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True: piani di vita e scopi esistenziali nell’autobiografia di un campione

Lungo l'autobiografia di Mike Tyson, possiamo cogliere i significati personali, modelli cognitivi e temi caratterizzanti la storia di vita del campione...

Di Mauro Grillini

Pubblicato il 03 Apr. 2014

Aggiornato il 08 Ott. 2014 09:35

 

 

 

TRUE: LA MIA STORIA.

Una lettura in chiave LIBET dell’autobiografia di un campione

 

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True: la mia storia di Mike Tyson - Immagine: copertinaSin dai primi capitoli emergono forti esperienze di paura, indegnità e marcata deprivazione affettiva che il giovane Tyson si trova a vivere, tanto in un contesto familiare instabile e degradato quanto all’esterno, vittima di bullismo e violenze da parte di coetanei e membri della delinquenza locale.

Questa è molto più della storia di un campione della boxe. E’ la traiettoria epica di un uomo in lotta con le sue paure”.

Le parole di Spike Lee sembrano descrivere alla perfezione la recente opera autobiografica di Mike Tyson, nella quale l’ex campione plurititolato dei pesi massimi ripercorre le tappe salienti della sua esistenza, dall’infanzia a Brownsville fino alla sua vita odierna da genitore e uomo di spettacolo, passando attraverso la scoperta del pugilato, le vittorie (quasi tutte per KO nelle prime riprese), le sconfitte, gli eccessi, i guai giudiziari, la bancarotta e la voglia di riscattarsi dal passato e divenire una persona migliore.

Attraverso il lavoro autobiografico, siamo in grado di cogliere tutti quei significati personali, quei modelli cognitivi e quei temi caratterizzanti la storia di vita della persona – oltre che la loro evoluzione temporale – che stanno alla base degli eventi narrati; possiamo inoltre farci aiutare dal modello LIBET e identificare quei “luoghi mentali intollerabili” e piani di vita  per meglio inquadrare e comprendere il personaggio “Iron Mike”.

Sin dai primi capitoli emergono forti esperienze di paura, indegnità e marcata deprivazione affettiva che il giovane Tyson si trova a vivere, tanto in un contesto familiare instabile e degradato – fatto di continui sfratti, carenza d’igiene e una madre quale unica figura genitoriale, descritta come anaffettiva, svalutante, dipendente dall’alcool e spesso fisicamente abusante – quanto all’esterno, vittima di bullismo e violenze da parte di coetanei e membri della delinquenza locale.

Tali vissuti dolorosi, e il costante bisogno di affetto e riconoscimento sociale contribuiscono allo sviluppo di veri e propri piani di vita di carattere impulsivo e sopraffacente che se da un lato gli consentono maggiore protezione e rispetto sulla strada, dall’altro lo portano costantemente a contatto con le forze dell’ordine, ad essere arrestato e collocato in riformatorio.

L’incontro con l’allenatore Cus d’Amato rappresenta uno snodo centrale nella vita di Tyson: da lui acquisirà l’impostazione tecnica, la preparazione atletica e quella convinzione narcisista di essere il miglior pugile di tutti i tempi, fattori che lo portano, a soli vent’anni, a diventare Campione Mondiale dei Pesi Massimi.

La fama e i successi sportivi però non bastano: Tyson si sente un “naufrago della vita”, senza figure significative presenti nella sua vita, e con sensi di indegnità e non amabilità affrontati nuovamente mediante strategie di ipercompensazione a breve termine –  fatte di abusi di sostanze, promiscuità sessuale, eccessi di spesa e ripetute aggressioni – sostenute da convinzioni di carattere vendicativo (“a che scopo comportarsi bene se nessuno tiene a te?”) e rivendicativo (“volevo che la gente si inchinasse ai miei piedi”).

L’accusa di stupro, il carcere, la sconfitta con Lewis, la bancarotta dichiarata nel 2003 e soprattutto la morte della figlia Exodus incrinano progressivamente il fragile narcisismo di Mike, che sprofonda nella depressione e nella dipendenza da sostanze; queste esperienze dolorose, tuttavia, sono anche la fonte di una nuova consapevolezza di sé e dei suoi trascorsi, attraversata dal rimorso  ma anche dalla ferma intenzione di costruire una nuova vita e modelli relazionali più funzionali.

L’impegno nella disintossicazione e nell’acquisizione stabile di un ruolo maritale e genitoriale ci mostrano un Tyson nuovamente sul quadrato, impegnato nel match più duro e prezioso di tutta la sua vita: quello contro sé stesso.

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Mauro Grillini
Mauro Grillini

Psicologo e Psicoterapeuta in formazione presso la Scuola di Specializzazione "Psicoterapia Cognitiva e Ricerca", Milano

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