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La testimonianza del minore tra errori di memoria e suggestionabilità

Con il termine testimonianza non si designa la fotografia di un evento, ma la ricostruzione mnestica in cui si intercalano ritagli di realtà mai esperite

Di Maria Anna Formisano

Pubblicato il 22 Apr. 2014

Aggiornato il 09 Mar. 2016 10:00

 

 

La testimonianza del minore. - Immagine: © TAGSTOCK2 - Fotolia.comCon il termine deposizione o testimonianza non si designa la  semplice fotografia di un evento, piuttosto una ricostruzione mnestica in cui si intercalano ritagli di realtà mai esperite o mai esistite.

La memoria è la capacità di conservare tracce di una esperienza passata a livello neuronale; le nostre esperienze, infatti, trasfigurano le sinapsi (le connessioni fra neuroni) e producono delle modifiche sia a livello di immagazzinamento delle informazioni sia a livello del recupero dei ricordi. La memoria non è, dunque, da considerare la capacità di ricordare gli eventi pregressi in maniera inattiva, essa in certe circostanze può diventare una produzione romanzesca densa di significati emozionali e affettivi, convalidate dall’interpretazione soggettiva e dalla singolarità individuale.

MEMORIA E SUGGESTIONABILITA’

1.LA MEMORIA

La memoria è un complesso costituito da diversi sottosistemi. La prima distinzione che bisogna fare è quella tra memoria a breve termine (MBT) o memoria primaria  e memoria a lungo termine (MLT) memoria secondaria. La funzione in cui si esprime la memoria è il ricordo. Cosa abbiamo mangiato oppure dove abbiamo lasciato un oggetto sono diversi tra loro, rispetto alla conoscenza che ho di un libro. I primi contenuti si  inseriscono nella memoria episodica, i secondi nella memoria semantica. La memoria episodica e la memoria semantica si inseriscono nella M.L.T., memoria a  lungo termine e rientrano nella memoria dichiarativa o esplicita. Quella che invece ci consente di andare sui pattini è la memoria procedurale che è una memoria implicita e non dichiarativa. In linea generale, la memoria è la capacità di  immagazzinare informazioni a cui possiamo attingere quando è necessario.

La memoria comprende due processi: l’apprendimento e il ricordo o memoria vera e propria. Durante l’apprendimento e la successiva rievocazione possiamo distinguere due fasi: la codifica che è l’elaborazione iniziale dell’informazione che consente di operare sui segnali di arrivo scelte in ordine agli input rilevanti per il soggetto, da discriminare da quelli inutili. Il consolidamento consente di immagazzinare l’informazione conservandone traccia nel tempo. Queste informazioni immagazzinate e conservate sotto forma di traccia vengono richiamate attraverso il ricordo. Il ricordo non è mai la riproduzione fedele, completa e completamente accurata di un evento. La memoria di un evento, quindi, non è mai la sua copia fotostatica, ma piuttosto il risultato dell’influenza di diversi fattori, frequentemente interagenti, che intervengono nelle diverse fasi del processo mnestico.

I ricordi, poi, non solo si modificano con il passare del tempo, ma la loro riproduzione più o meno corretta è legata a molteplici fattori, tra cui, principalmente, fattori emozionali e/o meccanismi di difesa, fattori cognitivi che possono ostacolare, o facilitare, il recupero dei ricordi stessi. La memoria è dunque molto malleabile e le distorsioni di essa relativamente alla testimonianza sono molto frequenti. Le distorsioni mnestiche, le cancellazioni o le diminuzioni della memoria a causa dell’ interferenza di stimoli sono frequenti; ciò accade maggiormente se questi stimoli si interpongono  tra  la fase dell’ apprendimento e la fase dei ricordo.

E’ ciò che potrebbe accadere, ad esempio, quando un minore è sottoposto a colloqui prolungati nel tempo, durante il quale ha potuto ricevere alcune informazioni su cui non vi era certezza assoluta. Appunto per questo, uno o più ascolti, non sempre ben condotti  in qualunque fase dell’iter processuale, caratterizzati da domande in cui sono contenuti suggerimenti e/o  informazioni false e inducenti, possono generare il fenomeno misinformazione, ovvero, la tendenza a peggiorare ed alterare il ricordo, sulla base di informazioni contenute nelle domande. Dall’età di 8-9 anni i minori sono suggestionabili; non solo possono modificare ricordi, eliminando o  aggiungendo particolari rilevanti, ma addirittura possono costruire falsi ricordi di realtà mai vissute. Diventa  fondamentale per lo psicologo giuridico prendere in considerazione il fatto che eventuali alterazioni nel menzionare qualcosa possono essere dovuti ad un difetto intervenuto in uno qualsiasi degli stadi di seguito riportati:

  • a livello dell’acquisizione, ad esempio a causa di un basso grado di attenzione al momento della registrazione del segnale;
  • al momento della ritenzione, se attività o segnali contemporanei si sono sovrapposti a quello iniziale e ne hanno impedito una corretta registrazione;
  • al tentativo di recupero dell’informazione che può fallire a causa dell’impiego di strategie inadatte o inefficaci.

Il focus attentivo poi  è un fattore determinante per l’accuratezza di un ricordo: ciò che viene elaborato e memorizzato corrisponde infatti a ciò che è stato oggetto di attenzione. Ciò che è stato oggetto di attenzione, infatti permette il passaggio dalla memoria a breve termine alla memoria a lungo termine. Se l’attenzione, però, da un lato incoraggia la memoria dall’altro lato la inibisce, come quando pensare a ciò che è  stato detto impedisce di fare attenzione a ciò che si sta dicendo. Si deduce chiaramente la non poca probabilità  di dire cose senza senso, non vere, proprio per il fatto stesso di non riflettere sui processi linguistici.

 1.2 LA SUGGESTIONABILITA’

Una possibile conseguenza dell’esposizione ad informazioni nuove ed ingannevoli, molto pericolosa per la validità della testimonianza, è la costruzione di falsi ricordi: i dettagli suggestivi a vario livello richiesti, suggeriti o imposti, se accettati ed integrati dal bambino nel proprio racconto, finiscono per trasformarsi in vere e proprie scene mnemoniche, al pari di un episodio realmente accaduto ed appartenente al passato. Il racconto rischia inoltre di essere breve, incompleto, incoerente e disorganizzato. E’ basilare che lo psicologo  durante l’intervista cognitiva segua i costrutti di seguito indicati:

1) non mostri preconcetti attraverso il linguaggio verbale e non nei confronti del presunto abusante;

2) non perdere il focus dell’intervista, spostando l’attenzione del minore da un argomento all’altro;

3) non anticipi il giudizio del minore, durante il colloquio.

Di solito i bambini molto piccoli riferiscono spontaneamente molto poco, soprattutto se è un evento traumatico da dimenticare. Si è costretti a chiedere per poter sapere, ma si può chiedere senza suggestionare. Per esempio, si possono proporre domande involontariamente tendenziose su un argomento irrilevante. Per esempio: Sei venuto in aereo? (sapendo che non è vero). L’aspetto della possibile suggestionabilità dei bambini è sicuramente uno dei nodi  più problematici. Si inserisce in tale quadro psicologico – giuridico la storia della psicologia della testimonianza che è ricca di studi relativi alla suggestionabilità rivolti all’età evolutiva. Si fa notare, poi, che quanto più l’adulto è rivestito di autorità (agli occhi di un bambino anche il solo potere di porre domande ne è un indice), tanto più il bambino risulterà influenzabile da domande suggestive, che talora egli può vivere anche come impositive.

Se poi vengono dati rinforzi positivi o negativi, l’intervistatore può influenzare e modificare grandemente il ricordo del minore testimone, tale da farlo spaziare tra ricordo e fantasia, tra gioco e realtà. E’ comunque necessario eludere:

invocazioni che  possono contenere informazioni utilizzabili per formulare la risposta. In questi casi, generalmente, le informazioni fornite nella domanda si ritrovano nella risposta. Così la domanda diventa specchio per la risposta.

Modi di dire tipici di un intercalare riconducibile ad un comportamento genitoriale come: stai attento! Ascolta bene quello che ti chiedo! Negli occhi! Puoi  giocare se rispondi alla domanda ecc.

Espressioni di assenso o dissenso altamente suggestive come per esempio: sei bravissimo!, Non dire bugie! Sei un ragazzo in gamba!

Espressioni dubitative: Ma cosa dici? Non mi dire?

Esclamazioni di sorpresa: Oh ,veramente!

E’ opportuno inoltre saggiare con il bambino il suo adeguamento alla realtà e verificare se riesce bene a distinguere quest’ultima dalla fantasia.

Abbiamo visto come l’ascolto del minore soprattutto se vittima di un trauma, sia tra le tecniche più complesse e delicate nell’ambito della psicologia giuridica. Bisogna fare in modo che il bambino si senta sicuro e rilassato e sia in grado di  rievocare liberamente, formulando solo  eventuali domande di approfondimento di quanto narrato, infine chiudere l’interrogatorio controllando con il bambino di aver compreso bene le parti essenziali del discorso. Le strategie d’ascolto devono garantire, dunque, una testimonianza spontanea, utilizzando  le tecniche di ascolto, la cui validità è condivisa dalla comunità scientifica.

Ciò naturalmente non deve prescindere da una predisposizione empatica da parte dell’intevistatore che deve mettersi nei panni dell’intervistato, accogliendo il suo racconto ed i violenti sentimenti ad esso associati, ponendosi in un ruolo di estrema neutralità e attualità scientifica.

 

 

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Maria Anna Formisano
Maria Anna Formisano

Psicologa clinica e giuridica. Perfezionata in educazione e disagio giovanile

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