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Guardare altrove: Blue Jasmine, di Woody Allen (2013) – Recensione

Psicologia: Blue Jasmine di Woody Allen racconta la fine dell’epoca chiacchierona e cinica dell’America precrisi. E la racconta con una storia emblematica.

Di Sandra Sassaroli

Pubblicato il 20 Gen. 2014

 

 

Guardare altrove

Recensione

Blue Jasmine (2013)

di Woody Allen.

 

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Blue Jasmine di Woody Allen - RecensioneBlue Jasmine: il bel film di Woody Allen racconta la fine dell’epoca garrula e chiacchierona, ricca e cinica dell’America precrisi. E la racconta con una storia emblematica.

La storia la sapete, e questa non è una recensione cinematografica ma vuole essere una notazione su alcune cose di area psicologica che mi hanno colpito nel film.

Un aspetto importante, di tipo sociale, è il racconto degli aspetti dolorosamente irrealistici, narcisistici al limite dell’antisocialità di una certa forma di successo economico dell’America dei fondi e dei prodotti di investimento non convenzionali (Madoff insegna).

Dove il lusso esagerato ostentato senza scrupolo alcuno nell’accumulo disordinato di oggetti di status è l’unico piano che delinea una vita degna di essere vissuta. “L’avidità è un istinto naturale e la dipendenza dai soldi è molto simile a quella per la droga. È difficile essere equilibrati” (da Di Caprio che commenta il suo ultimo film: The Wolf of Wall Street).

Questo film è come se fosse concentrato tutto sul marito di Jasmine. Mentre Blue Jasmine è concentrato sulle donne che guardano altrove, The Wolf of Wall Street è concentrato sulla follia avida che genera il denaro in alcuni uomini.

E’ molto bella la descrizione di questa coppia, Hal e Jasmine, che vivono tra New York e Martha’s Vineyard, e si vede la loro confusione, il vuoto, la fragilità della coppia, si vede anche la loro solitudine. Tra amici, cene e braccialetti di Tiffany, la relazione tra i due è una delle cose dolorose del film. Quella donna poteva trovare un uomo che la costringesse a una relazione di intimità autentica? No, e quando lo trova, lo perde perché una vicinanza autentica lei non sa cosa sia.

La storia è quella di Jasmine bella donna di 40 anni, che si trova a affrontare il trauma della perdita di tutto ciò che era la sua vita precedente. E arriva nella casa di sua sorella (da New York a San Francisco,) per cercare un qualche rifugio. Il marito le ha comunicato la volontà di andarsene, con un’altra donna. Poi è stato incarcerato, poi lei ha perso ogni cosa, poi lui è morto. Lei non ha più niente.

Si è detto che è una donna fragile, sì una donna fragile, incapace di affrontare la vita, incapace di guardare veramente ciò che il marito le fa firmare, di rendersi conto della inautenticità del marito e delle sue relazioni, di approfondire, di analizzare e di ragionare. Ha il bisogno di sognare una vita fastosa e senza problemi, leggera e invidiabile.

Jasmine non era in grado di affrontare la realtà prima della disgrazia, preferiva voltarsi altrove e sognare, e ora dopo il tracollo non è in grado di guardare l’errore delle sue scelte, di aver sposato questo marito, di non avere mai deciso di uscire dall’ invenzione di una vita perfetta, di non avere abbastanza studiato, di non essersi abbastanza concentrata e protetta.

Viene da pensare che sia Jasmine che sua sorella Ginger, entrambe adottate, abbiano temi dolorosi, molto dolorosi alle spalle. Per la sorella questo dolore, questo essere quella geneticamente inferiore, meno bionda, meno alta, meno bella, ha voluto dire imparare a volare basso, ad accontentarsi di una vita un po’ sfortunata e faticosa e povera, ma le ha imposto la capacità di essere a volte duramente realista e così salvarsi.

Per Jasmine, che era quella “dai geni buoni”, più bella e più bionda, che ha volato più alto, che si è tenuta più lontana dai temi dolorosi, l’incontro con la realtà, con il fallimento di tutte le sue relazioni, di tutti i suoi progetti di vita, non lascia piani alternativi, è semplicemente impossibile. E come reagisce? Il film lo mostra in modo molto chiaro e insieme delicato.

Jasmine reagisce in modo sempre uguale: usa la dipendenza (da alcool, da pillole), a volte diviene dissociata, si allontana dalla situazione che sta vivendo, straparla, parla da sola, si racconta agli altri non vedendoli, non ascoltandoli mai, inventa una vita diversa. Un altro suo modo di reagire è il disprezzo verso la normalità e tutto quello che sa di “normale”, “squallido” e poco elegante.

Ma a volte, quando viene messa alle strette ha anche crisi di rabbia disregolata, ad esempio urlando a sua sorella, al ragazzo di sua sorella, Chili, uscendo dalla macchina del suo nuovo fidanzato, Dwight, quasi in corsa, quando si accorge di essere stata smascherata, oppure facendo atti impulsivi che qui non svelerò, e con questo decretando sì la fine della carriera (e della vita di suo marito) ma anche la sua stessa rovina.

Jasmine era sola quando era sposata con suo marito, era sola con le sue amiche al bar, era sola nel mondo luccicante della sua vita di prima, ed è sola quando è in casa con la sorella e i nipoti, e infine è sola seduta su quella panchina che dialoga con i fantasmi della sua vecchia vita.

Ma un bravo clinico avrebbe potuto salvarla?

 

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Sandra Sassaroli
Sandra Sassaroli

Presidente Gruppo Studi Cognitivi, Direttore del Dipartimento di Psicologia e Professore Onorario presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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