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Dalle radici alle ali – Adozioni internazionali

Psicologia & Adozioni - Guidando il ragazzo alla scoperta delle proprie radici, lo si aiuterà verso la scoperta e l'accettazione della sua storia.

Di Sara Di Michele

Pubblicato il 04 Dic. 2013

 

Dalle radici alle ali

Adozioni internazionali, l’importanza di creare un ponte con la cultura d’origine.

 

Dalle radici alle ali - Adozioni internazionali. -Immagini: © RioPatuca Images - Fotolia.com Guidando il ragazzo alla scoperta delle proprie radici, lo si aiuterà verso la scoperta e l’accettazione della sua storia, verso una costruzione di un puzzle completo senza pezzi mancanti e senza frammenti.

Quando dentro di sè riuscirà ad avere una visione completa allora troverà il coraggio di mettere le ali e spiccare il volo.

In Italia una ricerca effettuata nel 2007 e pubblicata su Repubblica, mette in evidenza che una coppia su sette ogni anno ha problemi di sterilità. Non poter aver figli può causare un sentimento di vuoto enorme nella propria vita, creando a volte delle crisi esistenziali sia individuali che di coppia.

La condizione di infertilità porta i coniugi ad affrontare una situazione di forte scompenso, caratterizzata da sentimenti di frustrazione ed angoscia, che vanno ad influire sulla vita di relazione, sulla sfera sessuale e sul benessere e la salute psico-fisica di entrambi i partners.

Nella donna sterile spesso si riscontra un calo di autostima, legato a sentimenti di incompletezza, e spesso si arriva a mettere in discussione anche la propria femminilità perdendo il controllo del proprio corpo. Nell’uomo, l’incapacità riproduttiva è vissuta come una mancanza di virilità, e spesso esso arriva a svalutare la propria mascolinità e a reagire con il rifiuto (Daniluk, 1997)

Rabbia, rifiuto, senso di colpa, isolamento, e dolore sono i sentimenti vissuti dalla coppia in questione. Il primo passo verso un ritorno alla serenità è quello di accettare la sterilità come condizione e non come una menomazione.

Di solito la tappa successiva  alla diagnosi di sterilità è un iter di procreazione assistita; laddove anche questa fallisce, la coppia deve subire un’ulteriore frustrazione, e un ulteriore elaborazione del lutto e della perdita.

In questo momento si affaccia sulla vita della coppia l’idea dell’adozione. In questo cammino i coniugi dovranno prima di tutto avere i seguenti requisiti:

Matrimonio:  la coppia deve essere unita in matrimonio da almeno tre anni, o per per un numero inferiore di anni se i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni, e ciò sia accertato dal tribunale per i minorenni;

Età: L’età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di quarantacinque anni l’età dell’adottando, con la possibilità di deroga in caso di danno grave per il minore.

Una volta accertati i requisiti si potrà intraprendere il tortuoso iter burocreatico e psicologico, che passa da una valutazione genitoriale della coppia effettuata dagli Enti locali e validata dal Tribunale per Minorenni, alla richiesta ad un Ente autorizzato per le adozioni internazionali che segue la coppia dalla richiesta all’arrivo del bambino in Italia.

Durante questo percorso proviamo ad immaginare quante saranno le fantasie che i genitori costruiranno sui bambini in arrivo.Gli individui che si trovano ad affrontare un’adozione, sognano durante la lunga attesa, una relazione perfetta, idilliaca.

Dopo aver dovuto rinunciare alla maternità/paternità, ed essere passati per un percorso di sofferenze,  finalmente iniziano a vivere una sorta di “riscatto”, finalmente sembra che il destino restituisca in altro modo ciò che ci ha tolto.

E’ per questo che bisognerebbe essere certi che la coppia in questione sia riuscita ad elaborare i propri vissuti psichici legati al percorso di elaborazione lutto e frustrazione, affinché non proiettino sul bambino adottato le proprie richieste affettive.

Adottare è un gesto d’amore, ma rappresenta anche la soddisfazione di un desiderio per la coppia stessa. 

La costruzione della genitorialità si snoda nel tempo, e si presenta come un processo caratterizzato da dubbi, angosce, timori, che la coppia affronta nell’intero percorso, prima, durante e dopo l’arrivo del bambino. E’ un atto psicologicamente complesso, che intreccia diverse dinamiche, dalla relazione tra sterilità e adozione, e a quella della rappresentazione mentale del figlio immaginario.

Nel momento in cui è avvenuta la scelta dell’adozione, i genitori iniziano a prefigurare nella propria mente l’immagine del figlio che verrà. D’altronde l’immagine del figlio che verrà, coinvolge non solo le coppie che intraprendono un percorso adottivo, ma tutti coloro che attendono un bambino.

Nella mente dei genitori sorgeranno domande, sull’età, la storia del bambino, il carattere, domande alle quali non avranno subito risposta, e quindi l’immagine corrisponderà sempre più al modello prefigurato che alla realtà. Questa rappresentazione mentale diventerà importantissima quando le due figure, reale e immaginaria, verranno sovrapposte.

Questo passaggio genererà ansia e timore, che generalmente non vengono espressi per paura di essere fraintesi o di non essere accolti, invece bisognerebbe che i genitori possano esprimere e riconoscere i loro sentimenti reali e plausibili.

Ad ogni modo alla fine di questo percorso nasce una nuova storia, nasce l’incontro in questo “non luogo” abitato dalla  famiglia adottante e dal bambino adottato.

La prima con una serie di aspettative sul legame genitoriale sul ruolo e la responsabilità dal quale si è investiti.

Il bambino  lascia il proprio paese, lascia le proprie radici, la propria cultura, la propria lingua, chiude la porta del suo passato e si lancia verso un futuro incognito. 

Si potrebbe pensare secondo una semplice logica, che il bambino separato dalla sua famiglia, accolto in un’altra, riceve l’amore come un dono, che gli è dovuto dopo tutto quello che ha subito. In riconoscenza dei legami affettivi creati con la nuova famiglia, il bambino saprà adattarsi e costruire un nuovo destino, dimenticando il suo destino originario. Il bambino, preparato a vivere una nuova avventura, arriva in un habitat sconosciuto, con un’ “identità” di vittima che lo precede. Dopo un periodo iniziale, la fragilità e la frammentarietà della struttura del ragazzo inizia a venir fuori, attraverso delle crisi, dei comportamenti violenti o a rischio“, come spiega Arlette Pellé.

Purtroppo, non tutte le adozioni vanno a buon fine, e lo dimostra Francesco Viero, neuropsichiatra infantile, nel libro “Fallimenti Adottivi” nel quale stima che le cifre dei bambini adottati “restituiti” sarebbero tra l’1 e l’1,8 per cento degli adottati.

Ma perché le adozioni internazionali falliscono?A questa domanda cerca di rispondere il Centre Devereux di Parigi attraverso il sostegno all’adozione.

Nell’adolescenza il conflitto identitario è forte, come diventa conflittuale anche la relazione con i propri genitori, la ribellione alle regole, all’autorità. Si cerca di costruire una propria identità, si cercano dei punti di riferimento e si rifiutano quelli imposti. Maggiore è la crisi quando ci si trova confrontati a dei conflitti di appartenza a una doppia cultura. Il conflitto che vivono questi ragazzi nasce spesso dall’esigenza di integrare gli elementi identificatori della cultura di adozione, e di mantenere viva la cultura d’origine. (Kaes)

L’articolo “Echec sur l’adoption“spiega quali possono essere i punti di fallimento delle adozioni, e le difficoltà che emergono :

  • Il vissuto: le caratteristiche del bambino: deprivazioni affettive e alimentari precoci, traumi individuali (maltrattamento, abuso), o collettivi (violenze di guerra) rotture affettive forti (distaccamento dalla famiglia o dai fratelli), vissuto di strada, vita istituzionalizzata (case famiglia, ospedale), rappresentazione dell’adozione e della famiglia molto lontana dalla realtà.
  • Il percorso dei genitori: sofferenza nell’accettare la sterilità, isolamento sociale, rischi nell’intraprendere il duro percorso dell’adozione, giudizio esterno, forte desiderio di avere un bambino, paura di una buona riuscita.
  • Organismo dell’adozione: assenza della preparazione dei bambini o dei genitori sulla realtà dell’adozione, poche notizie, o a volte insufficienti, incomplete.

Il fallimento dell’adozione e le situazioni di crisi familiari molto gravi mettono in evidenza la molteplicità e il cumulo importante dei fattori che li determinano. Quando la relazione tra genitori e ragazzo non sono più tollerabili, il ragazzo può attaccare le figure genitoriali, verbalmente e fisicamente. I genitori quindi percepiscono il figlio adottivo come qualcuno diverso da loro, con valori e principi diversi da quelli che loro avrebbero voluto offrirgli o che hanno pensato di fornirgli. Spesso per fermare questa escalation negativa, si passa all’allontanamento temporaneo, collocando il ragazzo in una struttura d’accoglienza.

A volte i comportamenti antisociali dei ragazzi sono dovuti a dei traumi passati e non eleborati che hanno provato a nascondere nel loro cuore, o a dimenticare chiudendo la porta al loro passato. Spesso i genitori adottivi non sono emotivamente preparati per accogliere questo aspetto, e questo capitolo della storia del ragazzo, che per quanto spiacevole, per quanto difficile, fa comunque parte della sofferenza che si porta dentro.

Probabilmente un passo avanti potrebbero essere fatto nel creare un ponte tra passato e presente. Pensare al ragazzo come un individuo che ha già una storia alle spalle, una storia di sofferenza dura da affrontare, e impossibile  dimenticare.

Bisognerebbe pensare all’adozione guardando al ragazzo non come un tabula rasa, ma come un diario con delle pagine della sua esistenza già scritte, e quindi abbordando l’adozione da un punto vista  interculturale, senza spezzare le radici.

Aiutando il ragazzo alla scoperta delle proprie radici, lo si aiuterà verso la scoperta e l’accettazione della sua storia, verso una costruzione di un puzzle completo senza pezzi mancanti e senza frammenti. Quando dentro di sè riuscirà ad avere una visione completa allora troverà il coraggio di mettere le ali e spiccare il volo.

Diventare genitori rappresenta uno degli aspetti più importanti della vita di una persona. Doversi prendere cura di un bambino, cambiare le proprie abitudini, cambiare le dinamiche di coppia, riassestare il normale equilibrio sono fasi di ridefinizione del proprio stile di vita. Tanto in una famiglia biologica, quanto adottiva. La genitorialità si impara passo dopo passo, errore dopo errore, e tentativo dopo tentativo. Non esistono genitori perfetti e tanto meno esiste un manuale per esserlo al meglio. Possono però esistere genitori capaci di trovare dentro se stessi le risorse necessarie per accudire, accogliere, comprendere, e tutelare un figlio.

Affinché un’adozione riesca, bisogna da una parte far sì che il ragazzo non chiuda la porta alle proprie origini, ma bisogna anche esser certi che la coppia, proveniente da un percorso di dolore, abbia accettato ed elaborato la propria condizione. Affinché un’adozione funzioni le motivazioni dell’adozione devono essere “sane”.

L’adozione è un ponte da entrambe le parti, il bambino adotta la famiglia che non ha mai avuto, la coppia adotta il bambino che non ha mai avuto. Entrambi colmano un vuoto, ma per far sì che ciò possa avvenire con successo, sia chi viene adottato, che chi ha adotta necessita di attenzione e sostegno psicologico durante tutto il percorso adottivo.

 LEGGI:

ADOZIONI GRAVIDANZA & GENITORIALITA’ BAMBINI & ADOLESCENTI

 

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

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