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Giovane adulto. La terza nascita – Recensione

L' adulto sarebbe l’essere umano che ha finito di crescere e che ha conseguito la piena maturità. Ma cosa significa davvero essere sia adulti che giovani?

Di Annalisa Bertuzzi

Pubblicato il 23 Giu. 2014

Aggiornato il 22 Ott. 2014 16:04

 

Alle volte -scrive Italo Calvino- uno si crede incompleto ed è soltanto giovane; il titolo di questo libro è un ossimoro: si accosta il termine “giovane” (una persona in evoluzione) al termine “adulto” (una condizione di completezza).

Si tende a pensare che la vita sia composta da un avvicendarsi di fasi evolutive; se, però, è possibile distinguere cambiamenti di tipo biologico che demarcano il passaggio dall’infanzia alla maturità di un individuo,  non si può affermare lo stesso rispetto all’età adulta.

Adulto deriva dal latino adultus, participio passato del verbo adolescere, ossia crescere; l’adulto sarebbe, quindi, l’essere umano che ha finito di crescere e che ha conseguito la piena maturità fisica, psichica e sessuale.

Per questa ragione l’età adulta è stata una condizione della vita trascurata dagli studiosi di psicologia evolutiva, proprio perché considerata una fase di approdo, caratterizzata da un’ideale stabilità, raggiunta nella misura in cui l’evoluzione dell’individuo si sia realizzata nel modo corretto.

La concezione evolutiva alla base di questo modo di concepire lo status di persona adulta è di natura stadiale: la vita umana viene suddivisa in fasi di sviluppo, ognuna delle quali si risolve nella successiva; l’andamento del processo è lineare e ogni tappa, alla quale ineriscono determinati compiti evolutivi, è qualitativamente superiore rispetto a quella precedente.

Partendo da questo punto di vista, la condizione di adulto si identifica con uno stato in cui hanno trovato attuazione le risorse e le potenzialità che caratterizzavano l’infanzia e l’adolescenza (adolescenza, ossia, etimologicamente, l’età della crescita); ciò spiega perché l’età adulta sia stata considerata non bisognosa di interventi: essa rappresenterebbe, infatti, il momento culminante dello sviluppo del soggetto.

Se proviamo, tuttavia, a declinare il concetto di persona adulta non in astratto, ma nelle manifestazioni concrete, ci accorgiamo che  non si presta ad una definizione univoca;  si tratta di una sorta di convenzione linguistica che starebbe ad indicare:

  • chi ha raggiunto la maggiore età;
  • chi è entrato nel mondo del lavoro;
  • chi ha generato;
  • chi mette in atto pratiche educative e di accudimento.

Cosa vuol dire, ai nostri giorni, essere contemporaneamente sia adulti che giovani? È la domanda a cui gli autori provano a dare una risposta, delineando il concetto di terza nascita:  il giovane adulto è chiamato ad una sfida evolutiva, distinta dai compiti evolutivi dell’adolescenza (la seconda nascita), costruendo la propria identità e il proprio ruolo nel mondo. Essere adulti significa generare un Sé sociale.

La fase evolutiva del giovane adulto -che racchiude la fascia d’età che va dai 20 ai 30/35 anni -rappresenta un momento molto delicato dello sviluppo individuale e riveste interesse per le contrapposizioni che la caratterizzano.

Un gran numero di giovani adulti staziona a lungo nel circuito formativo, affiancando all’istruzione universitaria percorsi di specializzazione che posticipano i tempi dell’inserimento lavorativo; è molto frequente, in questo quadro, che i soggetti, divisi tra il tentativo di assolvere ai compiti evolutivi da affrontare e le difficoltà oggettive poste dalla condizione sociale attuale e dal contesto affettivo e relazionale, vivano una situazione personale insoddisfacente.

Possono insorgere forme di malessere psicologico (disturbi psicosomatici, dipendenze, disturbi d’ansia e dell’umore, difficoltà relazionali, bassa stima di sé) che rappresentano le spie di un disagio interiore, riconducibile all’empasse esistenziale  in cui si vengono a trovare i giovani che non riescono a vivere con serenità i cambiamenti legati a questa transizione e ad esprimere appieno le proprie potenzialità di adulto.

Il lavoro terapeutico con i giovani adulti, di conseguenza, è mirato alla costruzione dell’identità, accompagnando la persona nel faticoso percorso che conduce al mettere al mondo se stessi. Si tratta di un processo impegnativo che può essere caratterizzato da conflitti, ad esempio, il conflitto che contrappone il bisogno di autonomia ed indipendenza al bisogno di appartenenza, unito al timore di lasciare il nucleo familiare d’origine.

Sapere chi si è e cosa si vuole dalla vita diventa ancora più difficile nel momento in cui ci si sottrae a dei modelli di adultità, quali quelli, ormai obsoleti, proposti dalle generazioni precedenti, senza averne di elaborati di propri. Dato che nessuna delle definizioni astratte di adulto si identifica con una rappresentazione esauriente di ciò che significa essere adulti, è necessario ridimensionare l’aspirazione ad una visione onnicomprensiva di questo concetto, per tentare, invece, di cogliere in che modo ogni l’individuo costruisce, giorno per giorno e nelle concrete situazioni postegli dal suo ambiente, il suo personale modo di intendere lo status di persona adulta.

In altre parole, bisogna cercare di aiutare il giovane a trovare il proprio posto nel mondo, realizzando le sue aspirazioni, grazie ad un equilibrio dinamico con l’ambiente e la realtà circostante.

 

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BIBLIOGRAFIA:

  • Lancini, M. &  Madeddu F. (2014). Giovane adulto. La terza nascita. Milano: Raffaello Cortina Editore. ACQUISTA
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Annalisa Bertuzzi
Annalisa Bertuzzi

PSICOLOGA PSICOTERAPEUTA AD INDIRIZZO UMANISTICO - INTEGRATO

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