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Basterebbe misurare il volume dell’amigdala per predire l’ansia nell’infanzia?

Da un recente studio è emerso che a bambini con livelli maggiori d’ansia è associato un volume maggiore del complesso basolaterale dell’amigdala.

Di Ioana Cristina Marchis

Pubblicato il 07 Lug. 2014

Aggiornato il 14 Lug. 2014 10:54

FLASH NEWS

 

L’amigdala è una parte del cervello che gestisce le emozioni ed in particolar modo la paura. Uno studio pubblicato recentemente sulla rivista Biological Psychiatry sostiene che le alterazioni nello sviluppo tipico dell’amigdala durante l’infanzia potrebbero condurre, in età successiva, all’insorgere di problemi d’ansia.

 
I ricercatori dell’Università di Medicina di Stanford hanno reclutato per il presente studio 76 bambini tra i 7 e i 9 anni d’età, periodo in cui tratti e sintomi ansiogeni possono essere già identificati e considerati attendibili. Uno strumento, appositamente costruito e validato dagli sperimentatori, è stato utilizzato per misurare i livelli d’ansia nei bambini partecipanti allo studio. Questo strumento utilizza come parametri diagnostici il volume e l’estensione delle connessioni funzionali dell’amigdala, rilevate tramite Imaging a risonanza magnetica (MRI).

Dai risultati è emerso che ai bambini con livelli maggiori d’ansia era associato un volume maggiore dell’amigdala e una maggiore connettività con regioni del cervello quali quelle deputate all’attenzione, alla percezione e regolazione emotiva, rispetto ai bambini con livelli minori d’ansia. Inoltre, dai risultati è emerso che nei bambini con livelli elevati d’ansia la regione maggiormente interessata è il complesso basolaterale dell’amigdala, una regione deputata all’apprendimento della paura e all’elaborazione delle informazioni relative alle emozioni. Secondo il Dott. Shaozheng Qin, uno degli autori di questo studio, è sorprendente che le alterazioni al livello di struttura e di connettività dell’amigdala siano così significative, data la giovane età dei partecipanti ed il fatto che i livelli d’ansia nei bambini partecipanti risultavano non osservabili clinicamente. Inoltre, il Dott. John Krystal, editore della rivista Biological Psychiatry, ha affermato che:

è cruciale approfondire gli attuali risultati conducendo delle ricerche longitudinali in grado determinare se l’aumento del volume e la maggiore connettività funzionale dell’amigdala sono da considerare fattori di rischio o conseguenze dell’ansia infantile.

Tuttavia, il presente studio rappresenta un passo importante per individuare i sistemi cerebrali alterati ed i possibili biomarker per l’identificazione dei giovani ad alto rischio di disturbi d’ansia. Inoltre, comprendere già dall’infanzia come l’ansia influenza gli specifici circuiti dell’amigdala potrebbe fornire nuovi ed importanti spunti teorici sulle origini dello sviluppo neurologico dell’ansia negli esseri umani.
 

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BIBLIOGRAFIA:

 

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Ioana Cristina Marchis
Ioana Cristina Marchis

Dottoressa Magistrale in Psicologia dello Sviluppo e dei Processi Educativi, Tirocinante presso Studi Cognitivi

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