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Pietà di Kim Ki-Duk (2012) – Cinema & Psicoterapia nr.18

Pietà - Mettersi nei panni del colpevole per capirne le motivazioni e ricondurre l’atto a una comune condizione umana in cui il male e il bene coesistono

Di Antonio Scarinci

Pubblicato il 07 Feb. 2014

Antonio Scarinci, Antonio Ciocci 

 

RUBRICA CINEMA & PSICOTERAPIA  #18

Pietà (2012)

Proposte di visione e lettura (CorattiLorenziniScarinciSegre, 2012)

 

 

Pietà (2012). -Immagine: locandinaMettersi nei panni del colpevole, avere empatia con chi ci ha offeso per capirne le motivazioni e ricondurre l’atto a una comune condizione umana in cui il male e il bene coesistono è l’elemento preminente di questo processo che si muove lungo il film, come convitato di pietra, senza esprimersi fino in fondo nei comportamenti dei protagonisti. 

Info:

Pietà. Un film di Kim Ki-Duk. Con Lee Jung-Jin, JoMin-Su. Drammatico. Corea del Sud 2012. Vincitore del Leone d’oro alla 69° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Trama:

Kang-do, solitario e anaffettivo tirapiedi di uno strozzino, quotidianamente gira nello slum della sua città per ottenere il pagamento dei debiti contratti con tassi d’interesse usurai.

Si comporta in modo spietato, storpiando le sue vittime e seminando la morte con indifferenza.

Madri, mogli e fidanzate si disperano per le sorti di mariti, figli e compagni. Alcuni preferiscono persino darsi la morte piuttosto che restare invalidi a vita.

Un giorno una donna dopo averlo seguito per la strada si intrufola a casa sua. Dice di essere sua madre, lo ha abbandonato alla nascita e si sente responsabile di averlo fatto crescere senza amore. Ogni colpa per i crimini compiuti dal figlio è sua e vuole riparare.

Kang-do è riottoso a crederle, pensa sia pazza, ma di fronte alle insistenze della donna la sottopone ad una serie di prove umilianti e terribili, ma alla lunga le ripetute offerte di amore della donna fanno breccia nel suo animo.  Accetta finalmente la donna e questo lo pone in una posizione di vulnerabilità come quella delle sue vittime: potrebbe perderla, qualcuno potrebbe vendicarsi.

E’ proprio la madre, però, che cerca vendetta per l’uccisione del suo vero figlio, una delle tante vittime di Kang-do. Finge di essere assassinata dandosi la morte.

La perdita del legame materno, finalmente ritrovato, è insopportabile per Kang-do, convinto che la sua vita non abbia più senso.  La moglie di uno dei suoi clienti aveva minacciato di investirlo con la macchina per vendicarsi e lui decide di portare a compimento la vendetta di questa donna. Si lega sotto il suo furgone facendosi trascinare. Il suo corpo lascia una lunga scia di sangue sulla strada.

Motivi d’interesse:

La sequenza narrativa del film appare fin troppo meccanica e forzata, anche se funzionale al ritmo e all’emotività da tragedia greca.

Aleggia un’aria d’inganno, di maligno presagio, un’arcaica sete di vendetta che si contrappone alla pietà della falsa madre nei confronti del falso figlio. La consapevolezza del dolore che provocherà la perdita di un legame ritrovato e la sete di giustizia come espiazione del colpevole si alternano nei sentimenti della madre.

I protagonisti, Kang-do e sua madre, si alternano nel triangolo drammatico, vittima/ carnefice/ salvatore, provano in fondo empatia l’uno per l’altro, senza accedere però alla pietà che fa nascere il perdono. La madre lo chiede insistentemente al falso figlio, che sembrerebbe concederglielo.

Ma è vero perdono?

Non attraversa tutto il film l’incapacità di comprendere le debolezze o le difficoltà altrui, di tenere da parte il risentimento, di smorzare il rancore, di rinunciare appunto a forme di rivalsa e vendetta?

Il perdono è un atto di cui beneficia chi ha offeso perché non escluso e disprezzato.

Come sostengono Barcaccia e Mancini ( 2013) “il perdono non è oblio, non è negazione del torto, non è giustificazione, non è rassegnazione a subire, …ma il perdono fa bene a chi perdona”.

Mettersi nei panni del colpevole, avere empatia con chi ci ha offeso per capirne le motivazioni e ricondurre l’atto a una comune condizione umana in cui il male e il bene coesistono è l’elemento preminente di questo processo che si muove lungo il film, come convitato di pietra, senza esprimersi fino in fondo nei comportamenti dei protagonisti. 

Tra vendetta e perdono prevale la vendetta.

Eppure il ritrovato legame materno – viene in mente la teoria dell’attaccamento di Bolwby – rende Kang-do da freddo e spietato macellaio di uomini una persona che prova emozioni e sentimenti.

La partecipazione empatica al dolore del falso figlio fa tentennare la madre dall’eseguire l’estremo gesto di suicidarsi, anche se la sete di vendetta è più forte e la spinge a gettarsi dal terzo piano di un edificio. 

Una strada è forse indicata, ma non percorsa fino in fondo.

Kang-do, stesso, non riesce a perdonarsi e si toglie la vita legandosi sotto il furgone della moglie di una delle sue vittime. La scia di sangue della vendetta rimane impressa simbolicamente sulla strada e genera il sentimento di pietà per un’umanità, rappresentata nella locandina del film dalla scultura di Michelangelo con gli attori nei panni di Maria e del Cristo, che avviluppata al potere del denaro e all’avidità, non riesce a perdonare.

Forse è proprio la pietà la sorgente del perdono.

La pietas è il sentimento che induce a rispettare l’altro con amorevole gentilezza e premura. Enea come figura simbolica si fa carico sia del figlio che dell’anziano genitore Anchise portandolo sulle sue spalle e mettendo in secondo piano le sue vicende personali. E’ la dignità umana e il comune destino che può farci percepire e costruire il Noi, da cui può nascere una visione trascendente capace di inoltrarci in una dimensione empatica di compassione (patire insieme) per le ineludibili sofferenze della vita.

Indicazioni per l’utilizzo:

Il film può essere molto utile per aprire una confrontazione sui temi trattati, e in particolare sulla pietà, il perdono, la vendetta, emozioni che spesso sono sperimentate e presentate in terapia dai pazienti.

Trailer:

 

 

RUBRICA CINEMA & PSICOTERAPIA

ARGOMENTI CONSIGLIATI:

CINEMA – TELEVISIONE – RECENSIONI – EMPATIA – GENITORIALITA’ & GRAVIDANZA

 

 BIBLIOGRAFIA:

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Antonio Scarinci
Antonio Scarinci

Psicologo Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale

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