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Come pietra paziente – Recensione – Cinema & Psicologia

Come pietra paziente è un' opera che tratta le sofferenze di una donna prigioniera del rapporto col marito e della condizione femminile in cui è cresciuta.

Di Gianluca Frazzoni

Pubblicato il 03 Ott. 2013

Recensione

“Come pietra paziente”

(2013)

 

Come pietra pazienteCome pietra paziente”, film afghano del 2013, è una sorprendente opera dal carattere intimista che tratta con delicatezza e poesia le sofferenze di una donna prigioniera del rapporto col marito e della condizione femminile in cui è cresciuta.

Quando l’uomo in seguito ad uno scontro armato entra in coma e non è più in grado di rispondere agli stimoli esterni, la moglie se ne prende cura fra difficoltà crescenti legate allo stato di guerra del Paese; gradualmente questo accudimento si trasforma in una confessione da cui emerge la reale natura del loro legame, fondato esclusivamente sul possesso maschile.

In parallelo si delinea la figura di un giovane guerrigliero che entra nella vita della donna ottenendo col denaro le sue prestazioni sessuali ma insieme ponendola a contatto con emozioni mai provate prima, la sensazione di essere trattata con timidezza e rispetto, la possibilità di scambiarsi un sentimento anziché subire i soprusi di un compagno che vive per la guerra.

La pietra paziente, nella tradizione popolare afghana, è una pietra cui si possono raccontare le proprie sofferenze, le proprie difficoltà, una sorta di confessore silenzioso che non potendo rispondere offre la libertà di scavare a fondo dentro se stessi, senza timore di essere giudicati o di mostrare parti di sé inaccettabili. La pietra si carica con le rivelazioni che riceve e alla fine si sgretola, concludendo simbolicamente il percorso di autosvelamento di chi si è affidato ad essa.

 

In mezzo alle bombe e a pericoli sempre maggiori la protagonista del film compie un autentico cammino di liberazione dalla schiavitù psicologica, confessa al marito di aver sempre disprezzato la sua prepotenza e si riprende i desideri di una donna, insieme alle passioni che aveva dovuto reprimere per non subire le conseguenze sociali di una ribellione alla figura maschile; “Come pietra paziente” è un viaggio negli abusi culturali che privano la donna della sua dignità, della libertà di scelta, della facoltà di sperimentare la dimensione autentica e consapevole della propria femminilità.

E’ un film denuncia che non cade in proclami retorici, non vuole istruire lo spettatore sul tema affrontato ma si limita a mostrarglielo senza forzature, così che ognuno possa elaborare un punto di vista autonomo.

Il senso di ingiustizia profonda, il degrado culturale di un ambiente che affida a pochi uomini e alla guerra la dimostrazione di un valore intoccabile, fanno da sfondo ad un’emancipazione che integra, si direbbe in termini cognitivisti, due rappresentazioni opposte e conflittuali: da un lato la donna sente di essere vicina al marito non solo per un vincolo imposto ma anche come risultato di un legame affettivo, dall’altro ha sempre più chiara la percezione di cosa le è stato impedito di essere in nome di un potere superiore che ha stabilito la sua appartenenza all’autorità maschile.

L’immagine di sé risvegliata, lo slancio di vivere una sessualità finalmente condivisa, l’esempio di una zia che è riuscita a sottrarsi al ruolo di oggetto passivo compongono un quadro in cui la pietra umana paziente ascolta rivelazioni sempre più inconciliabili con la realtà vissuta fino ad allora: i figli della coppia sono di un altro uomo – il marito era sterile ma l’assenza di figli sarebbe stata imputata alla moglie e con gravi conseguenze, perciò si era reso necessario provvedere clandestinamente alla risoluzione del problema – e ogni pensiero della donna è ormai lontano dalle costrizioni del passato.

La pietra è destinata a spezzarsi per originare forse un’esistenza libera, e spezzandosi porterà con sé ciò che ha ascoltato: dire di più priverebbe lo spettatore del piacere di un finale estremamente significativo. “Come pietra paziente” è un film dal buon ritmo, prende l’attenzione e la conduce nei sentieri di un’esperienza interiore di grande intensità.

Insegna senza averne l’intento e senza giudicare, l’esito più felice per un’opera di questo genere.

 

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