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Alla ricerca dei meccanismi del cambiamento nell’intervento psicologico. Premio State of Mind 2013

Alla ricerca dei meccanismi del cambiamento nell'intervento psicologico. Studio sull'alleanza terapeutica e sulla coesione di gruppo. Premio State of Mind.

Di Redazione

Pubblicato il 21 Gen. 2014

Aggiornato il 14 Set. 2018 11:37

Chiara Scarampi.

 

Alla ricerca dei meccanismi del cambiamento nell’intervento psicologico.

Studio sull’alleanza terapeutica e sulla coesione di gruppo.

 

PREMIO STATE OF MIND 2013

Alla ricerca dei meccanismi del cambiamento nell'intervento psicologico. - Immagine: ©-pressmaster-Fotolia.com-.jpgIl seguente elaborato analizza l’alleanza terapeutica e la coesione di gruppo, fattori che contribuiscono fortemente al miglioramento dei pazienti e rappresentano le più importanti variabili di processo, correlate all’esito della psicoterapia di gruppo.

La ricerca presentata ha voluto esaminare la capacità predittiva che i due costrutti possono avere sugli esiti di un intervento psicologico, ad orientamento cognitivo. Lo studio ha previsto l’utilizzo di videoregistrazioni di incontri di Mental Fitness, organizzati tra il 2009 e il 2011, nell’ambito della psicocardiologia e nell’ambito della formazione di studenti iscritti alla scuola di specializzazione in Psicoterapia Cognitiva di Torino. Gli strumenti utilizzati per valutare l’alleanza e la coesione sono stati rispettivamente il Working Alliance Inventory (WAI) e la Group Cohesiveness Scale (GCS).

I risultati evidenziano un andamento crescente dei due costrutti tra la prima e la quarta seduta, con una differenza statisticamente rilevante tra le due misurazioni. Inoltre emerge la connessione tra i due costrutti, anche se essi rappresentano due differenti aspetti del processo terapeutico di gruppo.

Dalle analisi effettuate si evince che l’alleanza e la coesione, valutate alla quarta seduta, influiscono positivamente su aspetti quali: la percezione della qualità della vita (in particolare nelle relazioni sociali e nell’ambiente di vita), la prevenzione di un pensiero orientato all’esterno, la capacità a identificare le emozioni, le capacità di coping focalizzate sulle emozioni e sul problema e la compliance alle indicazioni terapeutiche. Inoltre si evidenzia un’associazione significativa con la riduzione dell’utilizzo di strategie di coping disfunzionali.

Questi risultati confermano quanto è emerso da altri studi, che hanno rilevato l’importanza dei due costrutti come fattori curativi presenti nell’intervento psicologico di gruppo.

Abstract. The following paper examines therapeutic alliance and group cohesion, which constitute important mechanisms of change in group intervention and are predictive of successful goal attainment. They have been found to be the major variables in predicting treatment outcome across a range of patient populations in varied settings.

The aim of the current study was to conduct an analysis of the contribution to outcome of therapeutic alliance and group cohesion in a cognitive treatment. We used videotaped group sessions of a cognitive intervention called Mental Fitness, organized between 2009 and 2011 within a psychocardiology program and a training for some students of the Superordinate School of Cognitive Psychotherapy in Turin.

The alliance was assessed using the observer version of the Working Alliance Inventory (WAI), while cohesion ratings were made using the Harvard Health Plan Group Cohesiveness Scale (GCS).

The results highlighted an increasing trend of the two variables among the first and the last session, with a statistically significant difference between the two measurements. Moreover, the results showed that cohesion and alliance were related concepts, even though they represented two different aspects of the group therapeutic process.

Both therapeutic alliance and group cohesion were found to have a significant effect on many clinical outcome such as: perception of life quality (especially in social relationships and life environment), prevention of an external oriented thinking, ability in identifying emotions, coping abilities focused on emotions and problems, and compliance with therapeutic indications. In addition, the research showed a significant association with a reduction in the use of dysfunctional coping strategies.

These results confirmed findings from others studies, pointing out the importance of the two constructs as curative factors in the psychological group intervention.

 

Parole-chiave: alleanza terapeutica; coesione di gruppo; relazione terapeutica; efficacia clinica; processi di gruppo

Keywords: therapeutic alliance; group cohesion; therapeutic relationship; clinical effectiveness; group processes

 

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ARTICOLI SU: RELAZIONE TERAPEUTICA

 

INTRODUZIONE

 

Nel corso degli anni, molti studi hanno evidenziato l’importanza e l’efficacia nella psicoterapia dei fattori “aspecifici”, trasversali ai modelli terapeutici, individuando come fattore aspecifico per eccellenza la qualità della relazione terapeutica, intesa come la capacità del paziente e del terapeuta di costruire un’alleanza, ossia promuovere sforzi congiunti per raggiungere obiettivi comuni, nel contesto di una relazione che abbia caratteristiche di sicurezza e fiducia.

Ultimamente l’interesse dei ricercatori si è spostato verso le forti potenzialità della terapia di gruppo. Le ricerche finora compiute hanno ampiamente confermato che questo tipo di trattamento è efficace tanto quanto quello individuale (MacKenzie & Livesley, 1986; Burlingame, MacKenzie & Strauss, 2004). Tuttavia, anche se questi due tipi di intervento possono vantare valutazioni comparabili in termini di efficacia, i meccanismi con cui si raggiungono il cambiamento e il successo sono innegabilmente differenti (Johnson, Pulsipher, Ferrin, Burlingame, Davies & Gleave, 2006).

La processualità di un gruppo terapeutico è difficilmente riconducibile a quella della psicoterapia individuale. Mentre il processo terapeutico individuale si fonda sull’unica relazione diadica paziente-terapeuta e sugli interventi di quest’ultimo, lo scenario in cui si svolgono le terapie di gruppo è notevolmente più complesso. In tale contesto si viene a creare un universo relazionale (costituito dall’insieme delle interazioni che si svolgono tra pazienti del gruppo, tra pazienti e terapeuta e tra pazienti e il gruppo nel suo complesso) di uguale, se non maggiore beneficio rispetto alla singola relazione con il terapeuta (Holmes & Kivlighan, 2000) e un’atmosfera emozionale caratteristica del “qui ed ora” che contraddistingue quello specifico gruppo.

L’intreccio tra le innumerevoli variabili che concorrono ad influenzare l’andamento di una psicoterapia di gruppo fa sì che alcune questioni sorgano fin dalla operazionalizzazione dei costrutti presi in considerazione (Strauss, Burlingame & Bormann, 2008; Lo Coco, Prestano & Lo Verso, 2008). Le misure disponibili si possono collocare a livelli differenti di astrazione rispetto a un determinato aspetto (o più aspetti) del processo terapeutico. A conferma di quanto detto si può far riferimento alla coesione di gruppo e all’alleanza terapeutica in quanto i loro punti di sovrapposizione implicano il riferimento congiunto ai due costrutti (Gargano, Lenzo, Salanitro, Camizzi, & Lo Verso, 2010). La coesione di gruppo e l’alleanza terapeutica sono due elementi che contribuiscono fortemente al miglioramento dei pazienti.

Gli studiosi sono concordi nel definire l’alleanza terapeutica come la parte collaborativa della relazione diadica tra paziente e terapeuta (Bordin, 1979). Essa è una delle variabili maggiormente predittive di esito positivo del trattamento di gruppo, indipendentemente dai modelli teorici di riferimento del terapeuta (Horvath, 1994; Martin, Garske & Davis, 2000). È stata studiata approfonditamente negli ultimi anni, tuttavia in misura minore rispetto alle terapie duali e spesso trascurando le alleanze incrociate che si verificano in gruppo e che sono parte integrante del processo di cura. Inoltre, gli strumenti attualmente più usati in psicoterapia di gruppo, per la sua valutazione, sono insufficienti a spiegarne le caratteristiche in quanto valutano solamente il legame tra terapeuta e paziente e il loro accordo sugli obiettivi della terapia. Vengono trascurate, ancora una volta, le relazioni e le molteplici alleanze presenti nel gruppo.

La coesione invece è comunemente definita come un’atmosfera positiva che si viene a creare all’interno del gruppo (Dion, 2000). Essa attiene al senso di appartenenza, di fiducia, di sicurezza che sperimentano i pazienti di un gruppo (Mc Callum, Piper, Ogrodniczuk & Joyce, 2002). È stato mostrato come essa sia in relazione con il miglioramento dei pazienti (MacKenzie & Tschuschke, 1993), anche se altri autori (Bednar & Kaul, 1994) evidenziano come non vi sia ancora consenso rispetto al significato del termine, sia sul piano teorico, sia su quello operazionale (prova ne è la moltitudine di strumenti utilizzati per studiarla). Risulta pertanto difficile generalizzare queste conclusioni. Tuttavia, la coesione è uno dei fattori terapeutici di gruppo (Yalom & Lesczc, 1995) più studiati poiché se ne riconosce l’importanza clinica ed è dimostrato che la coesione è particolarmente correlata all’alleanza terapeutica (Budman, Soldz, Demby, Feldstein, Springer & Davis, 1989; Gillaspy, Wright, Campbell, Stokes & Adinoff, 2002; Marziali, Monroe–Blum & McCleary, 1997).

 

Teoricamente, molti autori sostengono che la coesione e l’alleanza sono concetti equivalenti e sovrapponibili (Fuhriman & Burlingame, 1990) in quanto la coesione può essere vista come l’insieme delle possibili alleanze che si instaurano tra i vari tipi di relazione (membro-membro, membro-leader, membro-gruppo) (Burlingame, Fuhriman & Johnson, 2002). Altri studiosi ritengono invece che essi rappresentano processi differenti, in quanto la coesione è un concetto più complesso rispetto all’alleanza (Joyce, Piper & Ogrodniczuk, 2007; Marziali et al., 1997).

Marrone (2001) suggerisce di considerare tali fattori come interdipendenti in quanto hanno confini molto sfumati e si manifestano con diversa intensità nei vari gruppi, ma anche all’interno di uno stesso gruppo, nelle persone o nei diversi momenti delle sedute.

 

L’alleanza e la coesione vengono considerate le variabili più importanti che descrivono i processi positivi nella terapia di gruppo (Bernard et al., 2008). Tuttavia, molte questioni che concernono le relazioni teoriche ed empiriche tra questi due processi necessitano ulteriori studi poiché emerge una discordanza tra i risultati delle ricerche finora effettuate (Bakali, Baldwin & Lorentzen, 2009; Johnson, 2007).

Il loro approfondimento è particolarmente difficile e richiede la costruzione di un complesso disegno di ricerca. Allo stesso tempo, si tratta di una tipologia di ricerca molto vicina alla clinica che consente di pensare, capire e approfondire le pratiche terapeutiche. Essa permette di migliorare la conoscenza, la qualità e l’efficacia rispetto a ciò che realmente avviene nel contesto terapeutico, non limitandosi a considerare esclusivamente i modelli teorici adottati (Lo Verso & Ruvolo, 2010).

 

A partire da queste premesse si è proceduto a realizzare una ricerca che perseguisse i seguenti obiettivi:

Monitorare l’andamento della coesione e dell’alleanza nel corso delle sedute;

Verificare in quale misura i fattori di alleanza e coesione siano legati all’esito della terapia;

Verificare la riduzione sintomatica a circa sei mesi dal termine del trattamento;

Studiare la relazione tra l’alleanza terapeutica e la coesione di gruppo per verificare se rappresentano aspetti distinti del processo di gruppo.

METODO

 

Partecipanti

 

La ricerca ha coinvolto un totale di 63 persone appartenenti a due campioni differenti: un gruppo di pazienti seguiti dal reparto di Cardiologia dell’ospedale Molinette di Torino e un gruppo di studenti della scuola di specializzazione in Psicoterapia Cognitiva di Torino.

Il primo campione era composto da 28 persone (4 F, 24 M) di età compresa tra i 43 e i 70 anni (età media 58,6 ± 8,3 ) che a seconda del locus of control per la salute (64,3% con locus of control interno e 35,7% locus of control esterno) sono state suddivise in 8 gruppi (numero medio di partecipanti per gruppo 3,5 ± 0,76). Tutti i partecipanti erano accomunati da un precedente evento cardiaco (82,1% infarto, 17,9% angina).

Il secondo campione era costituito da 35 studenti specializzandi (30 F, 5 M) di età compresa tra i 26 e i 51 anni (età media 31 ± 5,9) che a seconda del locus of control per la salute (71,4% con locus of control interno e 28,6% con locus of control esterno) sono stati suddivisi in 7 gruppi (numero medio di partecipanti per gruppo 5,29 ± 0,95).

 

Al fine di valutare l’alleanza terapeutica e la coesione di gruppo sono state utilizzate videoregistrazioni di incontri di Mental Fitness, organizzati con i due campioni.

Mental Fitness è un protocollo di intervento ideato dal gruppo di ricerca del Professor Bara dell’Università di Torino, in relazione a un progetto di psicocardiologia orientato a migliorare la qualità della vita e l’aderenza alle prescrizioni mediche di pazienti infartuati.

 

Inizialmente, in base ai risultati ottenuti attraverso la compilazione della Multidimensional Health Locus of Control scale (MHLC) (Wallston, Wallston & DeVellis, 1978), i partecipanti sono stati organizzati in piccoli gruppi (da 3 a 6 membri), alcuni composti da soggetti con locus of control per la salute interno e altri formati da individui con locus of control per la salute esterno.

Sono stati previsti quattro incontri settimanali della durata di 90 minuti l’uno, con obiettivi differenti a seconda del Locus of Control dei componenti di ogni gruppo.

Ad ogni incontro erano presenti un conduttore e un co-conduttore, psicologi ad orientamento cognitivista, adeguatamente formati per la conduzione di tali gruppi. In totale hanno preso parte al progetto di ricerca 4 psicologi che hanno condotto dai 2 ai 5 gruppi ciascuno e 6 co-conduttori.

 

 

Strumenti

 

La scelta degli strumenti è stata preceduta da un approfondito esame della recente letteratura relativa alla tematica studiata, al fine di valutare i risultati ottenuti dalle ricerche finora effettuate e gli strumenti più frequentemente utilizzati e validati. Si è poi proceduto a contattare i creatori delle scale per procurare il materiale necessario e ottenere la licenza per il loro utilizzo.

 

L’alleanza terapeutica

 

Per valutare l’alleanza terapeutica è stato utilizzato il Working Alliance Inventory-Observer Rated (WAI-O) (Horvath & Greenberg, 1981, 1982). Si tratta di uno strumento basato sul modello panteorico di Bordin e creato per studiare l’alleanza come fattore terapeutico comune a tutti i tipi di trattamento, tramite una definizione basata su un modello generale di terapia. Esso considera l’alleanza come rapporto collaborativo e interattivo tra paziente e terapeuta, in grado di indurre un cambiamento.

Lo strumento è costituito da un fattore generale di alleanza e tre fattori specifici di ordine inferiore corrispondenti alle tre componenti individuate da Bordin (Legame, Accordi sui Metodi, Accordo sugli Obiettivi). Il legame è costituito da relazioni interpersonali positive tra paziente e terapeuta, quali confidenza, accettazione e fiducia reciproca. I metodi sono le attività terapeutiche alla base del processo terapeutico. Gli obiettivi rappresentano gli scopi da raggiungere tramite il processo terapeutico.

Nell’indagine qui presentata è stata utilizzata la versione per l’osservatore esterno (WAI-O) di Raue, Goldfried e Barkham (1997), composta da 36 item misurati su una scala di tipo Likert a 7 punti.

La scelta dello strumento di valutazione è ricaduta sul WAI-O in quanto fa riferimento a una visione panteorica del concetto di alleanza che trascende i vari modelli di analisi ed integra i diversi contributi e le precedenti formulazioni di questo costrutto in una definizione operativa e consensuale. Esso considera l’alleanza come fattore relazionale comune che agisce in ogni processo terapeutico di cambiamento e, pertanto, è applicabile anche nell’ambito degli interventi di Mental Fitness.

La coesione di gruppo

 

Per valutare la coesione di gruppo è stata utilizzata la seconda versione dell’Harvard Community Health Plan Group Cohesiveness Scale (GCS) (Budman, Demby, Koppenaal, Sabin-Daley, Scherz, Hunter, … & Feldstein, 1982; Budman et al.,1989), strumento che considera la coesione come caratteristica osservabile del funzionamento del gruppo e valutabile da osservatori partecipanti (terapeuta) o non partecipanti (giudici che visionano le videoregistrazioni delle sedute). Questo fenomeno viene definito come “group connectedness, demonstrated by working together toward a common therapeutic goal, constructive engagement around common themes, and openness to sharing personal material” (Soldz et al., 1987).

La GCS è stata disegnata per segmenti di 30 minuti ricavati da sedute di gruppo di 90 minuti. Le valutazioni vengono effettuate da giudici indipendenti su una scala Likert a 9 punti e riguardano le seguenti dimensioni:

Global Cohesiveness: misura il senso globale di coesione dimostrata nella seduta ed evidenzia la necessità di non fornire giudizi basati esclusivamente sulla media o sulla somma dei punteggi delle sottoscale;

Focus: misura il grado in cui le discussioni riflettono un ordine del giorno con coerenza tematica;

Interest/Involvement: misura il grado in cui i membri dimostrano interesse e coinvolgimento verbale e non verbale verso le discussioni del gruppo;

Trust: misura il grado in cui i membri sono disponibili a condividere esperienze personali;

Facilitative Behavior: misura il grado in cui i componenti del gruppo si impegnano in comportamenti volti a promuovere una costruttiva esplorazione affettiva e la crescita personale negli altri membri;

Bonding: valuta in quale misura i membri appaiono connessi l’uno all’altro, sulla base dell’attrazione e del calore reciproci;

Global Quality: misura quanto il segmento valutato è indicativo di una seduta terapeutica di gruppo, ovvero quanto si avvicina all’ideale del processo terapeutico secondo il giudice;

Affective Intensity: valuta la forza delle tonalità emotive manifestate in gruppo, includendo sia gli affetti positivi, sia quelli negativi;

Conflict: misura i comportamenti di disaccordo e di sfida che comportano tensioni crescenti.

 

La scelta dello strumento per valutare la coesione è stata più difficile rispetto alla decisione presa in merito all’utilizzo del WAI. Sono stati individuati pochi strumenti in grado di valutare la coesione dal punto di vista di un osservatore esterno e sono state notevoli le difficoltà a reperirli. La scelta è dunque ricaduta sulla GCS-II dopo averne verificato l’attendibilità e aver riscontrato il suo utilizzo in altri studi recenti. Inoltre è sembrato interessante in quanto il costrutto prende in considerazione le dinamiche del gruppo nel suo insieme e non solo le relazioni tra i singoli partecipanti.

 

Le misure degli outcome

 

Al fine di confrontare l’alleanza e la coesione in relazione agli esiti del trattamento sono stati utilizzati alcuni dati relativi alla ricerca sull’efficacia dell’intervento di Mental Fitness che prevedevano, per la valutazione psicologica, i seguenti strumenti:

Multidimensional Health Locus of Control scale (MHLC) (Wallston et al., 1978; Wallston et al., 1999): si tratta di una scala disegnata per valutare le credenze di una persona in relazione alle cause che determinano il proprio stato di salute: le azioni individuali oppure le azioni di altre persone, del fato, della fortuna, ecc. È possibile distinguere il locus of control per la salute interno e il locus of control per la salute esterno.

Twenty-Item Toronto Alexithymia Scale (TAS-20) (Bagby, Parker & Taylor, 1994): è il test attualmente più diffuso e affidabile per la diagnosi dell’alessitimia. Nella valutazione dei dati, oltre alle informazioni relative alla somma totale dei singoli punteggi di ogni item, è possibile calcolare i punteggi che valutano tre caratteristiche del disturbo: la difficoltà nell’identificare i sentimenti, la difficoltà nel comunicare e descrivere i sentimenti agli altri e il pensiero orientato all’esterno e raramente verso i propri processi endopsichici.

Brief Cope (Carver, 1997): si tratta di uno strumento utilizzato per misurare la capacità di coping sia in situazioni di normalità sia in situazioni stressanti. Vengono valutate strategie di coping mirate alla soluzione del problema che genera stress, strategie focalizzate sugli aspetti emotivi connessi all’evento stressante e strategie disfunzionali.

World Health Organization Quality of Life (WHOQOL) (World Health Organization [WHO], 1998): è un questionario che analizza e registra la qualità della vita percepita dal soggetto in riferimento a quattro specifici ambiti: la salute fisica, la salute psicologica, le relazioni sociali e le condizioni ambientali.

 

Per il campione composto da pazienti seguiti dal reparto di Cardiologia dell’ospedale Molinette di Torino è stata inoltre effettuata una valutazione medica che ha esaminato outcome primari (mortalità e morbilità) e outcome secondari (funzionamento cardiaco, stato di guarigione misurato attraverso il diabete, il fumo, la pressione arteriosa, il colesterolo e l’aderenza al trattamento).

 

RISULTATI

 

L’attendibilità dei dati

 

Per valutare l’attendibilità dei dati ottenuti e il grado di omogeneità tra le osservazioni dei due valutatori (interjudge reliability) è stato calcolato il coefficiente di correlazione intraclasse (ICC).

Per il campione di pazienti i punteggio di correlazione intraclasse totali ottenuti indicano che i giudici hanno stabilito rispettivamente l’85% e il 78% di accordo sulla loro valutazione della coesione e dell’alleanza. Per il campione composto da studenti i valori indicano invece un accordo del 99,9% per la valutazione della coesione e del 93% per l’alleanza.

 

L’andamento delle variabili nel corso del tempo

 

A partire dalle osservazioni effettuate si sono volute analizzare, da un punto di vista inferenziale, le eventuali differenze osservabili tra le medie campionarie dei punteggi. A tale scopo è stato utilizzato il t-test tra le valutazioni relative alla prima e alla quarta seduta. Inoltre sono stati costruiti alcuni grafici per verificare visibilmente l’andamento delle due variabili nel corso delle quattro sedute.

Per entrambi i campioni l’alleanza con il conduttore e la coesione del gruppo sono sempre aumentate con il procedere degli incontri, con una differenza statisticamente rilevante tra le due misurazioni.

 

La relazione con gli outcome fisici e psicologici dell’intervento

 

Per verificare l’esistenza di una correlazione delle due variabili con gli esiti del trattamento è stato calcolato l’indice di correlazione di Pearson tra la media dei punteggi in quarta seduta, forniti dai due valutatori, e i residui standardizzati, calcolati sui dati relativi agli outcome psicologici e medici che, per la ricerca sull’efficacia del Mental Fitness, sono stati misurati precedentemente e successivamente all’intervento. Per calcolare i residui standardizzati è stata calcolata una regressione lineare, ponendo come variabili indipendenti le misure degli outcome prima dell’intervento di Mental Fitness e come variabili dipendenti i dati relativi agli outcome valutati successivamente all’intervento.

 

1. Correlazione tra alleanza terapeutica e outcome nel campione di pazienti cardiopatici

I risultati significativi ottenuti dalla correlazione tra alleanza terapeutica e outcome fisici e psicologi sono presentati sulla tabella 1. riportata in appendice.

La correlazione negativa tra l’alleanza e la sottoscala “Externally oriented thinking” della TAS indica la capacità del costrutto di influire sulla riduzione dell’utilizzo di un pensiero orientato all’esterno. Questo risultato può essere attribuito a uno dei focus caratteristici dell’intervento di Mental Fitness, volto ad approfondire e ad aumentare il grado di attenzione verso il proprio mondo interno ed emozionale.

Un altro importante risultato emerso è riferito all’influenza che l’alleanza esercita sul miglioramento della qualità della vita, dimostrata dalla correlazione tra diverse sottoscale del WHOQoL e tutte le misure del WAI. In particolare, si evince come la costruzione di una buona alleanza con il conduttore correli positivamente con il miglioramento delle relazioni sociali.

La sottoscala “Bond” del WAI ha mostrato una forte correlazione con la misura delle strategie di coping centrate sul problema che evidenzia la capacità dell’alleanza di incrementare il loro utilizzo da parte dei pazienti cardiopatici. Questo dato potrebbe essere spiegato dall’attenzione che il gruppo ha rivolto al riconoscimento e all’accettazione dei pensieri e delle emozioni nel qui e ora. Tale lavoro potrebbe aver aumentato la capacità dei partecipanti di reagire agli stimoli, di attribuire loro un significato e di ridurre la propria dipendenza dalle situazioni di vita incontrate.

Infine sono emerse correlazioni significative tra la misura della glicemia, la sottoscala dell’alleanza relativa all’accordo sui metodi e la sua misurazione totale. Esse indicano che l’alleanza terapeutica incide sul controllo della glicemia. La relazione tra le due variabili potrebbe essere dovuta al lavoro effettuato durante l’intervento di Mental Fitness, che ha previsto la discussione su tematiche fortemente sentite dai pazienti, quali: la patologia cardiaca, l’evento critico e l’esperienza personale vissuta a tal riguardo. Il confronto con altre persone, caratterizzate dalle stesse problematiche, potrebbe aver aumentato la compliance verso le indicazioni mediche e, di conseguenza, aver favorito l’osservanza di prescrizioni e consigli relativi alle abitudini alimentari e di conseguenza alla glicemia.

2. Correlazione tra alleanza terapeutica e outcome nel campione di studenti specializzandi

I risultati ottenuti per il campione costituito da studenti specializzandi confermano, per quanto riguarda le correlazioni negative tra l’alleanza e la sottoscala “Externally oriented thinking” della TAS e tra l’alleanza e la sottoscala “Problem focused” del Bcope, quelli ottenuti per i pazienti. L’associazione negativa tra il pensiero orientato all’esterno e l’alleanza con il conduttore del gruppo può essere attribuita all’obiettivo di rivolgere maggiore attenzione al proprio mondo interno, caratterizzante l’intervento di Mental Fitness, mentre il miglioramento nelle relazioni sociali può essere stato influenzato dai processi che si sono attivati durante gli incontri.

Inoltre è emersa una correlazione tra la riduzione dell’utilizzo di strategie di coping focalizzate sul problema e le sottoscale del WAI, relative all’accordo sui metodi e sugli obiettivi dell’intervento. Questo risultato va in direzione opposta alle nostre aspettative. Una possibile spiegazione potrebbe essere legata all’attenzione dei partecipanti, più rivolta all’espressione emotiva e al riconoscimento dell’importanza delle emozioni nell’affrontare nuove strategie comportamentali di padroneggiamento delle situazioni problematiche.

Infine è emersa l’influenza positiva dell’alleanza sulla riduzione dell’utilizzo di strategie di coping disfunzionale. Essa può essere interpretata come un esito legato alla focalizzazione delle sedute di Mental Fitness sulla consapevolezza dei propri stati mentali. Tale presa di coscienza potrebbe aver fornito ai partecipanti la possibilità di sperimentare nuove modalità atte a saper utilizzare i vissuti personali per affrontare in modo alternativo situazioni diverse.

 

3. Correlazione tra coesione di gruppo e outcome nel campione di pazienti cardiopatici

Come si evince dai dati riportati in appendice sulla tabella 2., dalla correlazione tra la coesione di gruppo e gli esiti del trattamento sono emersi alcuni risultati inaspettati: la correlazione positiva tra la coesione e la difficoltà a identificare i sentimenti e tra la coesione e l’indice di massa corporea, nonché l’associazione negativa tra la coesione e la percezione della qualità dell’ambiente di vita. Questi risultati possono essere giustificati da alcuni limiti metodologici, riscontrati nell’utilizzo della GCS, primo tra i quali la difficoltà dei giudici a interpretare con gli stessi criteri alcuni costrutti.

È emersa una buona capacità predittiva sul miglioramento della percezione della qualità della vita. La costruzione di una buona coesione tra i membri del gruppo e i comportamenti volti a promuovere negli altri la crescita personale correlano positivamente con il miglioramento delle relazioni sociali. È inoltre possibile osservare una forte correlazione tra la presenza di conflittualità durante le sedute e una diminuzione nella qualità di vita generale percepita. Si può pensare che l’incapacità dei membri del gruppo a cooperare per il raggiungimento di obiettivi comuni influisca negativamente sul benessere percepito in relazione alla propria vita in generale.

Un altro importante risultato riguarda la correlazione tra fiducia tra i membri del gruppo e maggiore utilizzo di strategie di coping centrate sul problema e sulle emozioni, che va nella direzione di una maggiore efficacia dell’intervento psicologico quando la fiducia tra i membri del gruppo è più forte.

 

4. Correlazione tra coesione di gruppo e outcome nel campione di studenti specializzandi

Anche dalla correlazione tra la coesione di gruppo e gli esiti del trattamento per gli studenti sono emersi due risultati inaspettati (Tabella 2.) che riguardano la correlazione negativa tra la coesione e la percezione della qualità dell’ambiente di vita e l’associazione positiva tra la coesione e l’utilizzo di strategie di coping disfunzionali. Questi risultati possono essere giustificati da alcuni limiti riscontrati nell’utilizzo della GCS, soprattutto dalla difficoltà riscontrata dai giudici nell’interpretare alcuni costrutti secondo modalità condivise.

Si potrebbe anche ipotizzare che il percepire un ambiente di vita più ostile comporti una tendenza ad aumentare la vicinanza ad un gruppo di persone con caratteristiche simili.

 

Il confronto tra l’alleanza terapeutica e la coesione di gruppo

 

L’ultima analisi effettuata ha previsto la verifica dell’esistenza di una correlazione tra i due costrutti indagati. A tal proposito è stato calcolato l’indice di correlazione di Pearson tra la media dei punteggi, forniti dai due valutatori, in relazione all’alleanza terapeutica e alla coesione di gruppo. I risultati significativi sono presentati sulla tabella 3. in appendice.

Per il calcolo della correlazione si è fatto riferimento ai punteggi del WAI e della GCS relativi al primo e all’ultimo incontro dell’intervento di Mental Fitness.

 

I risultati ottenuti per il campione di pazienti fanno pensare che la scala relativa all’alleanza e la scala relativa alla coesione misurino aspetti differenti dei processi che si attivano nell’intervento di gruppo.

Per gli studenti, invece, alcune sottoscale, volte a rilevare rispettivamente l’alleanza e la coesione, sono risultate significativamente correlate. Questo risultato può indicare che i due costrutti sono altamente connessi tra loro. Tale associazione conferma i dati ottenuti in altri studi presenti in letteratura (Budman et al., 1989; Gillaspy et al., 2002).

Una possibile interpretazione potrebbe attribuire la correlazione agli aspetti simili che caratterizzano l’alleanza e la coesione di gruppo dal punto di vista teorico. Entrambi i concetti vengono definiti in funzione del legame creato e del lavoro svolto nel gruppo. Clinicamente, si può pensare che il rapporto e l’impegno nei confronti degli altri (coesione) si manifestino quando i membri del gruppo e il conduttore sono d’accordo e lavorano insieme per il raggiungimento degli obiettivi terapeutici. Allo stesso modo, la fiducia, il rispetto e la sensibilità verso il gruppo sembrano rappresentare i prerequisiti per essere reciprocamente supportivi e spontanei.

Tuttavia, l’assenza di associazioni positive tra alleanza e coesione, riscontrabili in entrambe le sedute, valutate per il campione di pazienti e nell’ultima seduta per gli studenti, potrebbe indicare l’esistenza di possibili differenze tra i due costrutti.

 

DISCUSSIONE

 

Lo scopo dell’indagine qui descritta è stato quello di studiare la costruzione dell’alleanza terapeutica e della coesione di gruppo con un campione di pazienti cardiopatici e un campione di studenti specializzandi in un intervento psicologico ad orientamento cognitivo. Gli obiettivi principali che hanno guidato la ricerca sono stati tre:

monitorare l’andamento delle due variabili nel corso delle quattro sedute previste per il Mental Fitness;

indagare la correlazione tra le due variabili e gli esiti dell’intervento;

studiare la relazione tra l’alleanza e la coesione per verificare se rappresentano aspetti differenti riscontrabili nel processo terapeutico di gruppo.

 

1. Per quanto riguarda il primo obiettivo, è stato osservato l’andamento di alleanza terapeutica e coesione di gruppo per studiarne l’evoluzione nel tempo. Dai risultati emergono concordanze con altri studi, già presenti in letteratura, che evidenziano un andamento crescente delle due variabili con il procedere degli incontri. Durante l’intervento di Mental Fitness la coesione del gruppo e l’alleanza tra i singoli membri e il conduttore sono sempre aumentate tra la prima e la quarta seduta, con una differenza statisticamente rilevante tra le due misurazioni.

Una possibile spiegazione per l’andamento seguito dalle due variabili potrebbe essere attribuita ai processi di socializzazione e interazione attivati dai membri dei gruppi con il procedere degli incontri. Essi potrebbero aver stimolato nei partecipanti l’acquisizione di una maggiore capacità di apertura e confronto, la nascita di un legame con gli altri membri e il conduttore, la crescita della fiducia verso gli obiettivi dell’intervento, la consapevolezza della sua utilità, lo stimolo ad impegnarsi nell’ottica del cambiamento e, di conseguenza, la formazione graduale dell’alleanza e della coesione.

 

2. Per quanto riguarda il secondo obiettivo è stata valutata l’alleanza di ogni membro con il conduttore del gruppo e non l’alleanza del gruppo nel suo insieme. Nel valutare la coesione i giudici hanno invece avuto il compito di giudicare il funzionamento del gruppo e non semplicemente quello dei singoli partecipanti.

L’alleanza è risultata essere un buon predittore del miglioramento dei seguenti aspetti: la prevenzione di un pensiero orientato all’esterno, la qualità della vita (in particolare nelle relazioni sociali), le capacità di coping focalizzate sul problema e il controllo della glicemia. È inoltre emersa un’associazione significativa con la riduzione dell’utilizzo di strategie di coping disfunzionali.

Questi risultati confermano quanto è emerso da altri studi effettuati nel setting terapeutico di gruppo, che hanno evidenziato come l’alleanza sia un attendibile predittore degli outcome (Marziali et al., 1997; Brown & O’Leary, 2000; Taft, Murphy, King, Musser & DeDeyn, 2003; van Andel, Erdman, Karsdorp, Appels & Trijsburg, 2003).

 

Anche la coesione di gruppo ha un buon potere predittivo su alcune misure d’esito. In particolare è stata verificata l’influenza che il costrutto può avere rispetto ai seguenti aspetti: il miglioramento della qualità della vita percepita, in particolare delle relazioni sociali, le capacità di coping focalizzate sull’emozione e quelle basate sul pensiero.

Questi risultati possono essere una conferma di quanto sostenuto da diversi ricercatori (Tschuschke & Dies, 1994, Yalom & Lesczc, 2005; Burlingame, McClendon & Alonso, 2011; Hornsey, Olsen, Barlow & Oei, 2011) circa il potere predittivo della coesione di gruppo sul miglioramento dei pazienti nell’ambito di diversi tipologie di trattamento, rivolte a molteplici problematiche.

 

Da quanto emerso si può affermare che l’alleanza terapeutica e la coesione di gruppo rappresentano due fattori curativi (sia direttamente, sia come mediatori) presenti nell’intervento psicologico di gruppo.

 

3. Per quanto riguarda il terzo obiettivo il risultato che alcune sottoscale del WAI e della GCS-II siano significativamente correlate può indicare che i due costrutti sono connessi tra loro. Tale associazione conferma i dati ottenuti in altri studi (Budman et al., 1989; Gillaspy et al., 2002). Tuttavia, essi rappresentano due differenti aspetti del processo terapeutico di gruppo, in particolare la coesione di gruppo si focalizza sulle transazioni membro-membro, mentre l’alleanza si riferisce alle interazioni membro-terapeuta. Si può pensare che la collaborazione nello svolgimento dei compiti volti al raggiungimento degli obiettivi terapeutici sia una delle componenti principali dell’alleanza (Bordin, 1979), mentre l’impegno, l’accettazione e i sentimenti verso l’altro siano aspetti che caratterizzano maggiormente la coesione (Crouch, Bloch & Wanlass, 1994; Yalom & Lesczc, 1995).

 

Potenzialità e limiti della ricerca

 

Lo studio si propone come una conferma dei risultati più importanti finora ottenuti dalle ricerche rivolte all’indagine dei processi terapeutici di gruppo.

Si può sostenere che la scelta degli strumenti (il WAI per lo studio della relazione tra soggetto e conduttore e la GCS per l’indagine della coesione tra i membri del gruppo) può aver avuto il merito di approfondire aspetti diversi che caratterizzano i processi che si attivano in un gruppo terapeutico.

Un punto di forza relativo alla metodologia della ricerca riguarda l’utilizzo di valutazioni fornite da osservatori esterni che hanno permesso di evitare le problematiche relative all’utilizzo di scale self-report, quali: l’eventuale mal interpretazione degli item, la scarsa attenzione nella compilazione del test e la possibilità che nella compilazione degli item i soggetti mettano in atto un atteggiamento difensivo, in modo da trasmettere un’immagine positiva di sé conforme alla desiderabilità sociale.

 

Oltre alle positività sopraelencate lo studio qui presentato ha anche riscontrato alcuni limiti.

L’esiguo numero di partecipanti ha permesso di raccogliere un ridotto numero di dati. Poiché ogni gruppo contava pochi componenti, le dinamiche sono emerse in modo sottile e difficilmente riconoscibile. Inoltre, è stato utilizzato un “campione di comodo” che ha fatto riferimento ad altri due progetti di ricerca già terminati. Lo studio si è pertanto potuto basare esclusivamente su valutazioni fornite da osservatori esterni e non ha potuto verificare le potenziali differenze con le prospettive offerte dal terapeuta e dai partecipanti agli incontri.

La breve durata del Mental Fitness non ha permesso di verificare le possibili fluttuazioni nelle variabili studiate, secondo l’ipotesi che la coesione e l’alleanza sono fenomeni dinamici e non statici. Un ulteriore follow-up oltre a quello effettuato avrebbe consentito di valutare gli effetti delle due variabili anche più a lungo termine.

Un ulteriore limite è messo in evidenza dagli studi sugli errori nella metodologia di ricerca i quali indicano che anche costrutti non correlati spesso sono altamente correlati se misurati con lo stesso metodo (Allen & Yen, 1979). Poiché nella presente indagine tutti i costrutti sono stati misurati con questionari rivolti a osservatori esterni, i risultati positivi, relativi alla correlazione tra le sottoscale, potrebbero riflettere, in qualche misura, gli effetti del metodo, anziché correlazioni tra i costrutti che i questionari intendono misurare (Johnson, Burlingame, Olsen, Davies & Gleave, 2005).

 

Note sull’applicazione degli strumenti

 

Da parte dei giudici che hanno fornito le valutazioni è stata riscontrata una forte difficoltà a rispondere ad alcune domande dei questionari a causa della struttura dell’intervento di Mental Fitness. Soprattutto per il WAI, nonostante sia uno strumento costruito su un modello panteorico di alleanza è stato difficile riscontrare, nelle sedute dell’intervento, alcuni elementi e alcune dinamiche indagate dal questionario.

Alcuni item, inoltre, sembrano più adatti a interventi meno strutturati e di maggior durata rispetto al Mental Fitness, a interventi che permettano di approfondire la percezione dei singoli partecipanti rispetto a ciò su cui si focalizza l’attenzione nel gruppo e a interventi che lascino maggior spazio all’esposizione delle problematiche e dei punti di vista dei pazienti.

Anche per la GCS è stato difficile individuare alcune variabili da indagare e attribuire la giusta importanza agli elementi apparentemente significativi e spesso poco evidenti. Inoltre, alcuni costrutti potevano essere interpretati secondo modalità personali ed è stato difficoltoso per i due giudici riuscire a individuare indicatori di riferimento sui quali basare le valutazioni.

 

Suggerimenti per ricerche e studi futuri

 

I limiti sopra elencati non permettono di generalizzare i risultati ottenuti, ma offrono uno spunto di riflessione per ulteriori ricerche.

Sarebbe interessante compiere uno studio con un campione più ampio, che preveda un numero maggiore di partecipanti per ogni gruppo e che confronti le valutazioni dell’alleanza e della coesione fornite dalle diverse fonti possibili (paziente, terapeuta e osservatore esterno).

Occorre approfondire maggiormente come alcune variabili quali: le caratteristiche sociodemografiche, il modello teorico del terapeuta e la popolazione dei pazienti influiscono sulla forza e sulla struttura dei fattori della relazione.

Ulteriori studi potrebbero indagare maggiormente la sovrapposizione tra i costrutti della relazione nella terapia individuale e di gruppo e valutare quali misure, disegnate per la terapia individuale, hanno proprietà psicometriche adeguate e significati simili se applicate al contesto della terapia di gruppo. Si potrebbero indagare maggiormente la validità e l’affidabilità degli strumenti, soprattutto per il loro utilizzo combinato negli studi sulla relazione tra processo ed esito nella psicoterapia di gruppo.

L’approfondimento delle variabili moderatrici e l’attenzione per le questioni metodologiche aumenterebbero la chiarezza sulla loro concettualizzazione e operazionalizzazione.

Se la ricerca realizzasse progetti che integrino i diversi livelli in gioco nel campo terapeutico, fornirebbe un grosso contributo anche alla clinica. Le reti di ricerca sulla valutazione delle psicoterapie, fondate su una cultura dello scambio e del confronto tra ricercatori e clinici consentirebbero di avviare circuiti virtuosi per una migliore comprensione di ciò che avviene nel percorso di cura, al di là del modello teorico di riferimento.

 

 

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APPENDICE A

Tabelle illustrative

 

 

Tabella 1. Correlazione di Pearson tra le sottoscale del WAI e i residui standardizzati delle misure d’esito

 

 

Note. Campione 1= pazienti; Campione 2=studenti

*p <.05 level (one-tailed)

**p <.01 level (one-tailed)

 

Tabella 2. Correlazione di Pearsion tra le sottoscale della GCS e i residui standardizzati delle misure d’esito

 

Note. Campione 1= pazienti; Campione 2=studenti

*p <.05 level (one-tailed)

**p <.01 level (one-tailed)

 

Tabella 3. Coefficiente di correlazione di Pearson tra le sottoscale del WAI e le sottoscale della GCS in ultima seduta per i pazienti e alla prima seduta

per il campione di specializzandi

 

Note. Campione 1= pazienti; Campione 2=studenti

*p <.05 level (one-tailed)

**p <.01 level (one-tailed)

 

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AUTORE: 

Chiara Scarampi. Questo articolo è un estratto della tesi di laurea magistrale discussa in data 07/11/2012 presso la Facoltà di Psicologia dell’Università degli Studi di Torino – Corso di Laurea in Psicologia Clinica e di Comunità

Anno accademico 2011 – 2012 . Questo articolo ha partecipato al Premio State of Mind 2013 per la Ricerca in Psicologia e Psicoterapia

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