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LGBT – Risposta all’articolo del Dott. Orlando del Don sul caso Andrea

LGBT- Nel nostro Paese sembra che l’omosessualità debba restare un tabù anche dopo che qualcuno si è tolto la vita perché distrutto dal minority stress.

Di Andrea Perdichizzi

Pubblicato il 02 Set. 2013

Aggiornato il 05 Ago. 2022 11:56

Articolo Risposta a “Il suicidio di un ragazzo quattordicenne” del Dott. Orlando del Don

 

Articolo Risposta a “Il suicidio di un ragazzo quattordicenne” del Dott. Orlando del Don. Immagine:© fotodo - Fotolia.comNel nostro Paese sembra che l’omosessualità debba restare un tabù, che non se ne possa parlare neanche dopo che qualcuno si è tolto la vita perché distrutto dal peso del minority stress, così un ragazzo di 14 anni si getta da un terrazzo e le vere motivazioni legate a questo gesto vengono considerate una “forzatura”. 

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A proposito della notizia di Andrea, il ragazzo gay di 14 anni che si è ucciso qualche giorno fa, La Repubblica (14 agosto 2013) scrive: “Il giovane, prima di lanciarsi dal tetto del suo palazzo, ha lasciato su una pen-drive la missiva per il padre in cui motiva il tragico gesto legandolo a profondi problemi esistenziali anche di natura sessuale.

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La Stampa (13 agosto 2013) scrive: “Nuovi sviluppi e interrogativi sulla vicenda della morte del ragazzino che alcuni giorni fa si è tolto la vita lanciandosi dal tetto del suo palazzo a Roma. Un gesto che il giovane aveva spiegato in una lettera lasciata al padre, legandolo alla sua omosessualità.”

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Nel nostro Paese sembra che l’omosessualità debba restare un tabù, che non se ne possa parlare neanche dopo che qualcuno si è tolto la vita perché distrutto dal peso del minority stress, così un ragazzo di 14 anni si getta da un terrazzo e le vere motivazioni legate a questo gesto vengono considerate una “forzatura” nonostante il ragazzo abbia lasciato scritto a chiare lettere un messaggio che ha più volte modificato nel corso degli ultimi giorni prima del suicidio, prova del fatto che non si sia trattato di un atto impulsivo ma al contrario di un gesto premeditato accuratamente.

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Bisogna fare attenzione con queste etichette e definizioni.” Questa frase è già di per sé pregna di omofobia, perché vorremmo ricordare al Dott. Orlando del Don che non vi è nulla di male nell’essere omosessuali se a circondarci è una società civile ed emancipata, dove le differenze vengono considerate come una risorsa e non come una minaccia, e che non spera di cambiare ed omologare il futuro delle persone perché le accetta per quello che sono. Il male è piuttosto insito nei soggetti che stigmatizzano orientamenti sessuali diversi da quello eterosessuale rendendo devastante l’impatto con la società ed in particolare con i compagni di scuola.

Quasi tre decenni di ricerche scientifiche in questo ambito hanno dimostrato che un ambiente sociale che esclude e stigmatizza i giovani LGBT spinge molti di loro a vedere il suicidio come unica via di fuga alla depressione, alla solitudine e alla disperazione. In particolare, esperienze negative a scuola (conseguenti dalla rivelazione della propria identità LGBT) hanno avuto un impatto cruciale sul suicidio e sull’autolesionismo.

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L’esperienza di bullismo è stato un fattore chiave utile a capire se l’intervistato ha tentato il suicidio, e l’omofobia da parte degli altri studenti è stato un fattore chiave utile a capire se l’intervistato ha considerato il suicidio. Il suicidio sembra essere la prima causa di morte tra i giovani omosessuali; una grande percentuale di essi ha pensato almeno una volta alla possibilità di suicidarsi.

Tutti questi dati suggeriscono che il fatto di essere omosessuali costituisca un fattore di rischio aggiuntivo alla possibilità di commettere suicidio rispetto agli adolescenti eterosessuali. Il 25% dei suicidi fra giovani europei di età compresa fra i 16 e i 25 anni è attribuibile all’omofobia, ma se fosse vero quello che leggiamo nell’articolo scritto da Del Don non potremmo spiegare come genitori che si scoprono omosessuali in età adulta non decidano di fare la stessa fine di Andrea.

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Non è sentirsi omosessuali ma sentirsi esclusi, derisi, soli che crea disagio, confusione e sensi di colpa.

Non è la parola omosessuale ad uccidere ma gli atti omofobici, il mancato riconoscimento dell’altro come diverso da sé, il mancato riconoscimento della parità di diritti e bisogni che ogni adolescente, eterosessuale, omosessuale, bisessuale può manifestare.

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Il cambiamento può e deve avvenire sul fronte dell’educazione, della formazione e della cultura, nel rispetto del cambiamento dei tempi, dei risultati delle ricerche scientifiche ma soprattutto dell’uguaglianza dei diritti umani, indipendentemente da etnia, status sociale, orientamento sessuale, credo religioso.

È necessario cercare di far capire ai giovani che l’eterosessualità non è un dovere imprescindibile, che esistono infiniti orientamenti sessuali che non costituiscono un’etichetta ma che creano un’individualità unica e irripetibile, che va rispettata e salvaguardata ogni giorno perché rende speciale ognuno di noi. È la società che crea quello stato di confusione e smarrimento rispetto al proprio orientamento sessuale e alla propria identità, quindi è la società che va modificata nel suo modo di vedere le persone nella loro individualità, non si può pensare neanche lontanamente di mettere in guardia tutti i giovani dal loro personale sentire, come se quello che sentono sia sbagliato “ma solo temporaneo”, solo frutto di una temporanea confusione legata alle fasi evolutive della vita. Questo non farebbe altro che alimentare il principio cardine di qualunque terapia riparativa, detta anche terapia di conversione dell’orientamento sessuale, l’effetto collaterale di una dilagante omofobia che in Italia trova ancora pane per i suoi denti perché non vi è una legge pronta a contrastarla.

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Navigando in rete è possibile trovare un articolo al quale sembra essersi ispirato lo psichiatra e psicoanalista Dott. Orlando Del Don, “L’aumento dei suicidi per la crisi, una brutta favola pericolosa” che riporta i commenti della Dott.ssa Sandra Sassaroli, psichiatra e docente di terapia cognitiva, “Precario il lavoro, stabile l’ansia – Il ritratto psicologico di una generazione” pubblicato dal Dott. Gianluca Frazzoni il 13 aprile 2012 sul portale di State of Mind.

In questo commento la Dott.ssa Sassaroli giudica una “forzatura” (lo stesso termine utilizzato successivamente da Orlando del Don) considerare la crisi economica come la motivazione principale alla base del recente suicidio di molti imprenditori. La Dott.ssa scrive: “Questo è importante perché non mi piace mai dare la colpa alle cose e basta ma ragionare sugli aspetti psicologici in modo più utile che applicare tout court a una difficoltà oggettiva le categorie diagnostiche dell’ansia o della depressione senza metterci in mezzo la lettura idiosincratica che ciascun individuo costruisce della sua realtà. Occorre guardare a ciascun individuo, alle sue storie, al suo modo di reagire in modo psicologico, fine.”

Pensiamo che questo discorso non faccia una piega e potremmo sottoscriverlo in ogni suo punto, ma non è possibile estenderlo al minority stress dovuto ad un orientamento sessuale omosessuale in adolescenza, come invece si evince dall’articolo scritto dal Dott. Orlando del Don. Una crisi economica è un fattore esterno, che è fuori dalla portata di un lavoratore che viene lasciato a casa, la cassa integrazione o il licenziamento sono eventi molto spiacevoli che a volte si inseriscono all’interno di panorami psicologici già molto gravi, portando quindi al suicidio persone che si trovano già in età adulta. La crisi economica in questo caso avrebbe un effetto fatale, ma solo a titolo soggettivo.

Diversa è la questione se parliamo di omosessuali in età adolescenziale che non vedono nascere all’esterno la causa del proprio malessere, bensì all’interno, dentro di sé, come un male incurabile che abbassa i livelli di autostima e amor proprio, costituendo un macigno che pesa sulla propria identità, un peso che spesso risulta troppo grande da trascinare anche se il soggetto adolescente non proviene da una situazione pregressa di disagio psicologico o familiare.

La società non educa i genitori ad accogliere un figlio gay, come si può pensare quindi che tutti i giovani omosessuali siano in grado di accettare se stessi, di accogliere la propria attrazione omosessuale, dandosi così una possibilità per essere felici restando se stessi?

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Insomma ci sembra ovvio che una persona che decide di togliersi la vita è una persona estremamente fragile e poco resiliente, così come è altrettanto ovvio che non vi sia una singola ragione alla base di una sintomatologia depressiva ma piuttosto che vi sia una vera e propria costellazione di motivazioni. Tuttavia non si può negare che in una percentuale dei casi molto alta, la vera causa scatenante che spingerebbe una persona a saltare da un terrazzo non sia mai più di una sola, mentre le altre possono considerarsi delle conseguenze della medesima.

Spesso si decide di lasciare scritta questa motivazione su un bigliettino, esattamente come ha fatto Andrea quando ha parlato di omosessualità, quindi la domanda che dovremmo fare allo psichiatra che ci ha spinto a scrivere questo articolo è: “Si può pensare di INTERPRETARE un suicidio IGNORANDO le ultime parole scelte da queste persone prima di andarsene per sempre?”.

Conclusione. L’orientamento sessuale è una componente fondante e pervasiva dell’individualità umana, non definisce il soggetto nella sua globalità ma sicuramente ne influenza aspetti importantissimi del benessere psicologico, come le relazioni interpersonali e il modo di vedere se stessi.

Per venire contro la tesi del Dott. Orlando Del Don possiamo sicuramente confermare che dietro un gesto estremo come il suicidio possano esserci diverse tipologie di disagio, ma stando alle ricerche scientifiche non si può non prendere in considerazione il peso tragico della non accettazione sociale dovuto all’omofobia.

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L’impossibilità di sentirsi accolti e sostenuti per ciò che si è veramente è una spinta insormontabile verso l’autodistruzione. Quindi perché evitare la questione omosessualità per spostare il focus sull’adolescenza in generale? Perché non si parla di come la società italiana è organizzata per far fronte all’omofobia? Perché i professionisti della salute mentale non divulgano informazioni per la frammentazione di questa piaga sociale, dando indicazioni rispetto a percorsi di intervento nelle scuole ad esempio, piuttosto che negare l’impatto che oggi l’omosessualità egodistonica può avere su un soggetto adolescente?

L’adolescenza ai tempi della crisi. -Immagine: © olly - Fotolia.com
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In Inghilterra, il progetto UK Schools Report ha riscontrato vantaggi significativi nelle scuole in cui sono stati presi provvedimenti positivi:

• in quelle che hanno avuto una specifica politica contro il bullismo omofobico, il 60% dei giovani LGB non è stato vittima di bullismo e il 70% si sentiva sicuro a scuola;

• gli studenti che andavano nelle scuole dove gli insegnanti erano reattivi agli episodi omofobici hanno sentito più di tre volte la loro scuola come un luogo accogliente e tollerante, dove si sono sentiti i benvenuti;

• il 60% degli studenti cui erano stati dati insegnamenti positivi sulle tematiche gay e lesbiche era più felice a scuola e il 40% si sentiva più rispettato.

Questi risultati sono supportati da uno studio americano, da cui risulta che i giovani LGB che avevano impressioni positive nei confronti dei loro insegnanti erano significativamente meno portati ad avere esperienze di difficoltà di ampio raggio all’interno della scuola rispetto ai loro coetanei. Ciò ha dimostrato che gli insegnanti che offrono supporto ai giovani LGB potevano aiutare a prevenire i loro problemi. 

L’indifferenza e la negazione del problema nutrono l’omofobia.

LEGGI:

LGBT – LESBIAN GAY BISEX TRANSGENDER –  OMOFOBIA – CRONACA & ATTUALITA’ – SUICIDIO –  ADOLESCENTI – SOCIETA’ & ANTROPOLOGIA

 

Autore:

Andrea Perdichizzi – Gruppo Psicologi Evelyn Hooker Torino

 

BIBLIOGRAFIA:

 

 Quest’articolo è stato anche pubblicato su www.arcigaytorino.it

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