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Ice Bucket Challenge: da moda virale a piccolo miracolo della beneficenza

Da moda virale come tante l'Ice Bucket Challenge, è diventata in breve tempo un fenomeno mediatico benefico di enorme portata a favore della ricerca medica

Di Lorena Ferrero

Pubblicato il 03 Set. 2014

Aggiornato il 28 Apr. 2015 17:14

 

 

ICE BUCKET CHALLENGE AISLADa moda virale come tante l’Ice Bucket Challenge, la sfida a rovesciarsi sulla testa un secchio di acqua ghiacciata e a diffondere il video dell’impresa via web, è diventata in breve tempo un fenomeno mediatico benefico.

L’idea nasce negli USA da Pete Frates, un uomo di Boston che, saputo della catena che girava da qualche settimana in rete, ha deciso di provare a legarla alla malattia di cui soffre, la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), per sensibilizzare le persone e convincerle a fare donazioni per la ricerca.

Il gesto intende far provare, almeno per un momento, la sgradevole sensazione di intorpidimento muscolare, di irrigidimento, di perdita di contatto con il proprio corpo. La sensazione che prova chi è affetto da SLA nelle prime fasi della malattia.

Analizzando il fenomeno dal punto di vista psico-sociale possiamo individuare le componenti di sfida ed emulazione: chi si “congela” con la doccia sfida altri a ripetere il gesto, compresa la donazione per la ricerca sulla SLA.

Se si è stati nominati la pressione sociale è ad agire questo gesto, anche perché è molto potente il canale web: Youtube, Facebook. La condivisione sui social network dei video delle secchiate è un’altra fetta del fenomeno. Politici, personaggi dello spettacolo, sportivi, big del mondo della tecnologia non si sono sottratti alla sfida e sono diventati testimonial della campagna, soggetti in cui identificarsi ed emulare.

Il messaggio della raccolta fondi è semplice ed è veicolato attraverso il canale visivo, molto efficace nel farlo penetrare.

L’obiettivo condiviso della causa benefica attiva una cooperazione trasversale al fine comune.

La riprovazione sociale, direi la moderna gogna mediatica, è non tanto per coloro che si sottraggono alla sfida della doccia gelata, fatta da alcuni forse per narcisismo o esibizionismo, uno spot pubblicitario a costo zero, quanto per quei personaggi pubblici che sono poco generosi nelle donazioni. Questi sono i rischi professionali dell’esposizione ai mezzi di informazione e comunicazione.

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Lorena Ferrero
Lorena Ferrero

Psicologa e Psicoterapeuta

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