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Neurofobia: Chi ha paura del cervello? – Psicologia & Neuroscienze

Dibattito tra la psicologia e le neuroscienze: necessità di assumere un atteggiamento di apertura verso le neuroscienze che hanno offerto molti contributi

Di Valentina Davi

Pubblicato il 02 Lug. 2014

 

 

Il bel libro di Aglioti e Berlucchi, Neurofobia, edito da Raffaello Cortina, è un affascinante elogio alle neuroscienze e ai loro preziosi contribuiti nei più svariati campi, dalla psicologia alla psichiatria, dal diritto alla politica, dall’economia all’estetica.

Mente vs cervello. Scienze psicologiche vs neuroscienze.  Qual è il rapporto tra attività psichica e attività cerebrale?

Sin dall’antichità l’Uomo ha cercato di dare una risposta a questo quesito e sebbene sia ormai evidente che i processi mentali normali e patologici dipendono in ultima analisi dai processi cerebrali, tutt’oggi si assiste ancora ad una riottosità verso l’integrazione delle neuroscienze nel campo delle discipline psicologiche, quasi nel timore che queste ultime possano esserne inglobate perdendo così la propria autonomia scientifica.

Il contributo fornito dalle neuroscienze negli ultimi trent’anni è impressionante: grazie a metodi d’indagine sempre più raffinati (dalla stimolazione magnetica transcranica alla PET alla risonanza magnetica funzionale) l’Uomo ha potuto sbirciare cosa accade nel cervello e ampliare in maniera significativa le proprie conoscenze sul funzionamento della mente umana a livello cerebrale.

Il bel libro di Aglioti e Berlucchi, Neurofobia, edito da Raffaello Cortina, è un affascinante elogio alle neuroscienze e ai loro preziosi contribuiti nei più svariati campi, dalla psicologia alla psichiatria, dal diritto alla politica, dall’economia all’estetica.

L’entusiasmo verso un settore come quello delle neuroscienze, che mira a “riunire e coordinare le discipline inerenti al sistema nervoso”, e la possibilità di applicare le nuove metodiche d’indagine del cervello ai settori più disparati hanno visto la nascita e il proliferare di nuove discipline “neuro” che vanno ad affiancare le già esistenti neurochimica, neuropsicologia, neurofarmacologia, neurobiologia, neuroendocrinologia, neurofisiologia…; ma, sostengono gli autori del libro, le discipline sopracitate rientrano nella categoria del “neuro consentito” e nessuno si scandalizza per il loro prefisso, probabilmente perché nessuna di loro affronta problematiche che riguardano direttamente il rapporto mente – cervello.

 

Quando invece si parla delle nuove discipline “neuro”, come la neuropsicoanalisi, la neuroeconomia, la neuroestetica, la neuroetica, il neurodiritto…, c’è chi nel mondo accademico e scientifico storce il naso, fino ad arrivare a chi guarda con grande preoccupazione i casi in cui le neuroscienze fanno capolino nella cultura umana (es. neuropolitica, neurofilosofia, neuroteologia).

Secondo Aglioti e Berlucchi l’atteggiamento allarmista di chi sostiene che ci troviamo di fronte ad una vera e propria neuromania è ingiustificato e le critiche mosse nei confronti delle neuroscienze sono spesso più il frutto di neurofobia, atteggiamento pericoloso quanto la neromania.

Nel momento in cui le neuroscienze incontrano la curiosità di voler comprendere cosa accade nel nostro cervello quando, per esempio, dobbiamo compiere una scelta economica o morale, oppure quando ci emozioniamo di fronte ad un’opera d’arte, o ancora quando siamo in preda ad un momento di estasi meditativa, il risultato è affascinante: studi condotti con rigore metodologico scientifico nonché un’accurata contestualizzazione dei risultati ottenuti ci permettono di aggiungere di volta in volta tessere al complesso puzzle che il rapporto mente – cervello rappresenta.

Gli autori di Neurofobia sottolineano come le neuroscienze abbiano “i mezzi intellettuali e materiali per approfondire considerevolmente la conoscenza della natura umana senza la pretesa, e tanto meno l’intenzione, di minacciarne […] le più profonde credenze filosofiche e religiose”.

Alla fine scienze psicologiche e neuroscienze si occupano dello stesso oggetto d’indagine, ma con un approccio che interessa punti di vista differenti: parlare di mente o di cervello significa parlare della stessa cosa su livelli diversi.

Non si tratta di mero riduzionismo né di una visione cerebrocentrica assolutista. Studiare, per esempio, l’amore romantico dal punto di vista neurobiologico (Bianca P. et Al., 2012) lo rende forse meno poetico? Non credo, semmai rende l’argomento più affascinante poiché l’integrazione tra scienze psicologiche e neuroscienze permette di afferrare, comprendere ed apprezzare maggiormente la meravigliosa complessità dei nostri comportamenti e dei nostri stati mentali le cui radici biologiche rappresentano un aspetto da cui non si può prescindere se si vuole avere “una visione equilibrata della natura umana”.

 

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Valentina Davi
Valentina Davi

Coordinatrice di redazione di State of Mind

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