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Strange But True: Music Doesn’t Make Some People Happy – Psicologia

È capitato a tutti di sorridere sulle note di Pharrell Williams o di emozionarsi su quelle dei Pink Floyd. Si, è capitato a molti ma non a tutti. Psicologia

Di Francesca Vinciullo

Pubblicato il 18 Mar. 2014

 

 

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Strange But True: Music Doesn’t Make Some People Happy: è capitato a tutti di sorridere sulle note di Pharrell Williams o di emozionarsi su quelle dei Pink Floyd con “Wish you were here”. Di sentire un nodo allo stomaco ascoltando una canzone romantica o di avere una sensazione di felicità sulle note di Bob Marley.

Si, è capitato a molti a ma non a tutti.

La scoperta, casuale, proviene da un team di psicologi dell’Università di Barcellona intenti a lavorare ad una ricerca sulla valutazione delle emozioni in risposta alla musica.

Per circa il 5% dei partecipanti però non è stata riscontrata alcuna risposta emotiva all’ascolto di diverse composizioni musicali, come se queste persone non “sentissero” la musica.

L’incapacità di comprendere ed apprezzare la musica viene definita amusia, e rappresenta un deficit nel “sentire” la musica, nel distinguerne le note e le diverse melodie. L’amusia è una patologia neuropsicologica di origine cerebrale, dovuta a fattori congeniti o acquisiti nel corso dello sviluppo ed è piuttosto rara tra la popolazione (circa il 4%).

Il team di studiosi decide, quindi, di valutare se questi soggetti, un gruppo di studenti spagnoli, sono in grado di identificare le emozioni nei diversi tipi di musica proposti. I soggetti sono divisi in tre gruppi a seconda del loro grado di sensibilità alla musica (basso, medio, alto). Ai partecipanti viene chiesto di fornire del loro materiale musicale che gradiscono di più ma per alcuni risulta difficile rispondere positivamente alla richiesta. Una parte dei soggetti, infatti, non riesce a consegnare nessun cd musicale né materiale in formato mp3 perché sono sprovvisti di materiale musicale. Successivamente a ciascuno dei 30 volontari è stato chiesto di ascoltare delle melodie giudicate piacevoli dai colleghi più sensibili alla musica e viene misurato il battito cardiaco e la conduttanza cutanea durante l’ascolto come indicatori dell’attivazione emotiva.

I soggetti che non avevano riferito alcuna sensazione di piacevolezza dopo l’ascolto musicale non mostrano alcuna risposta fisica, a differenza dei colleghi che avevano gradito le melodie. In questo gruppo, invece, i soggetti si presentano come se non sentissero la musica e non avessero alcuna risposta dal punto di vista fisico.

Qual è il motivo di questa incapacità di provare piacere durante l’ascolto di una canzone giudicata gradevole? Questo problema si collega ad un deficit nel sistema dei circuiti cerebrali legati alla ricompensa ed è specifico per la musica. Per le altre attività, infatti, come la ricompensa monetaria, non viene riscontrato alcun danneggiamento nella risposta fisica (battito cardiaco e conduttanza cutanea).

Quando a questi soggetti, infatti, viene chiesto di partecipare ad un gioco con una possibile vincita monetaria, la loro risposta corporea è simile a quella di chiunque altro.

Il deficit, quindi, è limitato al sistema della ricompensa legato alla musica e non ad uno scarso funzionamento del network della ricompensa in generale, responsabile della gratificazione che si ricava ad esempio dal cibo, dal sesso o dalle vincite di denaro.

Gli studiosi hanno definito questa particolare condizione come “anedonia specifica musicale”. Questi risultati fanno ipotizzare, quindi, che esistono diverse vie per accedere al sistema della ricompensa e che la loro efficacia è variabile in ciascun individuo. 

 

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Francesca Vinciullo
Francesca Vinciullo

Dottore Magistrale in Psicologia Clinica

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