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Trattare lo Psicopatico – Le linee guida della FBI

Psicopatia: nel lavoro e negli affari mostra agli altri un volto ingannevole, il suo fascino superficiale viene scambiato per carisma e leadership.

Di Gianluca Frazzoni, Gianluca Frazzoni

Pubblicato il 06 Mag. 2014

 

 


Corporate Psychopath - Immagine: © bilderstoeckchen - Fotolia.com - SQUAREPsicopatia: lo psicopatico nel lavoro e negli affari mostra agli altri un volto ingannevole, il suo fascino superficiale viene scambiato per carisma e leadership, i suoi progetti grandiosi appaiono l’espressione di un’elevata consapevolezza di sé, gli atteggiamenti manipolatori vengono considerati in realtà una manifestazione delle sue abilità di persuasione.

Un interessante articolo dell’Fbi suggerisce quali linee guida occorre tenere nel lavoro investigativo con soggetti psicopatici. La psicopatia è una struttura di personalità in cui prevalgono l’incapacità di provare senso di colpa, la tendenza sistematica a prevaricare e a manipolare gli altri, nonché la costruzione di un’immagine di Sé falsa e irrealistica che viene utilizzata nei contesti interpersonali.

Il soggetto psicopatico riesce spesso a farsi ammirare negli ambienti sociali che frequenta poiché nel primo impatto con le nuove conoscenze assume una maschera brillante, ricca di abilità e risorse.

Il suo obiettivo è in generale essere riconosciuto come individuo carismatico; più nello specifico, esercitare su alcune persone da lui designate un’influenza manipolatoria che gli permetta di ottenere vantaggi concreti, denaro, successo, potere. L’assenza di un sentimento di colpa lo rende freddo e strategico nel perseguire i propri scopi a danno del prossimo, mentre le doti che spesso effettivamente possiede – eloquio fluente, capacità di persuasione, slancio prorompente nel portare avanti le proprie posizioni – gli consentono di conquistare la suggestione e l’obbedienza dell’altro.

Il soggetto psicopatico ha una maschera diversa per ogni contesto in cui agisce, talvolta per ogni singola relazione di lavoro o di amicizia, penetra negli stati mentali dell’interlocutore riuscendo a individuarne le vulnerabilità per sfruttarle a proprio vantaggio.

Nel lavoro e negli affari mostra agli altri un volto ingannevole, il suo fascino superficiale viene scambiato per carisma e leadership, i suoi progetti grandiosi appaiono l’espressione di un’elevata consapevolezza di sé, gli atteggiamenti manipolatori vengono considerati in realtà una manifestazione delle sue abilità di persuasione.

Analogamente, la sua impulsività e la ricerca del rischio sono spesso intesi come dimostrazione di energia, capacità di azione, abilità nell’esecuzione di compiti complessi, mentre la natura irrealistica degli obiettivi che si pone viene facilmente confusa con un talento visionario; da ultimo, la mancanza di empatia finisce per essere valorizzata come segno inequivocabile di una predisposizione a guidare le operazioni con sangue freddo e pianificazione strategica. Quando un soggetto psicopatico si imbatte nella Polizia i rischi per gli investigatori sono molteplici; in primo luogo, la fascinazione con cui lo psicopatico è riuscito a manipolare i suoi collaboratori potrebbe riprodursi nella relazione con gli inquirenti, sui quali egli cerca di instaurare lo stesso dominio psicologico che l’ha sostenuto nei misfatti precedenti.

Diventa perciò indispensabile riconoscere queste dinamiche e possedere un’elevata consapevolezza delle proprie modalità di funzionamento relazionale, dei propri stati emotivi, così da identificare le interferenze che si producono nell’interazione con lo psicopatico. Quest’ultimo è solito isolare le vittime esattamente come un predatore e ciò richiede che il lavoro investigativo si sviluppi come un gioco di squadra, in modo che ogni soggetto impegnato nel rapporto con lo psicopatico si avvalga di un confronto e di un monitoraggio costante resi possibili dalla collaborazione coi colleghi.

Lo psicopatico, pur non riuscendo a creare un’intimità affettiva con nessuno – del resto non ne ha bisogno per realizzare i suoi scopi – è in grado di generare vincoli emotivi, relazionali, persino fisici con le sue vittime, osservando questi effetti dall’esterno, nella corazza della propria anaffettività ma facendoli percepire all’altro come conseguenze inevitabili di un’empatia reale, di un rapporto autentico.

L’investigatore deve quindi gestire i tentativi dello psicopatico di suscitare una complicità sottile; lo psicopatico può cercare di instaurare un legame fondato sulla possibilità esclusiva di comprendersi reciprocamente in virtù di un’intelligenza speciale condivisa, e se questa manipolazione ha successo le ripercussioni sono gravi.

Generalmente gli indicatori linguistici ed espressivi – l’enfasi con cui lo psicopatico racconta di sé – possono permettere all’inquirente di orientarsi in maniera corretta; la personalità psicopatica è riconoscibile per l’autocompiacimento che rivolge alle proprie gesta, per la sicurezza che ostenta anche quando viene messa con le spalle al muro, elementi che non sfuggono ad un poliziotto esperto.

Le vittime dello psicopatico temono le ritorsioni che potrebbero subire esponendosi, per questa ragione è fondamentale che gli investigatori sappiano costruire con loro una relazione di fiducia, così da ricavare informazioni preziose sulle azioni del colpevole.

Che dire, quindi? La realtà delle manipolazioni criminali supera l’immaginazione delle serie televisive, e la figura dello psicopatico rimane misteriosa, diabolica. Da studiare.

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