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La gravidanza e la relazione oggettuale – Recensione

La gravidanza e la relazione oggettuale: la relazione oggettuale ha inizio dalla vita intrauterina, ciò ci può permettere di aiutare la donna in gravidanza.

Di Alice Mannarino

Pubblicato il 12 Nov. 2013

 

Recensione del libro:

La Gravidanza e  La Relazione Oggettuale. Un nuovo approccio alla maternità

di Roberta Mancinelli

Armando Editore (2013)

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La Gravidanza e  La Relazione Oggettuale. Un nuovo approccio alla maternità  di Roberta Mancinelli  Armando Editore (2013). -Immagine: CopertinaLa relazione oggettuale ha inizio fin dalla vita intrauterina e un nuovo approccio clinico sulla gravidanza ci può permettere di aiutare la donna e di prevenire la patologia mentale. L’obiettivo è quello di creare un metodo scientifico che tenga conto della psicoanalisi, del significato del sogno e del suo rapporto con il sonno e con la dinamica mentale.

La gravidanza e soprattutto la nascita hanno sempre rappresentato un motivo di grande interesse sia collettivo sia individuale e le recenti ricerche scientifiche hanno talvolta eccessivamente enfatizzato un evento che non è solo biologico poiché assolve un compito fondamentale per l’umanità.

Come l’autrice afferma all’inizio del libro, la relazione oggettuale ha inizio fin dalla vita intrauterina e un nuovo approccio clinico sulla gravidanza ci può permettere di aiutare la donna e di prevenire la patologia mentale. L’obiettivo è quello di creare un metodo scientifico che tenga conto della psicoanalisi, del significato del sogno e del suo rapporto con il sonno e con la dinamica mentale.

Il primo capitolo del libro riguarda la genesi della teoria psicoanalitica postfreudiana, ponendo l’accento sull’importante funzione dell’ambiente e sui diversi modelli operativi che caratterizzano le differenti specie animali, compreso l’uomo. Si parte citando gli studi di Darwin e la complessità degli schemi di comportamento specie specifici, per poi passare alla visione tassonomica di Lorenz, sulle anatre e le oche, e a quella di Timbergen sui gabbiani. Ogni specie mostra comportamenti specifici nei confronti della locomozione, del nutrimento, nel  corteggiamento, nell’accoppiamento e nell’allevamento.

L’autrice procede poi descrivendo nel dettaglio gli aspetti che influenzano sensibilmente lo sviluppo nel ciclo vitale, citando Lorenz e il suo celebre studio sull’imprinting, arrivando poi a Bowlby, alla teoria dell’attaccamento e alla psicoanalisi.  Vengono descritti diversi studi nei quali è stato studiato il comportamento di attaccamento dei primati e di altre specie animali fino ad arrivare all’archeantropologia e alla legge della ricapitolazione, in base alla quale la mente umana ricapitola l’ontogenesi e la filogenesi non solo per lo sviluppo del pensiero ma anche nello sviluppo sensomotorio.

La parte conclusiva del capitolo si focalizza sul tema della rivoluzione androcentrica e dello stupro primordiale, dove l’evoluzione dell’uomo dalla scimmia si riproporrebbe in quella dei rapporti tra l’uomo e la donna e nell’origine prima della civiltà. In particolare l’autrice si sofferma nel descrivere l’ipotesi  di un’organizzazione primitiva di tipo matriarcale dove la donna sarebbe stata la fondatrice e la prima portatrice di cultura. Inoltre man mano che le femmine acquistavano la postura eretta (prima dei maschi), i loro genitali rimanevano sempre più nascosti, rendendo il coito a tergo piuttosto complesso. Il maschio si sarebbe sentito sempre più escluso, non solo dalla vita sociale, ma anche dal rapporto sessuale con le femmine.

In tale contesto appare presumibile che l’uomo abbia cominciato ad accoppiarsi ventralmente usando la violenza (infatti tale postura non poteva essere accettata dalle femmine, poiché era segnale radicato di aggressione). Probabilmente questo evento, indicato appunto con il termine di stupro primordiale, ha segnato un periodo di conflitto, la cui soluzione sarebbe poi stata fondamentale per il futuro sviluppo dell’organizzazione sociale e della civiltà.

Il libro procede con un capitolo che fornisce alcuni accenni dello sviluppo psicomotorio, dello sviluppo del linguaggio, della puericultura e delle malattie genetiche dell’infanzia. Il capitolo termina con un approfondimento specifico della patogenesi e delle crisi focali epilettiche.

Segue poi l’ultimo capitolo che affronta la psicopatologia delle emozioni ed il comportamento di attaccamento con un’analisi dettagliata dell’angoscia di separazione e delle varie prospettive e modelli di riferimento secondo la teoria della psicoanalisi.

L’autrice affronta in maniera dettagliata la paura e l’ansia di separazione confrontando la teoria freudiana con le altre teorie scientifiche. Viene sottolineata l’importanza dell’ansia di separazione durante la vita adulta e le connessioni che essa può avere con i membri parentali. Il grande contributo di Melanie Klein è stato quello di aver postulato la capacità individuale di attribuire le caratteristiche proprie agli altri e questo si verifica nelle primissime fasi dello sviluppo normale, con effetti sullo sviluppo della personalità successiva.

La parte più significativa su chi siamo è svolta dalle nostre figure di attaccamento, che ci consentono di comprendere le figure successive di attaccamento nel corso della vita. Nella pratica clinica il compito dell’analista è proprio quello di trovare la strategie da perseguire per far sì che le percezioni che il paziente ha nei confronti del terapeuta gli permettano di comprendere il suo modello operativo, che prende il nome di “traslazione” ed è proprio grazie a questa che vengono alla luce i modelli operativi dei primissimi anni di vita.

Segue un’analisi delle collera e dell’angoscia con una descrizione di collera funzionale e collera non funzionale. Gli psicoanalisti e altri studiosi che hanno adottato il criterio teorico basato sulle relazioni oggettuali , hanno considerato per molti anni l’equilibrio tra la disposizione ad amare, ad arrabbiarsi e ad odiare le figura di attaccamento come uno dei criteri fondamentali per fare una valutazione clinica della persona. In un suo studio la Klein ha dimostrato che più i bambini erano attaccati alla figura materna e più forte era la loro ostilità inconscia nei confronti della madre stessa. La collera e l’ostilità verso una persona amata talvolta vengono rivolte altrove, in tal caso si parla di spostamento o della tendenza di attribuire l’ira altrove.

Il libro si sofferma poi sulla depressione materna, post-partum e sulle conseguenze che essa può avere sui figli, sembra infatti che tali ragazzi crescendo presentino maggiore ansietà e disturbi del comportamento in genere. I figli tendono inconsapevolmente a identificarsi con le figure genitoriali e quando a loro volta diventano genitori tendono a mettere in atto quanto appreso nei modelli di interazione.

Proprio per aiutare le donne in gravidanza, l’autrice conclude il libro descrivendo una ricerca condotta con il Prof.re Carlo Bonromeo, Ordinario di Psichiatria Psicodinamica presso la facoltà di psichiatria di Perugia. La ricerca ha coinvolto complessivamente centro donne in gravidanza, per un totale di dodici/tredici incontri prima del parto ed altri successivi a questo. Le scopo dei primi incontri è stato quello di lavorare sul corpo in movimento, a seconda delle problematiche che ogni gestante presentava. Il movimento, afferma la dott.ssa, distoglie l’ansia.

Durante gli incontri, si è proceduto con il racconto del materiale onirico e con lezioni pratiche legate ad aspetti legislativi sul tema della tutela materno-infantile, cure al neonato, cura del corpo in gravidanza, attività lavorativa, sport in gravidanza ecc. Questo approccio predilige come metodo quello osservativo; l’osservazione è considerata una parte integrante della conoscenza, della ricerca e come afferma l’autrice, osservare significa avvalersi di tre aspetti fondamentali “Quello che si vede, quello che si è, quello che si è visto e che è dentro di noi”.

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GRAVIDANZA & GENITORIALITA‘ – ATTACCAMENTOPSICOANALISI

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L’attesa. Il percorso emotivo della gravidanza. di A. Pellai (2013) – Recensione

 

BIBLIOGRAFIA: 

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