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Leadership negli Sport di Squadra #15: Coaching Behavior Assessment System (CBAS)

Il Coaching Behavior Assessment System è uno strumento utile a raccogliere dati per capire come formare gli allenatori a entrare in relazione con gli atleti

Di Gabriele Caselli

Pubblicato il 28 Gen. 2014

Aggiornato il 13 Dic. 2016 12:17

 

Leadership negli Sport di Squadra #15:

Coaching Behavior Assessment System (CBAS)

LEADERSHIP NEGLI SPORT DI SQUADRA – PSICOLOGIA DELLO SPORT – MONOGRAFIA

 

Leadership sport squadra#15 . - Immagine: © Coloures-Pic - Fotolia.comIl CBAS (Coaching Behavior Assessment System) è uno strumento costruito da Smith e Smoll e colleghi [Smith e Smoll, 1990; Smith, Smoll e Curtis, 1978; Smith e al, 1983] allo scopo di raccogliere dati da cui dedurre come poter formare gli allenatori ad entrare in relazione in modo efficace con i giovani praticanti di sport.

Questa necessità è emersa dalla constatazione della frequente assenza di consapevolezza, da parte dei leader istituzionali, delle conseguenze del proprio comportamento sul rapporto con ogni atleta. Il CBAS è fondamentalmente costituito da un sistema di decodifica del comportamento dell’allenatore e della reazione, a questo, dell’atleta. Questa decodifica dei comportamenti del leader, che vengono analizzati sia durante le partite che durante l’allenamento, viene raggiunta attraverso la semplice osservazione e la registrazione con carta e penna.

Il metodo, quindi, è stato sviluppato a partire dall’osservazione diretta e continua delle azioni di allenatori appartenenti a diversi sport di squadra (quali calcio, baseball e pallacanestro) e suddivisi in 12 categorie comportamentali raccolte, a loro volta, in due sottoclassi: i comportamenti reattivi e i comportamenti spontanei. I primi rappresentano risposte comportamentali a particolari azioni dell’atleta, i secondi sono comportamenti naturali e non dipendenti dal modo di agire dei giocatori [Smith, Smoll e Hunt, 1976]. I comportamenti reattivi vengono divisi, nella classificazione del CBAS in tre diverse categorie che sono: 1) reazioni a prestazioni corrette e positive degli atleti (che possono generare un premio o riconoscimento oppure semplice indifferenza), 2) reazioni ad errori degli atleti (che possono portare a un incoraggiamento dell’allenatore, a una correzione, a una punizione oppure a semplice indifferenza), 3) reazioni comportamentali a distrazione o al non rispetto delle regole (solitamente mirate a ripristinare l’ordine e l’attenzione dei giocatori).

I comportamenti spontanei, invece, sono stati divisi in due categorie: correlati al gioco e non correlati al gioco. I primi solitamente rappresentano incoraggiamenti, istruzioni, insegnamenti e suggerimenti correlati al gioco in generale o alla prestazione specifica. Quelli non correlati al gioco riguardano comunicazioni generali sulla vita sociale, privata o pubblica, dell’atleta.

Come per l’LSS anche la nascita dell’CBAS è stata seguita da una serie di ricerche finalizzate a verificarne la validità. In particolare Smith, Smoll e Curtis [1978] hanno utilizzato questo sistema per studiare il comportamento di 51 allenatori della lega giovanile di baseball. I risultati ottenuti hanno dimostrato che la maggior parte degli oltre 1000 comportamenti registrati siano riconducibili a: rinforzi positivi (17,1%), istruzioni tecniche generali (27,3%) e incoraggiamento generale (21,4%), mentre i comportamenti punitivi come la semplice sanzione, sola (1,8%) o associata ad un istruzione tecnica (1,0%), appaiono poco frequenti.

Gli allenatori preferiti, dedotti dal comportamento e da ricerche sulle opinioni degli atleti, erano quelli che tendevano ad avere più comportamenti di incoraggiamento che punitivi. Un altro risultato importante ottenuto attraverso questa ricerca riguarda la preoccupante tendenza all’inconsapevolezza delle conseguenze dei propri comportamenti da parte degli allenatori stessi, che spesso non erano in grado di rendersi conto di come le proprie reazioni potevano influenzare il loro rapporto con gli alteti.

La considerazione positiva, negli atleti, del proprio ruolo, dell’allenatore e dello sport praticato in generale, aumentava all’aumentare del supporto e dell’incoraggiamento fornito dal leader e sembrerebbe in contrasto con altri risultati, precedentemente esposti, secondo i quali lo sport professionistico porterebbe i giocatori a ritenere più idoneo un allenatore più centrato sul compito che sulle relazioni, per ottenere successo.

Probabilmente questa trasformazione è una conseguenza sia delle priorità sia della mentalità diversa che guida il giovane sportivo e l’atleta professionista. 

Come già descritto, questi risultati sono stati la base da cui gli autori sono partiti per costruire un programma di formazione, centrato sugli allenatori del settore giovanile, che avesse come obiettivo quello di formare persone in grado di mantenere alto il livello di soddisfazione personale e di considerazione dello sport nei giovani atleti, insegnando ai leader a conoscere il proprio comportamento, le sue conseguenze, e gli atteggiamenti che possono favorire il raggiungimento di questo obiettivo.

 

LEGGI ANCHE:

PSICOLOGIA DELLO SPORT –  LEADERSHIP NELLO SPORT 

RAPPORTI INTERPERSONALI

LEADERSHIP NEGLI SPORT DI SQUADRA – PSICOLOGIA DELLO SPORT – MONOGRAFIA

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

 

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SCRITTO DA
Gabriele Caselli
Gabriele Caselli

Direttore scientifico Gruppo Studi Cognitivi, Professore di Psicologia Clinica presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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