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Psychiatry, Subjectivity, Community. Franco Basaglia and Biopolitics – Recensione

Psychiatry, Subjectivity, Community è un racconto appassionante e complesso, in cui accanto ai dati storici c’è la complessità della riflessione filosofica.

Di Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 13 Mar. 2014

Aggiornato il 30 Lug. 2017 11:21

 

 

 

Psychiatry, Subjectivity, Community.

Franco Basaglia and Biopolitics

(2013) di Alvise Sforza Tarabochia

 

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Psychiatry, Subjectivity, Community. Franco Basaglia and BiopoliticsAlvise Sforza Tarabochia nel suo “Psychiatry, Subjectivity, Community. Franco Basaglia and Biopolitics” offre un racconto appassionante e complesso, in cui accanto alla rIcchezza di dati storici c’è anche la complessità della riflessione filosofica, proprio in termini di biopolitica.

Biopolitica è una di quelle parole che sembrano pensate apposta per spaventare chi non è addentro ai gerghi tecnici e per allontanare il lettore. Cerchiamo di superare questo ostacolo. Di “biopolitica” se ne parla molto in filosofia da alcuni anni. Ma cos’ è la biopolitica? Diranno i nostri lettori desiderosi di chiarimenti. Affidiamoci umilmente a wikipedia e scopriamo che si tratta di un termine tecnico usato in filosofia e in politologia che indica lo studio dei modi usati dal potere politico per indirizzare gli aspetti della vita umana e sociale legati al corpo umano, alla sua utilitizzazione e al suo controllo. La politica usa i saperi della biologia, della genetica, della statistica, della psicologia, della criminologia e della sociologia per stabilire il confine della “normalità” e a fornire a se stessa gli strumenti per la gestione delle attività biologiche.

Per la biopolitica, i concetti di normalità e “follia” sono strumenti politici e non conoscitivi o scientifici, mediante i quali il potere usa la scienza medica per gestire i sistemi di previdenza e assicurativi, la promozione dell’igiene pubblica e perfino l’eugenetica (Foucault, 1978-2005).

Per chi si occupa di psicologia e di psichiatria il legame tra gli studi filosofici di biopolitica e gli avvenimenti che hanno portato alla chiusura dei manicomi è evidente. Anche a chi non condivide gli eccessi di un uso solo politico dei concetti di “normalità” e “follia” è chiaro che in passato la reclusione manicomiale era anche uno strumento per mantenere l’ordine e la stabilità sociale. Naturale quindi che la lotta di Basaglia per il superamento dei manicomi non potesse essere solo medica e scientifica, ma anche politica.

Di questa storia Alvise Sforza Tarabochia nel suo “Psychiatry, Subjectivity, Community. Franco Basaglia and Biopolitics” offre un racconto appassionante e complesso, in cui accanto alla rIcchezza di dati storici c’è anche la complessità della riflessione filosofica, proprio in termini di biopolitica.

Dopo la legge 180, il sistema manicomiale fu smantellato in Italia, per essere sostituito dai centri comunitari. Questo riemergere di una dimensione comunitaria è alla base di una psichiatria alternativa che Tarabochia chiama “Affirmative Biopolitical Psychiatry”, una psichiatria che tenti di coniugare libertà individuale e senso comunitario combattendo sia la prevaricazione del potere tradizionalista e conservatore sia l’atomizzazione dell’iper-individualismo moderno.

Il libro sostiene che Franco Basaglia aveva previsto questo cambiamento nel paradigma del potere, e che è possibile rintracciare la sua concezione embrionale nei suoi scritti.

Questo renderebbe Basaglia un precursore della cosidetta “Italian Theory”, una corrente di filosofia politica di crescente importanza nata nel nostro paese che afferma la possibilità di superare la dicotomia tra conservatorimo comuntario e indvidualismo moderno.

Per una rassegna esaustiva della Italian Theory raccomandiamo le antologie di Borradori (1988); Hardt e Virno (1996); Chiesa e Toscano (2009) e un recente libro di Esposito (2010, 2012).

 

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L’AUTORE DEL LIBRO E’ EDITOR DELL’ EUROPEAN JOURNAL OF PSYCHOANALYSIS:

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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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