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Un ricordo di Michele Giannantonio

E' di questi giorni la morte del collega Michele Giannantonio, che molti psicologi in formazione hanno conosciuto come terapeuta e come insegnante...

Di Gianluca Frazzoni

Pubblicato il 07 Apr. 2014

 

E’ di questi giorni la morte del collega Michele Giannantonio, che molti psicologi in formazione hanno conosciuto come terapeuta, come insegnante, e molti di noi hanno apprezzato per le pubblicazioni su numerosi argomenti, in particolare il trauma.

Ironia della vita l’ha colpito un male che più di tutti rappresenta un trauma inaffrontabile.

E’ difficile, in un ambiente professionale che si può eufemisticamente definire competitivo, ascoltare racconti unanimi sul valore di un uomo; ancora più difficile, quando un uomo termina il percorso del suo corpo, che i racconti sul suo valore non siano inquinati dalla necessità di ricorrere alle consuete formule di maniera.

Che il caso di Michele Giannantonio fosse diverso l’ho capito nei pochi secondi in cui l’ho conosciuto, alla prima giornata del training di Psicoterapia Sensomotoria: poche parole coi segni evidenti della malattia e della dignità, la promessa sorridente di provare a ricordarsi i nomi degli allievi che aveva appena accolto, il messaggio felice di quanto quel corso fosse bello e non per i ricavi economici di chi l’organizzava.

Insomma, qualcosa di molto raro. Se ne va lasciandoci una grande domanda, un senso che non riusciamo a cogliere.

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