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Genitori antisociali? Conseguenze sullo sviluppo cognitivo dei figli

Neuroscienze: maggiore è la gravità del comportamento antisociale del padre, più scarsi sono gli esiti cognitivi dei loro figli - Neuropsicologia

Di Laura Pancrazi

Pubblicato il 17 Dic. 2014

Aggiornato il 18 Mag. 2016 10:43

FLASH NEWS

I dati raccolti su un campione di un milione di uomini svedesi, mostrano chiaramente l’esistenza di una relazione tra i comportamenti criminali di alcuni uomini e le capacità cognitive dei loro figli.

Come afferma la ricercatrice Antii Latyala, che lavora presso il Karolinka Institute in Svezia e presso l’University of Helsinki in Finlandia, “tali scoperte sono interessanti, dal momento che le abilità cognitive sono il più importante predittore di molti fondamentali esiti della vita, inclusa la salute e le condizioni socioeconomiche”.

Le ricerche in cui, in passato, sono state studiate generazioni di famiglie, suggeriscono tale tipo di relazione diretta: maggiore è la tendenza di un padre a mettere in atto comportamenti anti-sociali (trasgressione di regole, comportamenti aggressivi e/o violenti), maggiore è la probabilità che lo sviluppo dei loro figli abbia esiti negativi, come ad esempio disturbi psichiatrici, uso di sostanze e scarso rendimento scolastico. Questi studi hanno altresì dimostrato che le persone aventi maggiore tendenza alla messa in atto di comportamenti antisociali, sono anche quelle con capacità cognitive più scarse.

Latyala e colleghi erano interessati a combinare questi due elementi, indagando specificatamente il modo in cui i comportamenti antisociali dei genitori influenzano gli esiti cognitivi dei loro figli. I ricercatori si sono serviti dei numerosi dati esistenti sui cittadini svedesi, compresi dati sulle abilità cognitive raccolti nel contesto della leva militare obbligatoria e dati sui comportamenti anti-sociali (definiti, in questo caso, in termini di condanne penali) raccolti nei registri legali nazionali.

Analizzando i dati di oltre un milione di uomini, Latyala e i suoi collaboratori hanno scoperto che i soggetti i cui padri hanno avuto condanne criminali, mostrano minori abilità cognitive rispetto agli individui i cui padri non hanno una storia di tale genere. E questa associazione sembra strettamente influenzata dalla gravità degli atti criminali commessi dai padri. In altre parole, maggiore è la gravità del comportamento del padre, più scarsi sono gli esiti cognitivi dei loro figli.

Tuttavia, la questione che i ricercatori vogliono indagare è ben più sottile. Ad essi infatti interessa scoprire se tale associazione sia diretta oppure mediata da altri fattori, come ad esempio le componenti genetiche. Per fare ciò, essi confrontano la relazione tra storia criminale del padre e abilità cognitive dei figli con quella dei cugini i cui padri abbiano diverse relazioni tra di loro.

In particolare, gli autori prendono in esame l’associazione tra cugini i cui padri siano fratellastri (ovvero condividono il 25% del loro patrimonio genetico), oppure fratelli o fratelli-gemelli (50% dei geni in comune), oppure gemelli omozigoti (ovvero condividono il 100% del loro patrimonio genetico).

Se i comportamenti anti-sociali dei padri sono direttamente causa delle scarse abilità cognitive dei figli, tale associazione dovrebbe rimanere ugualmente forte tra le diverse relazioni genetiche. I dati, però, dimostrano tutt’altro: quando i ricercatori prendono in considerazione il patrimonio genetico, l’associazione tra i comportamenti criminali del padre e gli esiti cognitivi dei figli sembra diminuire.

“I nostri risultati indicano che, nonostante le difficoltà associate ai comportamenti antisociali del proprio padre, è improbabile che tale atteggiamento influenzi direttamente lo sviluppo delle abilità cognitive dei figli nella loro infanzia. Piuttosto, i dati evidenziano come sia da prendere in considerazione la componente genetica in quanto fattore di rischio”, concludono i ricercatori.

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Laura Pancrazi
Laura Pancrazi

Psicologa clinica. Specializzanda in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale.

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