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Come il linguaggio modella la nostra visione del mondo – Scienze Cognitive

Le differenze nel linguaggio influenzano piccoli ma significanti aspetti del nostro comportamento, per esempio come classifichiamo gli oggetti in categorie

Di Giulia Radice

Pubblicato il 06 Feb. 2014

Aggiornato il 08 Lug. 2019 13:00

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche LINGUAGGIO – Le differenze linguistiche sembrano influenzare piccoli ma significanti aspetti del nostro comportamento, come per esempio la logica con cui classifichiamo gli oggetti in categorie diverse o ciò che notiamo all’interno di una scena.

Perchè se si chiede a un gruppo di illustri professori americani di puntare il dito verso sud-est tenendo gli occhi chiusi questi indicheranno in ogni direzione possibile, mentre se si chiede lo stesso a un gruppo di bambine di 5 anni originarie dell’Australia aborigena queste indicheranno sempre nella direzione giusta?

Secondo Lera Boroditsky la risposta è nel linguaggio, ovvero: il linguaggio (e più nello specifico la nostra lingua madre) influenza e modella le modalità con cui percepiamo e interpretiamo il mondo. Nel caso sopracitato, la risposta è da ricercare nel fatto che gli aborigeni australiani per indicare la posizione degli oggetti nello spazio, non usano parole come “destra” e “sinistra”, ma fanno ricorso ai punti cardinali e questo, secondo Boroditsky, è alla base della loro capacità di indicare senza esitazioni da che parte di trova uno specifico punto cardinale.

Secondo i ricercatori, le differenze linguistiche sembrano influenzare piccoli ma significanti aspetti del nostro comportamento, come per esempio la logica con cui classifichiamo gli oggetti in categorie diverse o ciò che notiamo all’interno di una scena.

Se per esempio per i madrelingua inglesi la differenza tra tazze e bicchieri è data dal materiale, i madrelingua russi distinguono tazze e bicchieri in base alla forma, per cui, davanti al medesimo gruppo misto di tazze e bicchieri russi e inglesi tenderanno a separare i diversi oggetti secondo modalità distinte. Ancora, davanti alla medesima scena, madrelingua inglesi e madrelingua spagnoli tenderanno a fornire due descrizioni diverse, perchè mentre in inglese l’intenzione dell’azione non viene sempre espressa nel significato del verbo, in spagnolo si.

Secondo Boroditsky, quindi, anche il semplice apprendimento di una nuova lingua può determinare significativi cambiamenti delle capacità cognitive e quindi nei ricordi. A conferma di ciò  Aneta Pavlenko, docente di linguistica applicata della Temple University, riporta come  l’esperienza dello scrittore trilingue (inglese, francese e russo) Vladimir Nabokov, a cui, in seguito alla successo della pubblicazione inglese delle sue memorie, venne chiesto di scriverne anche una versione in russo. Durante la stesura russa, però, lo scrittore però si rese subito conto che non si sarebbe mai trattato di un semplice lavoro di traduzione, ma nella creazione di un nuovo romanzo: “quando iniziò a scrivere in russo, gli tornarono alla mente molti ricordi di cui si era di dimentico durante la stesura inglese”.

Boroditsky, sottolinea però che sarebbe scorretto considerare il linguaggio come il principale (o addirittura l’unico) fattore responsabile della modalità con cui processiamo e ricordiamo gli stimoli che percepiamo. “Apprendere una nuova lingua non può essere considerato un processo molto distinto da ciò che accade quando studiamo per diventari avvocati o medici: in entrambi i casi le nostre capacità cognitive si modificano e si evolvono e in entrambi i casi possiamo studiare e analizzare questi cambiamenti”.

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Giulia Radice
Giulia Radice

Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale

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