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L’incontro con una versione di sé non conosciuta: La Storia Infinita

la storia infinita: Il dubbio di Bastian: credere e integrare la parte “sognante” di lui rende bene l’idea di quel che accade in psicoterapia. #Psicologia

Di Simona Noviello

Pubblicato il 28 Nov. 2013

 

 

L’incontro con una versione di sé non conosciuta: la storia infinita

Il dubbio di Bastian: credere e, quindi, integrare la parte, in questo caso, “sognante” di lui oppure chiudere il libro e rimanere con i piedi per terra rende, a mio avviso, in chiave metaforica, rende bene l’idea di quel che accade in terapia.

La storia infinita è un film del 1984 diretto da Wolfang Petersen, ispirato al romanzo omonimo di Michael End.

Il giovane Bastian, appassionato del mondo dei libri, essendo venuto in possesso del libro “la storia infinita” decide, dopo aver marinato la scuola, di rifugiarsi in una soffitta per poterlo leggere. Il contatto con questo libro lo porterà a vivere una storia avventurosa e carica di significati che non mancheranno di influenzare la sua persona e la sua storia.

Ciò che ha suscitato il mio interesse riguardando la favola e rivisitando alcuni autori di epistemologia sistemica, è il frame dove Atreyu/Bastian, per salvare il mondo di Fantasia, si trova ad affrontare una prova importante: l’attraversamento delle due porte fino all’incontro con il desiderato Oracolo del Sud, meta ambita ma, a memoria del bizzarro scienziato Enchivuc, mai attraversata.

Ho colto in questo frame dei parallelismi con quanto avviene, a mio avviso, nel processo terapeutico dove paziente e terapeuta si ritrovano a ripercorrere gli eventi di vita del paziente particolarmente complessi e che non mancano di suscitare emozioni intense. L’incontro con la prima porta, quella dove è richiesta a colui che la attraversa, Atreyu/Bastian in questo caso,  volontà e fiducia in sé stesso ha rievocato in me la fase del processo terapeutico durante la quale il paziente ed il terapeuta, seguendo il fil rouge della reciprocità, pongono le basi per una alleanza terapeutica provando insieme a superare vari ostacoli, come gli occhi bollenti delle Sfingi nella favola.

Attraversata questa fase, che farà da prodromo agli sviluppi successivi, così come nella favola l’attraversamento della prima porta rappresenta l’anticamera che conduce poi a una nuova porta, ci si inoltra nella fase intermedia del processo terapeutico: l’incontro con una versione del sé di cui non si ha memoria esplicita ma che emerge in seguito alla co-costruzione di una versione della storia diversa rispetto la versione precedente. Questo passaggio nella favola è reso dalla metafora dello specchio dove Atreyu e Bastian hanno modo di scoprire di essere “versioni diverse di uno stesso sé”.

Questa fase del processo terapeutico, i cui tempi – considerando la duplice dimensione Kairos/ Kronos (tempo oggettivo e tempo soggettivo) – non sempre sono prevedibili  e congruenti, potrebbe favorire l’insorgenza di paure. Un esempio è il momento in cui nella favola il bizzarro scienziato Enchivuc dice al fortuna drago a proposito dell’incontro di Atreyu con il suo vero sé: “tutti sono convinti che sia facile, ma sovente i buoni scoprono di essere crudeli, eroi famosi scoprono di essere codardi”.

Nei momenti terapeutici in cui accade questo, il rischio è quello di non reggere l’impatto, come succede a Bastian nel momento in cui vede una versione diversa del suo sè, Atreyu,  e lancia il libro dicendo “questo non mi funziona!”.

Nella clinica è il contesto terapeutico stesso a fungere da elemento protettivo in quanto, essendo scevro di qualsivoglia giudizio e scenario di una buona alleanza tra paziente e terapeuta, consente a chi vi è  all’interno di poter esperire e prendere contatto con versioni di sé non conosciute e che, probabilmente, difficilmente emergerebbero in contesti esterni.

Tuttavia, nelle fasi finali del processo, quando sembra di “sapere tutto” ecco che ci si trova dinanzi ad una scelta, una scelta che stavolta deve compiere il paziente. Nella favola, questo momento potrebbe trovare un corrispettivo nel punto in cui Atreyu rivolge la domanda all’oracolo del sud:“come si può salvare Fantasia?” e l’oracolo risponde “l’imperatrice ha bisogno di un nuovo nome che solo un terrestre può dare” rimandando ad Atreyu il compito di trovare il terrestre Bastian.

Potrebbe accadere che il processo terapeutico rimanga fermo a questo dilemma amletico: “Divento protagonista della mia storia provando a integrare le versioni di me che non conoscevo o rimango fermo alla prima versione scritta a più mani e di cui, forse, a stento, si scorge la mia?” . Il dubbio di Bastian: credere e, quindi, integrare la parte, in questo caso, “sognante” di lui oppure chiudere il libro e rimanere con i piedi per terra rende, a mio avviso, in chiave metaforica, rende bene l’idea di quel che accade in terapia.  

LEGGI:

IN TERAPIA ALLEANZA TERAPEUTICA – CINEMA

Star wars – Analisi della coppia in uno scenario sistemico

 

 

BIBLIOGRAFIA: 

  • Friedman, E. H. “Teoria e terapia Boweiana” Manuale di terapia della famiglia cap.3 pp. 63-101 (ed.italiana a cura di Paolo Bertrando) collana “manuali di psicologia e psicoterapia” Bollati e Boringhieri Torino, 1995.
  • Wolfang, M. “ Die unendliche Geschichte” (trad. la storia infinita) a cura di Longanesi, 1979
  • Malagoli Togliatti, M. “La teoria generale dei sistemi”. La terapia sistemica cap.1 pp. 21-26 (a cura di Malagoli Togliatti, M. e Telfner, U.) collana “psiche e coscienza” Astrolabio Roma, 1983.
  • Bertrando, P. “i processi di cambiamento” rivista “Riflessioni sistemiche” n°6 pp. 154-165 Giugno, 2012. (DOWNLOAD)

 

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Simona Noviello
Simona Noviello

Psicologa, Psicoterapeuta Sistemico-Relazionale

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