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Io non mi piaccio! Body Image Modular Therapy per i disturbi dell’immagine Corporea

BIMT: una strategia d’intervento integrabile agli approcci psicoterapeutici standard con moduli adattabili ai diversi problemi legati all'immagine corporea

Di Redazione

Pubblicato il 23 Mag. 2014

Aggiornato il 08 Set. 2014 11:17

Emanuel Mian

La Body Image Modular Therapy

per trattare i disturbi dell’immagine corporea

 

 

Body Image Modular Therapy. - Immagine: © aleutie - Fotolia.comIo cosi’ non mi piaccio!…chissà cosa penseranno di me quando mi vedono gli altri…vorrei essere come lei/lui… etc etc

Quante volte avrete detto queste frasi o quante volte le avrete pensate o sentite dire da qualcuno accanto a voi? Beh, siete in buona compagnia.

Poche sono le persone che si accettano e approvano al 100% e molti, invece, coloro che modificherebbero qualcosa del proprio aspetto (Tantleff-Dunn et al., 2011).

Dal peso al colore degli occhi, dall’altezza sino al proprio sesso, l’immagine corporea non è solo ciò che percepiamo guardandoci allo specchio, sopratutto identifica una rappresentazione mentale del corpo da un punto di vista cognitivo, affettivo e meta-cognitivo (Mian, 2006).

In sostanza, come ci vediamo e “sentiamo” nel nostro corpo e come pensiamo che gli altri ci vedano, sono quesiti che ci poniamo quotidianamente, quasi senza accorgercene, e rappresentano le dimensioni che compongono questo costrutto (Mian & Gerbino, 2009).

La percezione, le emozioni e le convinzioni riguardo il nostro apparire orientano i progetti, le relazioni interpersonali, il nostro benessere quotidiano, l’autostima e la tendenza ad sviluppare disturbi di natura psicologica, non solo quindi un disturbo del comportamento alimentare.

Nella pratica clinica di qualsiasi psicoterapeuta, sempre più spesso giungono persone preoccupate per il proprio aspetto e che per questo si sentono a disagio in molte situazioni, siano essi adolescenti o adulti, maschi o femmine e questo, anche senza presentare reali difetti fisici (APA DSM 5, 2013; Kostanski & Gullone, 2003).

Molti hanno un tono dell’umore e stati d’ansia in grado di rendere difficile la vita quotidiana, comportamenti alimentari problematici e vivono lo specchio in maniera ossessiva o al contrario, scappano da qualsiasi superficie ne rifletta la loro immagine. Altri utilizzano lo sport e la cosmesi sino a desiderare (e spesso ottenere) numerosi interventi in chirurgia plastica al fine di correggere i supposti o amplificati difetti, rimanendo intrappolati nel giogo della propria insoddisfazione corporea.

Non lasciatevi trarre in inganno, perché questi sono i pazienti più esigenti e complessi da trattare.

Come detto, sono rare, le persone che si ritengono soddisfatte e non cambierebbero anche solo una parte del proprio corpo, ma la differenza per chi sviluppa una vera psicopatologia sta nel grado di insoddisfazione e, soprattutto, nel come questa interferisca sulla vita quotidiana e nel funzionamento generale dell’individuo.

L’importanza clinica dell’immagine corporea e la centralità di questa in una psicoterapia di successo è facilmente intuibile, ma la sua interdipendenza con il comportamento verso il cibo, la gestione dell’ansia, dell’umore e dei pensieri ossessivi rendono complessa anche l’alleanza terapeutica e la motivazione se non viene utilizzato un metodo strutturato ma flessibile che, modulandosi insieme alle esigenze e risorse del paziente, tenga conto della sua individualità.

Proprio per la peculiarità di queste persone, la terapia dell’immagine corporea dovrebbe prendere in considerazione e sfruttare gli sviluppi della ricerca scientifica e le nuove tecnologie con un approccio evidence-based, manualizzato, replicabile e che tenga conto della necessaria multidisciplinarietà nella cura di queste problematiche.

L’immagine corporea come abbiamo visto è un complesso costrutto multidimensionale, e l’utilizzo di un’unica tecnica terapeutica, risulta insufficiente; per questo nasce la terapia modulare dell’immagine corporea o Body Image Modular Therapy (BIMT-Mian, E., 2014).

La BIMT è una strategia d’intervento integrabile agli approcci psicoterapeutici standard, con moduli adatti e adattabili a tutte le problematiche che coloro con una immagine corporea deficitaria “portano in seduta”. Questo specifico approccio, in parte mutuato dalla CBT-BDD ovvero la psicoterapia cognitivo-comportamentale per il dismorfismo corporeo (Wilhelm, Phillips & Steketee, 2013) considera più economico ed efficace, rispetto alla pratica clinica corrente, individuare strategie specifiche per affrontare ciascuno dei processi che fanno parte del disagio del paziente relativo all’immagine corporea, permettendo una flessibilità ed una personalizzazione del trattamento psicoterapeutico al fine di affrontare le particolari sintomatologie che sono caratteristiche di alcuni ma non di tutti i pazienti (Chorpita, 2007; Eifert et al., 1997;).

Non solo il disturbo alimentare quindi, ma anche la gestione dello sport ossessivo, del pensiero ricorsivo verso il proprio corpo o alcune sue parti (thigh-gap, thinspiration, body teasing, body related internet addiction, pro/ana/mia site addicion etc etc) devono essere indirizzate con competenza del fenomeno ed il terapeuta dovrebbe sapere “dove mettere o non mettere il naso” in seduta.

Perché quindi la Body Image Modular Therapy?

Molti tipi di psicoterapia cognitivo comportamentale includono interventi basati sullo “skill-training” con sessioni che vengono presentate in modo sequenziale. Ogni sessione è costruita in modo da includere un training in una o più specifiche abilità come ad esempio, per la terapia della depressione negli adolescenti (Reinecke et al., 2006), nel Social Skills Training (Thase, 2012) o nella Dialectical Behavioural Therapy (Booth et al.,2014). Questi approcci, prevedono che ogni seduta abbia momenti dedicati al training in specifiche abilità e le sessioni siano correlate fra loro sequenzialmente. Per esempio, un approccio al rilassamento è trattato in una specifica sessione, seguita da altre che ne approfondiscono ulteriormente questa abilità. Dal punto di vista psicoeducativo la sequenza delle sessioni è settata ed ordinata in modo che quelle successive vengano gestite in base a quanto appreso nelle precedenti sessioni.

Nella Body image Modular Therapy, invece, non c’è bisogno che i moduli seguano una sequenza predefinita, proprio per aderire meglio alla storia di vita del paziente e del momento del “qui ed ora”. Inoltre, i vari moduli, non sono dei semplici “skill training”, ma veri e propri assetti di gestione terapeutica all’interno della sessione di seduta e fra le sedute stesse, indipendentemente dalla loro sequenzialità.

Una critica ai trattamenti manualizzati è che manchino di flessibilità sia nella gestione globale che all’interno di ogni singola seduta di psicoterapia e la domanda che ci si è posti nella creazione della struttura di sessione e dei vari moduli è stata di come poteva una terapia rispondere ai bisogni immediati di un paziente se il manuale di riferimento gli imponeva di gestire alcuni argomenti che potevano non essere aderenti al 100% ai bisogni specifici del momento. La risposta è l’utilizzo dell’approccio modulare della BIMT, un approccio che inoltre tiene conto delle nuove tecnologie per quanto riguarda l’esposizione guidata ed il “perceptual retraining” mediante videosimulazione come nell’uso del Body Image Revealer e tecniche mutuate dalla mindfulness e dall’acceptance and committment therapy (Pearson et al., 2011; Lillis et al., 2009) per la gestione della body avoidance e food phobia.

Body Image Revealer:

L’integrazione dei sedici moduli di cui attualmente la Body Image Modular Therapy si compone, permette inoltre di inserirla nella “cassetta degli attrezzi” di ogni professionista impegnato con i sempre piu’ numerosi pazienti che presentano problematiche a carico dell’immagine corporea.

 

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Body Image Modular Therapy – Training di primo livello – Milano 7 Giugno 2014

ARGOMENTI CORRELATI:

DISMORFOFOBIAIMMAGINE CORPOREA

 

BIBLIOGRAFIA:

 

AUTORE DELL’ARTICOLO: 

Emanuel Mian. Psicoterapeuta, PhD in Neuroscienze.
Docente nel Master in “Dietistica e Nutrizione Clinica”- Università di Pavia

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