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Alimentazione: Psicologia del cibo quotidiano – RICERCA

Alimentazione: Gli esseri umani hanno accesso ad una gamma infinta di alimenti ma la scelta è ridotta: mangiamo più con la testa che con la bocca.

Di Elena Cadel

Pubblicato il 10 Ott. 2013

Psicologia del cibo quotidiano – RICERCA

 

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Alimentazione: Psicologia del cibo quotidiano – RICERCA. -Immagine: © karandaev - Fotolia.comGli esseri umani avrebbero potenzialmente accesso ad una gamma pressoché infinta di alimenti ma, in pratica, la scelta quotidiana è notevolmente ridotta. Questo avviene perché mangiamo più con la testa che con la bocca.

Il primo pasto è sempre semplice. Per Eva fu un morso di una mela, per un bambino è il latte materno. Tuttavia, con lo sviluppo delle prime esperienze alimentari e dei primi rapporti con l’ambiente esterno, inizia anche un processo di selezione che trascende il valore nutritivo del cibo stesso. In quanto onnivori, gli esseri umani avrebbero potenzialmente accesso ad una gamma pressoché infinta di alimenti ma, in pratica, la scelta quotidiana è notevolmente ridotta. Questo avviene perché mangiamo più con la testa che con la bocca.

Una volta risolto il problema della sopravvivenza, le nostre abitudini alimentari sono fortemente influenzate dalle rappresentazioni mentali di quello che riteniamo commestibile. Per esempio, cavallette ed altri tipi di insetti hanno un valore nutritivo molto alto e sono apprezzate in certe culture africane e orientali, ma non nella nostra. Questo non dipende dal gusto (le avessimo mai assaggiate!) ma dal semplice fatto che per la maggioranza degli Italiani e dei popoli occidentali, questi animali appartengono alla categoria “insetto” e non a quella “cibo”.

La cultura ha una notevole influenza sulle nostre scelte alimentari, condizionando la disponibilità degli alimenti e le pratiche di consumo, ma non solo. Il comportamento alimentare si distingue per l’elevato valore simbolico, che non si esaurisce nella sua funzione nutrizionale ma può essere considerato come atto di comunicazione e di espressione di Sé. In particolare, in alcuni studi di psicologia sociale è emerso come gli individui tendano a giudicare gli altri sulla base degli alimenti scelti, o che suppongono mangino, e che spesso tendiamo a scegliere un cibo per comunicare qualcosa di noi stessi.

Si prenda, per esempio, il caso dei prodotti biologici che, in Italia, sono spesso più cari degli altri, a parità di prodotto. La scelta può dipendere da specifiche esigenze (per esempio, allergie a determinati pesticidi) ma anche essere l’espressione della propria identità, come persona salutista o attenta all’ambiente, nonché la manifestazione del proprio stile di vita alimentare.

Per queste ragioni, quando guardiamo quello che abbiamo nel piatto, dobbiamo considerare che la nostra scelta trascende sia il valore nutritivo che il gusto (non sempre, infatti, ci limitiamo a mangiare quello che ci piace). Mangiare è un processo psicologico, influenzato dalle norme esplicite ed implicite fornite dal contesto sociale in cui viviamo, e dai nostri atteggiamenti nei confronti del cibo. Può fornire informazioni su alcuni aspetti dell’identità della persona, ma anche agire come strumento di comunicazione di bisogni, conflitti ed espressione di Sé.

Solitamente, quando si pensa al rapporto tra psicologia ed alimentazione, il primo pensiero corre al contesto clinico e ai disturbi del comportamento alimentare.

Tuttavia, la psicologia sociale ci aiuta a comprendere la moltitudine di fenomeni che sono alla base delle scelte alimentari quotidiane, non patologiche. Da tempo viene utilizzata dall’industria alimentare per entrare in sintonia col mercato ma, oggigiorno, è anche impiegata in chiave di prevenzione per migliorare il rapporto con il cibo sia sul piano fisiologico che su quello psicologico.

LEGGI ANCHE:

ALIMENTAZIONEPSICOLOGIA SOCIALE –

 

BIBLIOGRAFIA:

Questionario

 

Cari lettori,

Stiamo conducendo una ricerca sulle abitudini alimentari, in collaborazione con l’università del Surrey (UK), tra i ragazzi tra i 18 e i 31 anni che vivono da soli o con dei coinquilini. La ragione per cui coppie conviventi sono escluse riguarda la necessità di gestire la spesa in autonomia senza eccessive influenze da parte di un partner.

Avendo un target molto vasto da raggiungere non riusciamo ad esaurire il campione tra i soli studenti dell’Università Bicocca e stiamo cercando l’aiuto di tutti per completare la ricerca.

Se qualcuno di voi si riconosce nel campione, potrebbe compilare questo breve questionario? Mediamente, abbiamo visto che ci si mette meno di 10 minuti per completarlo.

In alternativa, potreste far girare il link nella vostra mailing list, sulla vostra pagina facebook o su twitter?

Ringraziandovi in anticipo per disponibilità e cortesia, resto a disposizione di ulteriori chiarimenti.

Elena Cadel.

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