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Il Cervello Universale (2013) di Miguel Nicolelis – Neuroscienze & Tecnologia

Il libro racconta i passi più importanti della recente storia delle neuroscienze, trasmettendo entusiasmo e fiducia nel connubio tra tecnologia e cervello

Di Redazione

Pubblicato il 02 Lug. 2014

 Leonor Romero Lauro

 

 

Il libro di Nicolelis trasmette entusiamo e fiducia nella scienza, nella tecnologia e nel cervello, restituendo alle neuroscienze il valore di mostrare non soltanto come funziona l’involucro che ingabbia la mente ma anche come si possano superare i limiti del corpo, “liberare la mente”.

Il Cervello Universale, o la versione originale inglese, che come spesso accade è più precisa ed evocativa, Beyond Boundaries: the new neuroscience of connecting Brain with Machines And How It will Change our lives , è il titolo del recente libro di un neuro scienziato brasiliano, Miguel Nicolelis.

Il libro racconta con entusiasmo e passione la storia dietro alla scoperta che ha reso possibile lo spettacolare calcio di inizio della cerimonia inaugurale dei mondiali il 12 giugno 2014 in Brasile. Già, perché per chi non lo avesse visto o non ne avesse già sentito parlare, il calcio di inizio è stato tirato da un giovane paraplegico grazie ad un esoscheletro robotizzato sensibile ai comandi motori inviati direttamente da cervello.

“Se la parola miracolo non fosse più adatta ad un altro ambito dell’esperienza umana, credo che la società dovrebbe riconoscere ai neuro scienziati il diritto esclusivo di usare questo termine quando descrivono le meraviglie che i circuiti cerebrali possono generare comunemente ogni giorno”, scrive Nicolelis. Aggiungerei che la stessa parola può essere la più opportuna anche per descrivere il miracolo di scienza e tecnologia che ha reso possibile questo calcio d’inizio.

Il libro racconta i passi più importanti nella recente storia delle neuroscienze con il dettaglio e la partecipazione che permettono al lettore di crearsi una visione vivida di quanto narrato, delle diatribe accademiche e dei laboratori in cui scienziati da premi Nobel degli ultimi 100 anni hanno compiuto le loro scoperte e formulato le loro teorie.

Fin dall’avvio della sua carriera scientifica, Nicolelis prende posizione contro l‘idea dominante che l’unità di funzionamento del sistema nervoso sia il singolo neurone e l’idea modularista, fodoriana, che supporta un localizzazionismo estremo, per cui ogni processo cognitivo ha una sede determinata e distinguibile . 

In controtendenza l’autore abbraccia e via via teorizza invece, attraverso una lista di principi che si dispiegano tra le pagine del libro, l’idea di un cervello relativistico, plastico, un fluire dinamico nello spazio- tempo, in cui l’unità di base sono gruppi di neuroni multasking, che possono essere coinvolti in diverse operazioni e in misura diversa a seconda del contesto.

Prendendo in prestito una metafora calcistica, tanto cara all’autore, cercherò di restituirvi in un’immagine rapida e dinamica i momenti più importanti della creazione della Brain Machine Interface (BMI), l’oggetto e il frutto della vita di ricerca di Nicolelis. La mente dell’azione, l’idea di fondo l’ha messa Jon Kaas, da Nicolelis stesso descritto come una fonte d’ispirazione: il cervello non raggiunge la sua forma definitiva e immodificabile al termine dello sviluppo fisiologico, è altresì plastico e sensibile ai cambiamenti per tutta la vita.

Con la stessa idea del cervello in mente, Nicolelis parte all’attacco e si pone il problema di trovare un metodo per mappare in modo più diffuso l’attività neuronale. Il terzino che imposta l’azione con un lungo traversone è il suo primo mentore, César Timo-Iaria, che gli suggerisce la soluzione, lucida e attuale allora come oggi: lascia il Brasile e trova un pazzo americano disposto a pagare per le tue idee.

Così Nicolelis lascia il Brasile per una borsa di Post-Doc presso la Hahnemann University di Filadelfia, nel gruppo di John Chapin che stava appunto lavorando ad un sistema multiarray di sensori per registrare l’attività in contemporanea di gruppi di neuroni che nella corteccia somatosensoriale del topo rispondono al movimento delle loro vibrisse. La realizzazione di questi sistemi permette di dribblare il primo avversario, agevolando il passaggio successivo verso la Duke University, dove Nicolelis e il suo team riescono a registrare l’attività di circa un centinaio di neuroni mentre una scimmia aotide, Aurora, compie dei movimenti utilizzando un joystick per spostare un cursore su uno schermo verso il bersaglio che le permetterà di ricevere in ricompensa il suo amato succo di frutta.

 

Il riuscire a campionare e registrare un alto numero di neuroni corticali attivi mentre Aurora pensa e pianifica il suo movimento e la realizzazione di modelli matematici in grado di estrarre dalla sinfonia cerebrale registrata i segnali effettivamente corrispondenti ai comandi motori messi in atto sono i due passaggi cruciali che portano il team di Nicolelis dritto nell’area di rigore.

Comprendere i pattern di scarica neuronale corrispondenti ai movimenti effettivi rendeva possibile infatti tradurre tali segnali in comandi digitali rivolti ad un braccio meccanico, così da farlo muovere guidato dalla scarica dei neuroni della scimmia.

L’assist finale verso la scoperta è narrato con grande suspense. Immaginatevi un gruppo di ricercatori chiuso in un bunker della Duke che ascolta, come fosse musica, la registrazione di scariche neuronali mentre una scimmia cerca di guadagnarsi il suo succo di frutta. Il passo cruciale è il momento in cui alla scimmia viene tolto il joystick per spostare il cursore. In effetti, avendo in mente l’applicazione finale del BMI come sostegno a chi gli arti non li può muovere, era essenziale campionare i segnali neuronali generati pensando di compiere un movimento piuttosto che facendolo.

Con uno sguardo furbo e accattivante, con un intuito e intraprendenza imprevedibili, la scimmia Aurora ha un insight e si accorge che continuando a muovere le braccia, o meglio semplicemente pensando di muoverle, il cursore si sposta ugualmente fino al bersaglio che le regala il prelibato succo d’arancia. Il movimento del cursore corrisponde a quello di un braccio meccanico, mosso dai segnali elettrici generati dai neuroni della scimmia.

E’ questa la sorprendente capacità del cervello di apprendere per adattarsi ai cambiamenti in funzione di uno scopo. Applicando la stessa logica ad una BMI che coinvolge un esoscheletro e una gamba il gioco è fatto: è possibile pensare di muoversi, tradurre il segnale creato dal pensiero e trasformarlo in un comando motorio ad un arto robotizzato. Il tutto tra l’altro in un tempo record di 300 ms, necessario perché il movimento robotizzato rispecchi in modo fedele quello naturale. La palla vola veloce nell’area di rigore perché un ultimo calcio segni il goal cercato: quello stesso calcio eseguito sotto gli occhi di tutto mondo pochi giorni fa. 

Il libro di Nicolelis trasmette entusiasmo e fiducia nella scienza, nella tecnologia e nel cervello, restituendo alle neuroscienze il valore di mostrare non soltanto come funziona l’involucro che ingabbia la mente ma anche come si possano superare i limiti del corpo, “liberare la mente”.

Ricorda l’importanza di osare, di andare oltre con fiducia e tenacia verso un obiettivo applicativo e concreto, lontano dai polverosi e sterili H-index e Impact-Factor che distraggono e intralciano gli accademici. L’autore ci svela la vera natura di questo obiettivo nelle ultime toccanti pagine del libro, in cui racconta della musica di un violino, suonato dal suo primo mentore il giorno del loro incontro, e di una melodia di Chopin suonata al piano dalla sua amata nonna, che un giorno lui non ha più potuto ascoltare perché ad entrambi una patologia cerebrale aveva sottratto questa capacità.

Per concludere un augurio. Nel lontano 1906 il premo Nobel per la medicina otre che a Santiago Ramòn y Cajal di Madrid venne assegnato al professor Camillo Golgi di Pavia, strenuo sostenitore di una rivoluzionaria e antesignana teoria reticolare contro il localizzazionismo della teoria del neurone dello spagnolo.

Nicolelis scrive che la storia di Golgi gli ricorda le parole di un allenatore brasiliano “questi italiani sono in grado di vincere una partita in modo sorprendente” a proposito dei tre goal che ancora popolano gli incubi di tutti i brasiliani, incluso Nicolelis, segnati da Paolo Rossi nella finale Italia-Brasile del 1982. L’augurio è che l’Italia continui ancora a sorprendere nello stesso modo, nel calcio dei prossimi giorni come nella scienza dei prossimi anni.

 

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