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Leadership negli Sport di Squadra #6: Leader istituzionale o intimo

Leadership negli Sport di Squadra -Leader istituzionale o intimo: Il primo viene definito a priori mentre il secondo si determina a livello inconscio.

Di Gabriele Caselli

Pubblicato il 11 Set. 2013

 

Leadership negli Sport di Squadra #6:

Leader istituzionale e leader intimo

LEADERSHIP NEGLI SPORT DI SQUADRA – PSICOLOGIA DELLO SPORT – MONOGRAFIA

 

 

Leadership negli sport di squadra: Leader istituzionale o intimo. -Immagine: © Sergey Nivens - Fotolia.comLa caratteristica propria dello sport di squadra, è la possibilità di distinguere un leader istituzionale da un leader intimo. Il primo viene definito a priori mentre il secondo si determina a livello inconscio all’interno di quella che Mazzali [1995] definisce: anima gruppale.

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Nel capitolo precedente sono stati analizzati i processi e i modelli di riferimento alla base della assunzione e gestione del ruolo di leader. A questo punto, concentrando l’attenzione sull’ambito sportivo si può osservare come la condizione di leader risulti particolare all’interno di un gruppo di questo tipo.

La caratteristica propria dello sport di squadra, è la possibilità di distinguere un leader istituzionale da un leader intimo.

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Il primo viene definito a priori mentre il secondo si determina a livello inconscio all’interno di quella che Mazzali [1995] definisce: anima gruppale.

Difficilmente quindi si può parlare di una singola figura di leader anche se in alcuni casi rari l’assenza di un giocatore dotato delle necessarie capacità può far sobbarcare tutte le responsabilità del capitano sul ruolo dell’allenatore. Molto spesso, al contrario,  si possono distinguere queste due diverse posizioni nella gerarchia di status (l’allenatore e il capitano) la cui armonia gioca un ruolo fondamentale sia a livello di prestazione che a quello di soddisfazione per tutti i componenti del gruppo. Molte ricerche ne hanno messo in evidenza alcune differenze, le quali influenzano anche le aspettative e le funzioni che svolgono all’interno della squadra. Nella tabella seguente vengono riassunte le più importanti:

TAB. 1 LEADERSHIP SPORT DI SQUADRAE’ importante sottolineare che queste due categorie rappresentano solo degli idealtipi, chiari, semplici e utili a livello teorico, ma altrettanto irreali nelle dinamiche quotidiane intragruppi dove, solitamente, si pongono entrambe lungo un continuum in ciascuna delle dimensioni prese in considerazione.

Lo stesso Mazzali [1995], pur riconoscendo all’allenatore un principale orientamento al raggiungimento degli obiettivi imposti dalla dirigenza e al capitano un principale orientamento alle relazioni, non nega la necessità di un atteggiamento intermedio da parte di entrambi perché si possa raggiungere la stabilità interna, necessaria ad affrontare senza esagerate esultanze i momenti di vittorie e senza disgregazioni interne in periodi di sconfitte, e per mantenere elevato l’impegno del gruppo. Questa tipologia di leader che sa utilizzare la propria autorità ma che la trae dall’accettazione del gruppo (guadagnandola quando la sua origine non dipende da questa)  è definito dall’autore un leader “catalizzatore”.

Tutte queste caratteristiche risultano elementi determinanti per la soddisfazione e la prestazione della squadra secondo il modello multidimensionale, presentato nell’articolo precedente, di Chelladurai [1990]. Questo concetto è ribadito dall’idea esposta da Mazzali che la gestione dello spogliatoio, e quindi delle problematiche socio-emotive e prestazionali della squadra, è sempre un momento transitorio in cui non esistono comportamenti universalmente validi poiché ogni gruppo rappresenta una realtà a sé stante.

E’ indispensabile quindi che il leader possegga abilità che gli permettano di adattare il proprio comportamento per affrontare nel modo migliore le più svariate situazioni problematiche. Alla luce, quindi, di quello che si è osservato essere la caratteristica principale per il successo del leader (la versatilità comportamentale), questa associazione tra il tipo di leader e gli stili comportamentali ideati da Bales e Slater [1955], pur mantenendo un fondo di verità, appare eccessivamente rigida. Sia l’allenatore che il leader interno alla squadra devono risultare in grado di attivare l’uno o l’altro stile comportamentale.

Detto questo rimangono due differenze sostanziali tra questi ruoli, che riguardano la loro posizione rispetto al collettivo e la loro origine.

Rispetto al primo punto è necessario ricordare che l’allenatore appartiene alla sub-struttura ufficiale dello spogliatoio [Giovannini e Savoia, 2002] e per questo mantiene sempre un certo distacco rispetto alla collettività; possiede un ruolo importante e correlato con le dinamiche della squadra ma esterno ad esse. In relazione al comportamento dell’allenatore questa distanza dalla collettività può essere più o meno colmata ma non può essere mai esaurita poiché è una qualità fondante la posizione a cui appartiene; l’allenatore prescrive l’allenamento ma non lo esegue, prepara le partite ma non le gioca assieme agli altri. Ciò che non riesce a colmare dipende quindi da quelle esperienze comuni che quotidianamente condividono i giocatori alle quali non appartiene.

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Esattamente l’opposto si può dire per il leader intimo, che fa parte della sub-struttura ufficiosa dello spogliatoio, in quanto il suo ruolo non è determinato ufficialmente ma emerge dalle dinamiche di gruppo. Al contrario dell’allenatore il leader intimo condivide con i compagni di squadra tutte le dinamiche dell’allenamento e della partita vivendo in prima persona il gioco di squadra.

Per quanto riguarda l’origine esiste una differenza importante già segnalata nella Tab1. L’allenatore, essendo un ruolo istituzionalmente determinato, viene imposto, come figura, ai membri della squadra, dalla dirigenza. I giocatori, di norma, non hanno alcun potere nella sua elezione, il che può indicare che, al di là della professionalità di ciascun atleta, il rapporto inizialmente è del tutto superficiale anche se si potrà costruire con il tempo.

Il capitano, pur essendo difficile determinare quali sono gli esatti processi che portano alla sua elezione, viene scelto dai membri del gruppo che lo riconoscono come legittimo possessore di questo status. Il processo di costruzione del ruolo di leader segue quindi delle dinamiche diametralmente opposte: per l’allenatore l’elezione è istituzionale e in un secondo momento può essere riconosciuta e accettata dalla collettività; per il capitano, al contrario, la posizione viene assegnata dal gruppo ed eventualmente, e in un secondo tempo, riconosciuta e accettata ufficialmente dall’allenatore.

Come è già stato accennato risulta piuttosto semplice riconoscere chi detiene il ruolo di leader interno alla squadra, mentre è alquanto complesso individuare i motivi e i processi decisionali che hanno portato il gruppo a eleggerlo, soprattutto perché questa scelta, il più delle volte, non è dettata da raziocinio ma da processi inconsci appartenenti all’anima gruppale della squadra.

Con questo concetto Mazzali [1995] si riferisce a “una sorta di <impalpabile rete> che si crea spontaneamente quando un insieme di individui continua a vivere esperienze comuni e si percepisce solo quando se ne è parte” [Mazzali, 1995, p.24].  Secondo l’autore è da queste rete di rapporti emozionali che emerge l’assegnazione del ruolo di leader, non tanto per doti fisiche o intellettive particolarmente eclatanti o positive, quanto perché possiede una sensibilità intuitiva (per lo più innata) che gli permette di comprendere e influenzare la stessa anima inconscia del gruppo.

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Influenzare l’anima gruppale vuol dire, prima di tutto, essere in grado di “stimolare in modo produttivo o negativo il sentimento collettivo” [Mazzali,1995]. Prunelli [2000] sottoscrive un decalogo comportamentale a proposito del buon capitano che sottolinea in che direzione quest’influenza deve essere orientata. Le norme comportamentali che descrive sono riportate di seguito.

I “dieci comandamenti”del buon capitano

  • Pensa per te e per gli altri e non sentirti sminuito se devi metterti a disposizione dei compagni.
  • Cerca di essere tranquillo ed equilibrato, trasmetti sicurezza, rivolgiti all’arbitro nelle dovute maniere.
  • Intervieni a sostegno di un compagno in difficoltà o incapace di sottostare alle regole del gruppo. Mostrati positivo.
  • Non defilarti se non sei in giornata, se l’avversario è più forte e il risultato compromesso.
  • Se occorre fai le veci dell’allenatore: assumi responsabilità. Prendi decisioni.
  • Nei momenti di difficoltà della squadra sforzati di essere creativo e coraggioso, diffondi ottimismo.
  • Tieni conto delle esigenze e dei problemi di ogni compagno.
  • Armonizza i rapporti all’interno dello spogliatoio.
  • Diventa leader, ma proponiti in modo tale che ogni componente del gruppo, in determinate situazioni sia leader a sua volta.
  • Fai in modo di essere credibile senza aver bisogno del sostegno dell’allenatore.

Prunelli [2000]

 

E’ importante ricordare che all’interno della squadra esiste anche un leader tecnico rappresentato da colui che occupa il ruolo sportivo centrale negli schemi tattici del team (il centromediano nel calco, il playmaker nella pallacanestro ecc…) che rappresenta un punto di riferimento nel corso delle prestazioni della squadra in quanto è colui che detta i ritmi del gioco.

Questa figura, assolutamente importante, può coincidere con quella del leader intimo della squadra ma il più delle volte risulta essere una posizione distinta da questa in quanto richiedono diverse abilità. In sostanza la squadra può possedere un leader tecnico esperto e estremamente abile (che tutti gli altri giocatori vorrebbero avere al proprio fianco in momenti critici di una partita) ma non avere le qualità sociali e psicologiche per essere riconosciuto come leader intimo.

E’ facile osservare, a questo punto, come la leadership interna ad una squadra sia un fenomeno variegato e con una struttura diversa e unica per ogni team sportivo che viene preso in considerazione. Spesso infatti possono esistere più leader in aperta ostilità tra loro, magari ciascuno supportato da una parte della squadra, la cui convivenza diviene un problema importante per far si che non si ripercuota sulle prestazioni di tutti.

LEGGI:

PSICOLOGIA DELLO SPORT – RAPPORTI INTERPERSONALI –  LEADERSHIP NELLO SPORT

LEADERSHIP NEGLI SPORT DI SQUADRA – PSICOLOGIA DELLO SPORT – MONOGRAFIA

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Gabriele Caselli
Gabriele Caselli

Direttore scientifico Gruppo Studi Cognitivi, Professore di Psicologia Clinica presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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