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Dislessia e memoria di lavoro: la memoria è importante tanto quanto la percezione

Oltre che la percezione uditiva, secondo i ricercatori la memoria di lavoro uditiva potrebbe influenzare le prestazioni delle persone dislessiche

Di Serena Mancioppi

Pubblicato il 10 Ott. 2014

Aggiornato il 01 Mar. 2016 16:40

FLASH NEWS

Secondo i ricercatori la memoria di lavoro uditiva potrebbe agire come un “collo di bottiglia” sulle prestazioni delle persone dislessiche.  

La Dislessia è un Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA), che va a incidere sulla capacità di leggere correttamente. Un ipotesi sull’origine del disturbo vede la dislessia come il risultato di un deficit nella capacità del cervello di elaborare i suoni, soprattutto durante l’infanzia; così che chi ne è affetto fatica a imparare le connessioni tra suoni del linguaggio e le parole su una pagina.

Ma se la radice del problema è nell’analisi dei suoni, come si spiegano i musicisti dislessici? Un team di ricercatori israeliani ha cercato di risolvere questo dilemma testando, per la prima volta, le abilità linguistiche di un gruppo di musicisti dislessici .

I ricercatori, guidati dallo psicologo Merav Ahissar, hanno testato, in un campione complessivo di 52 musicisti (di cui 24 dislessici), la percezione uditiva di base e la percezione uditiva legata specificamente alla musica (distinguendo diversi ritmi o melodie) o al linguaggio (come la capacità di discriminare parole da suoni-non-parole simili ). Hanno anche somministrato ai musicisti test di memoria e testato la loro velocità di lettura e precisione.

I risultati indicano che nella maggior parte dei test di percezione uditiva, i musicisti dislessici, così come quelli non-dislessici, ottenevano punteggi migliori della popolazione generale. I risultati peggiori erano nei test di memoria di lavoro uditiva, cioè nella capacità di mantenere un suono in mente per un breve periodo di tempo (in genere secondi).

Infatti, i musicisti dislessici con una più scarsa memoria di lavoro tendevano ad avere minore precisione nella lettura, mentre quelli con più memoria di lavoro tendevano ad essere più precisi.

Secondo i ricercatori la memoria di lavoro uditiva potrebbe agire come un “collo di bottiglia” sulle prestazioni delle persone dislessiche. In questo caso, suggeriscono, sarebbe utile che la ricerca si concentrasse sulle aree cerebrali relative ai processi mnestici in aggiunta a quelle uditive, che hanno fino ad ora assorbito la maggior parte dell’attenzione della ricerca sulla dislessia.

I risultati appaiono illuminanti e sensati: “imparare una lingua richiede di effettuare collegamenti tra i suoni, il loro significato, e i segni grafici che li rappresentano, e la memoria è una parte cruciale di questo processo: se non riesci a ricordare un suono, non è possibile effettuare questo collegamento”, sostiene Nina Kraus, una neuroscienziata che studia musica e linguaggio alla Northwestern University.

In altre parole, per diventare un virtuoso della lingua, la memoria è importante tanto quanto la percezione.

 

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Serena Mancioppi
Serena Mancioppi

Psicologa Psicoterapeuta Sistemico Relazionale e Cognitivo-Evoluzionista

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