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CBT, Terza Ondata e il rifiuto del Comportamentismo: una lettera aperta

Le Psicoterapie di Terza Ondata, Perchè rinnegare il Comportamentismo? E' Beck il vero padre del Cognitivismo? Riflessioni sulla psicoterapia cognitiva

Di Michele Pennelli

Pubblicato il 07 Feb. 2014

Aggiornato il 24 Giu. 2014 15:11

 

 

Terza Ondata - CBT IMMAGINE: - © bluedarkat - Fotolia.com A seguito di una controversa questione tra Recalcati e Galiberti da una parte e le terapie cognitivo-comportamentali dall’ altro, ho scritto questa lettera, che più che una risposta alla questione di “statuto speciale” della psicoanalisi ha generato in me diverse domande rispetto alla nostra Terapia Cognitivo Comportamentale. La lettera è stata postata nella mailing-list della Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva (SITCC) e ora la proponiamo ai lettori di State of Mind, per sapere che cosa ne pensate:

 

E’ bellissima questa risposta compatta e unita  rispetto alle affermazioni di Recalcati e Galimberti, ma leggendo le risposte di tutti, mi sono venute delle domande a cui, secondo me, dovremmo cercare di darci delle risposte prima di rispondere ai nostri esimi colleghi.

-Esiste una terza ondata?

-Esistono le terapie di terza generazione?

-Perchè dobbiamo far risalire la nascita del nostro orientamento a Beck?

-Perchè il comportamentismo dovrebbe essere fraintendente, svilente e riducente?

-Che cos’è il cognitivismo?

 

Mi spiego meglio: leggendo e facendo una “summa “del tutto quello che si è detto, mi è sembrato di cogliere delle “credenze di base” che creano in me una dissonanza di tipo “festingeriana”/cognitiva rispetto alle mie conoscenze e alle mie credenze di base.

Esiste la terza ondata? Esistono le terapie di terza generazione? A mio avviso sì, ma se per tutti la risposta è sì mi viene da porre un’altra domanda: “qual’ è la prima ondata delle terapie C.C.?  ”Tutte le ricerche riconducono la prima ondata di terapie basate su evidenze scientifiche a Terapie che hanno avuto sviluppo intorno agli anni ’50 ’60 e  che attualmente vengono definite: ”terapie comportamentali radicali”.

Da ciò si evince che, sempre che la logica non sia un opinione e si voglia parlare un linguaggio comune, le prime terapie cognitive comportamentali nascono come terapie comportamentali. E proprio ad essere pignoli, la prima forma di evoluzione di questo trattamento si fa risalire  ad un tale, un certo Burrhus Skinner, che con l’uscita del suo libro nel 1957: “Verbal Behavior”, poneva l’accento sull’importanza di trattare i pensieri in termini di comportamenti e non che i pensieri  alla fine non fossero ,poi, così importanti. Verissimo il primo comportamentismo non considerava i pensieri, ma non perché non li ritenesse importanti, ma più perché “epistologicamente” derivava direttamente dalla Psicologia sperimentale che aveva come assioma base: ”l’osservabilità” di un fenomeno.

Come si può osservare un pensiero? Risposta: Comportamento Verbale.

 

Perchè dobbiamo far risalire la nascita del nostro orientamento a Beck?

Prima risposta: “Epistemologica Cronologica”.

Molti ritengono che il termine terapia Cognitivo Comportamentale derivi da Beck ed ad onor del vero anche io, nella prima stesura di questa lettera ne ero convinto, ma ho scoperto che il primo a definire il termine di terapia Cognitivo Comportamentale sia stato tale Donald Meichenbaum e lo fece  nell’ articolo “Cognitive behavior  modification”.Morristown, NJ: General Learning Press, 1974.

Pur sorvolando su questa nota storica ed ammettendo che sia stato Beck ad aver  formulato il termine terapia Cognitivo Comportamentale, lo ha fatto dagli anni ’70 in poi, dunque, se cerchiamo una linea di continuità  e una “casa comune”, definendo  le terapie di terza generazione o terza ondata, come terapie di terza ondata o terza generazione dobbiamo ammettere che esista una continuità epistemologica ed una cronologica.

Terza vuol dire che c’è una Prima e c’è una Seconda ondata.

In termini cronologici, questa, dovrebbe essere quella del Behovarismo o dell’ “odiato” e “diniegato”(per rimanere in termini psicoanalistici), da molti,  comportamentismo. Ma se un padre c’è come può essere nato dopo dei figli?

Seconda risposta “Epistemologica “

Beck ed Ellis hanno sicuramente dato origine ad una rivoluzione, ma sicuramente questa rivoluzione è stata quella, a mio avviso, di far avvicinare modelli psicoanalitici e medico-organicistici a modelli psicologici-clinici, creando una rottura con la psicoanalisi e la psichiatria classica.

Mi spiego meglio, i presupposti di una terapia “evidence-based” e le tecniche comportamentali esistevano già: si fa risalire, appunto, l’approccio che deve basarsi sulle scoperte scientifiche e la psicologia sperimentale già a Watson negli anni ’30 e ’20.

L’attenzione, poi, verso i pensieri coscienti è già presente nell’  opera del ’57 di Skinner e presente nel già citato Verbal Behavior.

 

Perchè il comportamentismo dovrebbe essere fraintendente, svilente e riducente?

Io qui non ho una risposta, perchè è un giudizio di molti, ma non il mio: per me non è così.

Come Psicologo e come Psicoterapeuta non “diniego” le mie radici nel comportamentismo, ma ho notato che molti, all’interno del “cognitivismo radicale”(mi permetto di definirlo così) tendono a farlo, sentendosi vilipesi ad essere associati ad un genio (giudizio personale) come Skinner.

Senza poi mancare di affrettarsi a sostenere le terapie di terza ondata.

A dirla tutta, alcuni e solo alcune.

Se però osserviamo cosa sono queste terapie di terza ondata ci rendiamo conto che molte, nel loro statuto epistemologico, fanno direttamente riferimento al  “comportamentismo radicale” vedi ACT (Acceptance and Commitment Terapy), FAP ( Functional Analytic Psycoterapy) e DBT (Dialetic Behavior Terapy ) e a quel libro nero “VERBAL BEHAVIOR”.

Altre, invece, Mindfulness Based Cognitive Therapy hanno sì la CBT come origine epistemologica , ma poi  a ben leggere si riferiscono strettamente a meditazione Vipassana e Joga scivaistico.

A tal guisa mi permetto di dire che pratico Joga da prima di essere psicologo, ed ultimamente mi è capitato di vedere che le scuole di Mindfulness Italiane propongono addirittura dei workshop di “pranayama”, una tecnica di respirazione che i maestri indiani non insegnano a meno che non si sia vegetariani e non si faccia meditazione almeno da 4 anni.

Al di la della scorrettezza tecnica, entrando nella questione fisiologica, il “pranayama”, è una tecnica di iperventilazione e come tutti noi cognitivo-comportamentali  sappiamo, l’iperventilazione genera “attacchi di panico”.

La terapia meta-cognitiva, poi, di Wells, più che a Beck sembra essere la migliore applicazione clinica del modello teorico dell’ HIP (Human Information Processing) americano e sembra trarre il nome da tutto il “filotto” post-piagetiano svizzero.

 

Che cos’è il cognitivismo?

Qui devo essere onesto: non l’ho ancora ben capito, in termini epistemologici più che altro.

Per cognitivismo intendiamo ciò che Beck ha definito cognitivo o intendiamo le scienze cognitive e dunque anche le neuroscienze cognitive?

Qui la questione è un po’ particolare e molto particolare, perché all’università i miei libri di storia della psicologia facevano risalire il cognitivismo agli anni ’50 e ’60, ma non citavano Beck, bensì Bruner e la nozione di rappresentazione mentale.

Bruner aveva teorizzato questo modello riprendendo Piaget e la sua epistemologia genetica  arrichendo il tutto con gli scritti di Vygotskij, padre del funzionalismo.

Piccola nota storica: Vygotskij  rischiava di non essere conosciuto in occidente a causa del “diniego” del comunismo, fu proprio Bruner, a farlo conoscere in occidente.

Altro autore padre del cognitivismo, sempre dai miei libri, veniva ritenuto Chomsky, che con i suoi studi sulla grammatica trasformazionale dimostrò come non fosse plausibile che l’apprendimento del linguaggio fosse possibile tramite rinforzi, a causa del fenomeno, da lui stesso definito  “povertà degli stimoli”.

In buona sostanza Chomsky sostiene che il linguaggio sia innato e che più che un’ apprendimento  sia un’ emergenza cognitiva determinata dal maching con lo stimolo acustico-verbale della lingua presente nell’ ambiente in cui il soggetto vive.

Ecco è forse qui che si fa risalire la prima vera rottura tra cognitivismo e comportamentismo, dagli studi Chomsky, studi che però erano specifici per l’acquisizione del linguaggio in termini grammaticali, fonetici-fonologici e lessicali,  mai in termini di apprendimento di regole, comportamenti e comunicazione, tant’è che la deissi è un fattore di velocità dell’apprendimento tutto contestuale, come dimostrato dagli studi sui sordi.

Inoltre è importante ricordare che il concetto di operante  è uno dei più fraintesi sia all’ interno sia all’ esterno dell’ analisi Sperimentale del Comportamento e che soprattutto in Italia giunse prima la critica di Chomsky che il libro di Skinner e non giunse mai, sempre in Italia, la smentita di MacCorquodale che smentì empiricamente tutte le accezioni di Chomsky.

Fatto sta che un filone della psicologia comportamentale-cognitiva ha continuato quelle ricerche e ha dato lo sviluppo a quelle che sono oggi la RFT (Relectional Frame Theory), Irap (Implicit Relational Assessment Procedure (IRAP), che sono alla baase come detto prima di tutte le terapie e i modelli Comportamentli Cognitivi di terza onda.

Altro importante contributo, sempre prima degli anni ’70, poi, è stato dato da Bruner e dall’ enorme contributo di Atikinson e Schifrin da cui sono nate le prime scienze cognitive propriamente dette e definite come HIP : Human Information Processing.

All’ HIP, formato da tutti psicologi sperimentali, dobbiamo le nozioni di  schema cognitivo, da loro è derivata la nozione di rappresentazione, di attenzione selettiva, memoria a magazzini e non monista e quant’altro.

Non cito Fodor e la Teoria modulare button-up e top down, solo per non tediarvi troppo o forse perché, da vero cognitivista e scienziato qual è, nel 2003, ha scritto un bellissimo saggio: “ La mente non funziona così”, criticando tutto il suo approccio teorico-modularista….un’ grande, a mio modesto parere.

 

 

Conclusioni  Chiedo scusa per una lettera così lunga, ma troppo spesso sento delle divergenze anche tra noi che diciamo di voler difendere la CBT dall’attacco degli psicoanalisti, ma la vera domanda è quale CBT vogliamo difendere? Quella basata su evidenze scientifiche non l’ha creata Beck, nasce prima con la psicologia sperimentale.

Quella che si chiama CBT, il nome “forse” lo ha dato Beck è vero, ma è solo della terapia manualizzata di Beck che stiamo parlando?, di una terapia che non ha un passato (il behovarismo, l’ Hip, la psicoanalisi) e che adesso combatte un futuro (la terza ondata)?

Che senso ha il diniego del comportamentismo?

Che senso ne hanno i distinguo?

Ignorare le tecniche, significa ignorare la CBT stessa, perché sono le tecniche, la manualizzazione e la replicabilità a dare  la scientificità a quella che vuole essere chiamata scienza.

Ignorare poi il comportamentismo e il cognitivismo come scienza, significa relegare la psicologia a una scienza di serie B, alla sorella bruttina, quella che si vuole dimenticare, significa non dare la stessa dignità di padri a personaggi come  grandiosi come Skinner, Atikinson, Shiffrin, Bruner, Vygotskij , Piaget  e  a tutti gli altri Psicologi che hanno dato dignità alla nostra scienza.

Vorrei concludere con questa nota presa da Wikipedia:

Il termine “psicologia” divenne popolare nel Settecento, grazie al tedesco Christian Wolff che lo utilizzò per intitolare due sue opere: Psychologia empirica (1732) e Psychologia rationalis (1734). Con queste opere Wolff inaugurò la distinzione fra psicologia empirica e psicologia filosofica: la prima cercava di individuare dei princìpi che potessero spiegare il comportamento dell’anima umana, mentre la seconda indagava sulle facoltà dell’anima stessa. Successivamente, Kant criticò la distinzione di Wolff, negando la possibilità che potesse esistere una psicologia razionale. Kant, comunque, accettò la validità della psicologia empirica, anche se non la considerava scienza esatta, per il fatto che era impossibile applicare la matematica ai fenomeni psichici, mancando ad essi la forma a priori dello spazio. Grazie a Kant si posero le prime basi di una psicologia non più puramente filosofica, ma costruita con criteri empirici.

 

 ARGOMENTO CORRELATO: PSICOTERAPIA COGNITIVA

 

BIBLIOGRAFIA:

  • Hayes, S.C., B Hayes, Barnes-Holmes e B. Roche (Eds.). Relectional Frame Theory: A post Skinnerian account of Human Language and Cognition (pp. 3-20). New York: Kluwer.
  • Hayes, S. C., Hayes, L. J. (1989). The verbal action of listener as a basis of rule-governance. In S.C. Hayes(ed.), Rule governed behaviour: Cognition, contingencies and instructional control (pp. 153-190. New York: Plenum Press.
  • Giovambattista Presti, Philip N. Chase Paolo Moderato(2002) Pensieri, parole e comportamento. Un’analisi funzionale delle relazioni linguistiche, McGraw-Hill
  • Mosticoni, R. (1979). Terapia del Comportamento. Roma: Bulzoni editore.
  • Donald Meichenbaum e lo fece  nell’ articolo “Cognitive behavior  modification”.Morristown, NJ: General Learning Press, 1974.
  • Skinner, B.F. (1957). Verbal behavior. Cambridge: Prentice-Hall, Inc. Trad. it. Il Comportamento Verbale. Roma: Arnaldo Editore, 2008.
  • Luigia Camaioni (1993)  Manuale di Psicologia dello Sviluppo, il Mulino 1994(Seconda Edizione)
  • FonJohn M. Darley (1981)  Fondamenti di Psicologia, Il Mulino, 1991
  • Russ Harrys (2011) Fare ACT, Franco Angeli, 2011
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Michele Pennelli
Michele Pennelli

Psicologo Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale. Perfezionato in Psicopatologia dell’Apprendimento-Insegnante Mindfulness

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