema scolastico e al metodo di insegnamento delle conoscenze, secondo l’autore il focus dell’apprendimento dovrebbe infatti vertere sull’apprendere come si impara, sul pensare e sul creare. Tutti quegli elementi analizzati ed elencati precedentemente, categorizzati come negativi e facilitanti la dipendenza e l’isolamento, potrebbero essere convertiti in fattori facilitanti l’apprendimento.

I MMORPGs sono infatti organizzati in modo tale che l’attività di gruppo assolva un ruolo fondamentale per raggiungere successi e quindi i giocatori devono presto imparare a valorizzare il lavoro di squadra e la collaborazione sfruttando (o imparando!) le abilità sociali.

I giocatori hanno la possibilità di sviluppare nuove abilità come quelle organizzative, di negoziazione, di marketing e di mediazione dei conflitti, il tutto ai fini di conoscenza e apprendimento. Il gioco online spinge i giocatori a cambiare prospettiva e a guardare il mondo con occhi diversi.

Sono stati progettati diversi esperimenti di apprendimento mediato dal videogioco, per esempio Dede nel 2005 ha presentato il gioco River city adibito a insegnare a giocatori provenienti da una scuola media competenze di ricerca scientifica: l’obiettivo del gioco era infatti scoprire perché gli abitanti della cittadina virtuale si stessero ammalando e quindi i giocatori erano invitati a muoversi per gruppi e ad analizzare tutti gli elementi del gioco che potenzialmente generavano la malattia.

Foreman e Borkman (citati in Wang Yu, 2009) aggiungono anche che questi videogiochi educativi dovrebbero presentare una precisa organizzazione interna per cui, per superare un livello, è necessario che i partecipanti dimostrino di aver appresso tutte le abilità acquisite nei livelli precedenti.

Inoltre, non è facile reperire ricerche in questa direzione e perseguire obiettivi educativi tramite l’utilizzo di videogame perché nel mondo scolastico ci sono tre principali ostacoli ovvero le aule non predisposte per una attività di questo genere, gli insegnanti stessi che non hanno sufficienti basi di conoscenza del computer e di internet. In più è ancora ben radicata nel senso comune la convinzione che i videogiochi costituiscano solamente un passatempo e non un elemento di formazione e di crescita.

Infine va comunque ricordato che, nonostante il computer ed internet costituiscano un buon mezzo per facilitare la comunicazione tra persone, non possono costituire un sostituto delle interazioni faccia-a-faccia: attraverso la tecnologia infatti si perde tutto il contenuto non verbale della comunicazione (espressioni facciali, postura, gestualità, tono della voce, sguardi, contatto fisico) che invece è di fondamentale importanza negli scambi interattivi tra persone (Wang Yu, 2009).

Conclusioni

Affrontare un argomento così delicato come la dipendenza da internet e da videogiochi online, significa spesso imbattersi in stereotipi e luoghi comuni ormai ben radicati nella conoscenza di tutti noi.

E’ certo però che alcuni elementi hanno un fondo di verità e per questo motivo non vanno sottovalutati: la dipendenza da un mondo virtuale, alternativo a quello reale, dove tutto quello che accade è reversibile, controllabile e stabilito dall’utente, può far gola a chiunque: per i soggetti dalla personalità dipendente e fobici sociali l’attrattiva è ovviamente maggiore.  Se si considera inoltre che ormai internet è diventato una risorsa accessibile a praticamente ogni persona, il pericolo diventa maggiore. Fare prevenzione e porre una particolare attenzione a queste dinamiche è quindi di fondamentale importanza.

Tuttavia è sbagliato demonizzare completamente questo mondo perché i suoi aspetti positivi li ha, non da ultimo il costituire una fonte di svago e un modo per implementare alcune capacità cognitive.

Un gesto di civiltà potrebbe partire dagli ideatori dei giochi, segnalando per esempio (come avviene nelle pubblicità dei GrattaEvinci) nella homepage dei siti, il rischio di dipendenza legato ai giochi MMORPGs.

 

ARTICOLI CONSIGLIATI:

Io, me stesso e l’Avatar: quando la luna di miele è tecnologica. Esplorazione psicologica del giocatore dei Mmorpgs – Parte 1

Io, me stesso e l’Avatar: dinamiche sociali e rapporti interpersonali dei giocatori dei MMORPGs – Parte 2

BIBLIOGRAFIA:

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