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Autismo: la genesi già nel periodo prenatale – Neuroscienze

Nei bambini con autismo il cervello possa, a volte, ricostruire alcuni connessioni, compensando in questo modo i deficit focali precoci.

Di Roberta Mazzara

Pubblicato il 10 Apr. 2014

Aggiornato il 24 Giu. 2014 15:56

 

 

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

I risultati ottenuti dal presente lavoro supporterebbero l’idea che nei bambini con autismo il cervello possa, a volte, ricostruire alcuni connessioni, compensando in questo modo i deficit focali precoci, e  sollevare, quindi, la speranza che comprendere questi meccanismi possa aprire nuovi orizzonti per la comprensione di tali processi di plasticità cerebrale.

Sul “The NEW ENGLAND JOURNAL of MEDICINE” è stato recentemente pubblicato uno studio che sembrerebbe dimostrare come l’autismo possa trovare una sua genesi già nel periodo prenatale, a causa di un difetto nella formazione della struttura della neocorteccia cerebrale.

Gli autori – Eric Courchesne, professore di Neuroscienze e direttore dell’ “Autism Center of Excellence” presso l’Università della California di San Diego; ED S. Lein, PhD presso l’ “Allen Institute for Brain Science” di Seattle e Rich Stoner, PhD presso l’Università della California – hanno analizzato 25 geni estratti dal tessuto cerebrale post-mortem di bambini con o senza autismo.

Come affermato dal Professor Courchesne, la corteccia cerebrale umana è costituita da sei strati cellulari e nel tessuto cerebrale della maggior parte dei bambini con autismo sarebbero state individuate delle aree focali in cui i normali processi di sviluppo avevano subito un’interruzione.

Durante lo sviluppo precoce del cervello, ogni strato corticale si sviluppa in uno specifico tipo di cellule cerebrali, ognuno con schemi di connettività differenti che assolveranno un ruolo unico e importante nella futura elaborazione delle informazioni. Tali caratteristiche peculiari sono codificate da specifici marker genetici.

Dal presente studio è emerso come nel cervello dei bambini con autismo, alcuni marker genetici chiave fossero assenti nelle cellule cerebrali in strati multipli della corteccia. Courchesne afferma che tale assenza possa indicare che le fasi precoci cruciali per la creazione dei sei strati corticali, ciascuno con specifici tipi di cellule cerebrali, che avviene tipicamente durante il periodo prenatale, siano difettose nei bambini con autismo. Inoltre, tale difetto sarebbe presente in aree focali della corteccia e non in maniera uniforme. In particolare, le regioni maggiormente colpite da tale assenza dei marker genetici sarebbero la corteccia frontale e quella temporale.

Tale tropismo è chiaramente associato ai deficit riscontrati nei disturbi dello spettro autistico: la corteccia frontale, infatti, è associata a funzioni cerebrali di alto livello, come la comunicazione complessa e la comprensione degli stimoli sociali, mentre la corteccia temporale è associata alle competenze linguistiche. Al contrario, la corteccia visiva – un’area del cervello deputata alla percezione, la quale risulta risparmiata nell’autismo – non presenterebbe anormalità.

Ricercare le origini dell’autismo è sicuramente una sfida stimolante, in quanto tipicamente relata allo studio di cervelli adulti e, quindi, ad una procedura a ritroso. “In questo caso”, sottolinea Lein, “siamo in grado di studiare soggetti autistici e di controllo in giovane età, permettendoci uno sguardo su come l’autismo si presenta nel cervello in via di sviluppo”.

Come affermato da Courchesne, la scoperta che tali difetti avvengano in zone precise della corteccia e non nella sua intera superficie, ci offre speranza circa la comprensione della natura dell’autismo. Tale diffusione delle aree compromesse, in opposizione ad una patologia corticale uniforme, potrebbe spiegare il fatto che molti bambini con autismo mostrino miglioramenti clinicamente significanti con trattamenti precoci e prolungati nel tempo.

Infine, i risultati ottenuti dal presente lavoro supporterebbero l’idea che nei bambini con autismo il cervello possa, a volte, ricostruire alcuni connessioni, compensando in questo modo i deficit focali precoci, e  sollevare, quindi, la speranza che comprendere questi meccanismi possa aprire nuovi orizzonti per la comprensione di tali processi di plasticità cerebrale.

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Roberta Mazzara
Roberta Mazzara

Psicologa. Specializzanda iscritta alla Scuola di Neuropsicologia dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca.

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