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Tecniche di intervento nel mondo educativo delle scuole: Report dal convegno Internazionale Autismi

Autismo: interventi psico-educativi e comportamentali prima dei 5 anni sono risultati efficaci per il recupero di deficit cognitivi, comunicativi e sociali

Di Ilaria Cosimetti, Cristina Morazzoni

Pubblicato il 01 Dic. 2014

Aggiornato il 13 Mar. 2019 13:23

WORKSHOP

I risultati delle ricerche internazionali degli ultimi anni hanno dimostrato quanto gli interventi psico-educativi e comportamentali precoci (prima dei 5 anni) possano essere efficaci in termini di buon recupero dei deficit cognitivi, comunicativi e sociali dei bambini con ASD soprattutto quando il bambino ha la possibilità di apprendere da tutti i contesti di vita, non solo durante la terapia.

I workshop dedicati alla scuola e al modo educativo, hanno fatto emergere spunti di riflessione e domande importanti per quanto riguarda l’alunno con ASD all’interno della realtà scolastica italiana.

Gli obiettivi principali hanno riguardato l’individuazione di nuclei comuni ad approcci psicoeducativi diversi e il confronto di interventi precoci nei contesti educativi.

Gli interventi durante i workshop hanno seguito un filo rosso per quello che riguarda la considerazione clinica, abilitativa e psicoeducativa dei soggetti autistici. Sembrano ormai consolidati, nelle realtà delle buone prassi presentate, punti cardine quali la diagnosi precoce, la specificità degli interventi, il coinvolgimento della famiglia e della scuola nella costruzione dell’intervento e la formazione specifica per gli insegnanti.

Arianna Bentenuto (Laboratorio di Osservazione Diagnosi e Formazione dell’Università di Trento) ha presentato un intervento intensivo svolto presso l’Università di Trento basato sulla promozione dell’intersoggettività e sulla condivisione degli obiettivi specifici da parte dei terapeuti e della famiglia. Sono state sottolineate come fondamentali caratteristiche per un intervento efficace la precocità, l’intensità, la specificità, l’interattività tra famiglia e scuola che, nello specifico, prevede il supporto per i genitori, la formazione degli insegnanti in un’ottica più ampia di lavoro di rete.

Gli interventi di Liliana Ruta (IRCCS Fondazione Stella Maris) e Giacomo Vivanti (Ricercatore presso La Trobe University di Melbourne) hanno introdotto l’Early Start Denver Model (ESDM) come programma di intervento precoce (dai 12 ai 48 mesi) con base relazionale – evolutiva e comportamentale, come terzo step in seguito ad uno screening precoce e ad una diagnosi funzionale.

I risultati riportati hanno confermato l’efficacia degli interventi nei follow up successivi in termini di aumento del quoziente di sviluppo, di diminuzione della severity della Scala ADOS e di maggiori abilità adattive misurate con la Scala Vineland.

A conclusione delle presentazioni sono emersi spunti di riflessioni per quanto riguarda la capacità di misurare i cambiamenti a seguito degli interventi; ci si è chiesto in che modo fosse possibile trovare forme per misurare i cambiamenti interni dei soggetti con ASD in quanto diversamente osservabili dai comportamenti. Inoltre si è riflettuto sull’applicabilità e sulla sostenibilità di tali modelli poiché si basano sulla diagnosi funzionale che non tutti i servizi pubblici italiani forniscono.

I risultati delle ricerche internazionali degli ultimi anni hanno dimostrato quanto gli interventi psico-educativi e comportamentali precoci (prima dei 5 anni) possano essere efficaci in termini di buon recupero dei deficit cognitivi, comunicativi e sociali dei bambini con ASD soprattutto quando il bambino ha la possibilità di apprendere da tutti i contesti di vita, non solo durante la terapia. In tale senso è necessario che la scuola diventi il luogo di abilitazione e di educazione per i bambini con ASD, che sia il luogo delle “opportunità quotidiane” di apprendimento.

La proposta in 5 punti (vedi articolo) per favorire l’integrazione e l’inclusione scolastica degli alunni con disturbi dello spettro autistico, formalizzata dalla Direzione Scientifica e dagli oltre 900 partecipanti durante il Convegno, ha sottolineato i concetti chiave per raggiungere tale scopo: lotta contro il bullismo, organizzazione degli spazi, didattica, materiali e formazione degli insegnanti.

Non si è parlato solo di scuola dell’infanzia o primaria ma anche di scuola secondaria di primo e secondo grado con uno sguardo a ciò che sarà il futuro dei ragazzi con ASD, ovvero la vita adulta, il progetto di vita. Come sostenuto da Alessandro Carolli (Lavoratorio di Osservazione Diagnosi e Formazione dell’Università di Trento), l’obbiettivo finale della scuola secondaria di secondo grado è costruire un progetto di vita quindi lavorare sull’autonomia, sulla regolazione emotiva dei ragazzi con ASD. Attori importanti nella costruzione del progetto sono gli insegnanti per i quali sono previsti percorsi di formazione specifica per favorire l’inclusione ed accompagnare i ragazzi all’ingresso della vita adulta.

Il concetto trasversale a tutte le buone prassi presentate è stato quello di inclusione e integrazione scolastica: è emersa la necessità di cominciare a sradicare la didattica frontale della scuola italiana a favore di una didattica costruttiva.

Gli interrogativi che rimangono aperti riguardano il significato di inclusione e di integrazione scolastica di cui si dovrebbero trovare delle linee di condotta comuni attraverso un lavoro di rete, come suggerisce l’esperienza dello Sportello Provinciale Autismo di Vicenza. Il progetto, presentato da Claudia Munaro (Ufficio Scolastico Territoriale XIII Vicenza) è approdato alla formalizzazione di un Protocollo di Intesa che indica le linee di condotta univoche per l’inclusione scolastica (www.autismovicenza.it). Questo è un esempio paradigmatico per le atre realtà nazionali di come si possa utilizzare meglio la realtà scolastica.

 

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