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Leadership negli Sport di Squadra Pt.10 – La caduta della leadership

La tendenza dei giocatori e del direttivo è quella di individuare un capro espiatorio, rappresentazione materiale dei problemi della squadra: l’allenatore.

Di Gabriele Caselli

Pubblicato il 19 Nov. 2013

 

Leadership negli Sport di Squadra #10:

 La caduta della leadership intima e istituzionale

LEADERSHIP NEGLI SPORT DI SQUADRA – PSICOLOGIA DELLO SPORT – MONOGRAFIA

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Leadership negli Sport di Squadra Pt.10 - La caduta della leadership. -Immagine: © hin255 - Fotolia.com

La tendenza generale sia dei giocatori che del direttivo è quella di individuare un capro espiatorio, una rappresentazione materiale dei problemi della squadra eliminando la quale si da il via a un processo di purificazione. Ovviamente questo capro espiatorio da sacrificare è la guida della squadra e cioè l’allenatore.

Come il leader può essere eletto, può anche essere abbattuto. Sia il leader istituzionale che il leader intimo possono giungere a subire questa amara sorte, anche se le dinamiche che portano alla loro fine spesso seguono percorsi diversi.

La fine dell’allenatore, essendo un ruolo assegnato dalla dirigenza affinché ottenga determinati obiettivi, è strettamente legata ad uno scarso rendimento professionale della squadra. Cosa accade alla leadership istituzionale in questo caso? Se gli obiettivi posti dalla dirigenza non vengono raggiunti e le prestazioni della squadra sono scadenti allora si può parlare di una posizione altamente precaria per l’allenatore.

La tendenza generale sia dei giocatori che del direttivo è quella di individuare un capro espiatorio, una rappresentazione materiale dei problemi della squadra eliminando la quale si da il via a un processo di purificazione.

Questa purificazione in qualche modo deresponsabilizza tutti gli altri membri del gruppo e permette loro, senza più rimorsi o sensi di colpa, di ricominciare a lavorare da zero. Ovviamente questo capro espiatorio da sacrificare è la guida della squadra e cioè l’allenatore. Risulta un eccessiva semplificazione pretendere di addossare tutte le colpe ad una persona; più probabilmente, infatti, andrebbero divise tra tutti i giocatori.

Ma, essendo l’allenatore colui che ha il potere decisionale, il suo esonero risulta anche essere un’opportunità di cambiare il modo di giocare della squadra (risultato finora fallimentare) senza cambiare tutti i giocatori. Questa possibilità non potrebbe ovviamente verificarsi sostituendo un unico giocatore. Ecco perché l’allenatore è il perfetto capro espiatorio. E’ innegabile che in alcuni casi la svolta determinata dal cambiamento dell’allenatore risulta essere positiva se si osservano le successive prestazioni della squadra, spesso dovuto più al cambiamento in quanto tale che all’effettiva innovazione vincente apportata dal nuovo tecnico. Se tuttavia questo cambiamento positivo non avviene, si smaschera l’illusione dell’eliminazione dei problemi con l’eliminazione del vecchio leader, facendo precipitare la squadra in un baratro depressivo da cui difficilmente potrà essere risollevata.

I casi in cui l’allenatore viene sostituito non sono comunque tutti implicabili ad una condizione di capro espiatorio. Carron [1988] ha prodotto svariate indagini su diversi sport analizzando il rapporto tra l’applicazione del turn-over degli allenatori e il successo delle squadre. I risultati ottenuti nella maggior parte dei casi studiati hanno dimostrato che il turn-over non solo è legata principalmente a squadre caratterizzate da prestazioni scadenti ma anche che queste prestazioni in linea di massima non miglioravano attraverso questa pratica. Secondo l’autore gli insuccessi della squadra possono essere attribuiti ad un’incompetenza dell’allenatore, ad un’ incapacità dei giocatori o ad entrambi. Solo in questo ultimo caso si innesca il processo di costruzione di un capro espiatorio, poiché, in alcuni casi, le scelte dell’allenatore possono realmente avere la principale responsabilità.

La partenza e l’arrivo di un nuovo allenatore implica sempre una serie di complesse conseguenze psicologiche, sia per chi è stato cacciato sia per chi subentra in una squadra in pessime condizioni di rendimento. Prunelli [1992] suggerisce l’importanza che queste conseguenze hanno per entrambi, sia come bagaglio di esperienza sia come oggetto di riflessione sul proprio operato.

Come accade anche per la figura del leader istituzionale, il ruolo del leader intimo può deteriorarsi nel corso del tempo fino a crollare definitivamente. Tendenzialmente l’apice di questa condizione è preceduta dall’acuirsi dei contrasti con gli altri componenti del gruppo, sintomo che sta iniziando a mancare la condizione necessaria per la sua esistenza, e cioè il consenso degli altri atleti. Questo è da considerarsi sia un antecedente che una conseguenza della perdita di potere da parte del leader (che per il leader intimo riguarda principalmente un potere d’esempio o di competenza) che gli impedisce di svolgere i propri compiti sia a livello socio-relazionale che a livello della produttività.

Questi contrasti sono destinati a crescere fino all’effettivo rovesciamento del leader che, nella maggior parte dei casi, viene sostituito da un compagno. Inutile dire che questa tendenza si sviluppa principalmente quando la squadra ottiene delle prestazioni negative che attivano un processo di costruzione di capro espiatorio simile a quello che può portare l’allenatore all’esonero ma totalmente interno alle dinamiche inconsce della squadra. Ma ciò può anche avere come causa scatenante l’entrata di un nuovo membro in grado di svolgere le mansioni di leader, sempre agli occhi dei suoi compagni di squadra, meglio di quanto non faccia quello attuale. Una volta persa la posizione di leader e il potere ad essa connesso, difficilmente il giocatore potrà accettare una posizione da subalterno o da gregario [Mazzali, 1995] ma più facilmente tenderà a mettere in atto comportamenti addirittura dannosi per la squadra, guidati principalmente dal rancore per un torto che ritiene di aver subito. Questi comportamenti arriveranno spesso a costringere l’allenatore e la dirigenza ad allontanare l’ex-leader.

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Gabriele Caselli
Gabriele Caselli

Direttore scientifico Gruppo Studi Cognitivi, Professore di Psicologia Clinica presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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