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Ippoterapia e Alzheimer: quando gli animali aiutano i più anziani

Le persone affette da Alzheimer, in seguito a sessioni di ippoterapia, presentano un umore migliore e una maggiore collaborazione verso le cure quotidiane.

Di Ioana Cristina Marchis

Pubblicato il 23 Mag. 2014

Aggiornato il 14 Lug. 2014 10:53

Ioana Marchis

 

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

L’ ippoterapia, utilizzata soprattutto con bambini e adolescenti con disturbi emotivi e di apprendimento, può essere applicata anche nel lavoro con le persone adulte e fornire un modo unico per alleviare i sintomi della demenza senza utilizzo di farmaci.

Grazie ad una ricerca condotta in collaborazione tra l’Università di Stato dell’ Ohio, un centro d’ippoterapia e un centro di cura diurno per gli anziani, è emerso che le persone affette da Alzheimer sono in grado di curare i cavalli (dandogli da mangiare e facendoli camminare) sotto un’accurata supervisione. Questa esperienza, inoltre, sostengono i ricercatori, fa migliorare il loro umore rendendoli più collaborativi verso le cure che ricevono durante la giornata.

Dallo studio pilota, pubblicato sulla rivista Anthrozoös emerge che l’ippoterapia – utilizzata soprattutto con bambini e adolescenti con disturbi emotivi e di apprendimento – possa essere applicata anche nel lavoro con le persone adulte. Holly Dabelko-Schoeny, professore associato presso l’Università dell’Ohio, sostiene che l’ippoterapia potrebbe integrare forme più comuni di terapia assistita con gli animali come cani e gatti e fornire un modo unico per alleviare i sintomi della demenza senza utilizzo di farmaci.

 Le persone affette da Alzheimer, oltre alla perdita della memoria, spesso vanno incontro ai cambiamenti di personalità. Essi possono diventare depressi, solitari e finanche aggressivi. Per venire incontro a questi cambiamenti le terapie odierne si focalizzano di più su come alleviare il carico emotivo dei pazienti e delle loro famiglie. Il focus della terapia è cogliere l’attimo e far divertire le persone affette dalla demenza “in quel preciso momento” anche se poi non se la ricordano più, sostiene Holly Dabelko-Schoeny.

Al presente studio hanno partecipato 16 persone, in cura in un centro diurno per anziani di Columbus (Ohio) affette da Alzheimer, di cui 9 femmine e 7 maschi. Una volta alla settimana, per un mese, otto di loro (gruppo sperimentale) venivano accompagnati in un centro di ippoterapia dove, sotto la supervisione del personale, si prendevano cura dei cavalli dando loro da mangiare, da bere e facendoli camminare; gli altri otto (gruppo di controllo) rimanevano nel centro diurno dove partecipavano alle attività proposte dal centro.

Per monitorare il comportamento dei partecipanti, i ricercatori hanno utilizzato una scala “Modified Nursing Home Behavior Problem Scale” grazie alla quale il personale del centro poteva riportare da 1 a 4 la frequenza di comportamenti problematici come tristezza, agitazione, irritamento e resistenza alle cure sia nei giorni in cui gli ospiti venivano accompagnati al centro di ippoterapia che nei giorni in cui rimanevano nel centro diurno. Dai risultati è emerso che il punteggio dei partecipanti accompagnati al centro d’ippoterapia era inferiore di un punto rispetto a quelli che  rimanevano nel centro diurno. Inoltre, i ricercatori hanno misurato i livelli del cortisolo, l’ormone dello stress, nella saliva dei partecipanti allo studio, riscontrando un aumento del livello di cortisolo nel gruppo sperimentale, probabilmente dovuto allo “stress positivo” collegato alla nuova esperienza vissuta.

Dallo studio è emerso anche un beneficio inatteso: l’ippoterapia potenziava l’attività fisica dei partecipanti. Le persone del gruppo sperimentale, tutte con delle limitazioni fisiche, nelle attività con i cavalli provavano a spingersi oltre questi limiti, chiedendo aiuto per alzarsi dalla sedia rotelle o prendendo fiducia nel camminare da soli (dove possibile). I familiari, i cui cari sono stati accompagnati al centro d’ippoterapia, riferivano nella maggior parte dei casi che rimanevano ancorati nella nuova esperienza riportandola a casa. La figlia di uno degli ospiti sostiene che sua madre non avrebbe mai ricordato quello che faceva nel centro durante il giorno, ma che ha sempre ricordato quello che ha fatto nel centro d’ippoterapia.

Dai risultati di questo studio sembrerebbe quindi che l’ippoterapia abbia degli effetti benefici non soltanto nel lavoro terapeutico con i bambini ma anche nelle persone affette di demenza.

 

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BIBLIOGRAFIA: 

  •  Dabelko-Schoeny, H., Phillips, G., Darrough, E., DeAnna, S., Jarden, M., Johnson, D., Lorch, G. (2014). Equine-Assisted Intervention for People with Dementia. Anthrozoos: A Multidisciplinary Journal of The Interactions of People & Animals. DOI: 10.2752/175303714X13837396326611
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Ioana Cristina Marchis
Ioana Cristina Marchis

Dottoressa Magistrale in Psicologia dello Sviluppo e dei Processi Educativi, Tirocinante presso Studi Cognitivi

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