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Terapia di Gruppo: l’Approccio Gestaltico

Terapia di Gruppo: gruppo come “terzo elemento” della relazione: permette ai partecipanti di osservare e comprendere meglio le proprie modalità relazionali

Di Annalisa Bertuzzi

Pubblicato il 11 Lug. 2013

Aggiornato il 20 Nov. 2013 13:01

Terapia di gruppo: l'approccio gestaltico. - Immagine:© koszivu - Fotolia.com

Il gruppo si pone, in aggiunta al terapeuta e al cliente, come “terzo elemento” della relazione, rappresentando una risorsa ulteriore: permette ai partecipanti di osservare e comprendere meglio le proprie modalità relazionali in un contesto più ampio e complesso rispetto alla semplice interazione diadica col terapeuta. 

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Il percorso di psicoterapia può avvenire non unicamente in un setting individuale, ma anche in un setting di gruppo: il terapeuta si rapporta non solo ad uno, ma ad un certo numero di clienti nell’ambito di una seduta di gruppo.

La modalità di conduzione di un gruppo terapeutico varia in relazione al modello teorico di riferimento del conduttore; non tutte le terapie di gruppo rispondono alle stesse esigenze e funzionano secondo gli stessi principi.

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Se facciamo riferimento al modello gestaltico l’accento viene messo sulle dinamiche di gruppo e sui vissuti emotivi dei componenti, con una centratura sulla realtà presente, sul “qui e ora”.

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Il gruppo si pone, in aggiunta al terapeuta e al cliente, come “terzo elemento” della relazione, rappresentando una risorsa ulteriore: permette ai partecipanti di osservare e comprendere meglio le proprie modalità relazionali in un contesto più ampio e complesso rispetto alla semplice interazione diadica col terapeuta. 

L’osservazione delle interazioni degli altri componenti, e di quelle del gruppo nel suo insieme, permette di acquisire informazioni significative; secondo l’approccio gestaltico le dinamiche interattive del gruppo sono, infatti, un elemento fondamentale del lavoro di gruppo.

In questo quadro, Il lavoro di gruppo vede la persona in costante interazione e con gli altri e il setting di gruppo costituisce un ambiente privilegiato, all’interno del quale i partecipanti, supportati dalla presenza del conduttore che coordina le attività, possono sperimentare una situazione che li aiuti ad adottare comportamenti spontanei e ad esprimersi liberamente.

Il fine ultimo delle sedute di un gruppo a mediazione gestaltica si identifica con il raggiungimento della consapevolezza delle proprie dinamiche interne ed interpersonali e con l’espressione, in un ambiente protetto, di sentimenti ed emozioni; si tratta di un’esperienza creativa che sottostà ad una serie di accordi, concordati in modo esplicito, riguardo alle finalità del gruppo e ai diritti e le responsabilità di coloro i quali vi prendono parte (Benson, 2004).

Ogni partecipante ha l’opportunità, se lo desidera, di effettuare un proprio lavoro individuale all’interno del gruppo; nel corso di tale lavoro esplorativo la persona è supportata dal conduttore e può avvalersi della collaborazione degli altri componenti che, se vogliono, possono accettare dietro richiesta di contribuire al lavoro.

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Ciascun componente è libero di scegliere che contributo dare alla seduta di gruppo, se lavorare o meno in prima persona, se partecipare o meno ai lavori degli altri. È importante che il lavoro sulle emozioni avvenga senza forzature, in modo da evitare che la promozione della trasparenza si traduca in uno svelamento prematuro e in espressioni emotive non supportate da un’adeguata rielaborazione cognitiva; ciò  può risultare antiterapeutico (Giusti, 1999).

Per il soggetto che ha bisogno di sperimentare un contatto con gli altri il gruppo terapeutico a mediazione gestaltica appare utile a ristabilire contatti adeguati che siano fonte di benessere: attraverso l’esperienza di gruppo è possibile sperimentarsi sul piano interpersonale.

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Alcuni studiosi muovono, a questo proposito, un’obiezione critica, riguardante il fatto che nei workshop gestaltici “non viene vissuta la vita di ogni giorno, ma una situazione sperimentale di gruppo” (Franta, 1982, 130). Per questa ragione è importante sottolineare l’importanza di trasferire e di sperimentare gli apprendimenti esperienziali vissuti nel gruppo nella vita quotidiana; se ciò non avviene il gruppo perde la sua valenza terapeutica per diventare un rifugio, cosa che, paradossalmente, allontana ancor di più le persone dal contatto con se stessi e con la realtà.

Attraverso il lavoro di gruppo, inoltre, è possibile apprendere come gestire le istanze complementari che animano la vita del gruppo e che costituiscono istanze caratterizzanti l’esperienza umana: il bisogno di appartenere e il bisogno di differenziarsi (Benson, 2004). In altre parole i componenti del gruppo imparano a far convivere il bisogno di appartenere al gruppo e il bisogno di distinguersi, sancendo la propria individualità.

Il gruppo a mediazione gestaltica è caratterizzato una serie di regole, tra cui possiamo ricordare: tempo fisso a disposizione, puntualità, necessità di un atteggiamento di discrezione e confidenzialità tra i partecipanti, astinenza di relazioni sessuali tra  i componenti ed esclusione di osservatori casuali (Manucci, Di Matteo, 2004). Inoltre, è auspicabile che i componenti non si frequentino al di fuori dal setting: potrebbe nascere difficoltà a lavorare in modo efficace una volta che, con una maggiore conoscenza nel quotidiano, diventi più difficile “proiettare” sull’altro elementi del proprio vissuto.

In conclusione, possiamo affermare che il lavoro terapeutico effettuato in un gruppo a mediazione gestaltica rappresenta “un processo attraverso il quale venire incontro alle particolari esigenze relative ai bisogni individuali e di gruppo, basato su una visione della persona come entità in costante interazione e rapporto con gli altri” (Benson, 2004, 23).

LEGGI: 

 TERAPIA DI GRUPPO –  IN TERAPIA –  TERAPIA DELLA GESTALT

 

 

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Annalisa Bertuzzi
Annalisa Bertuzzi

PSICOLOGA PSICOTERAPEUTA AD INDIRIZZO UMANISTICO - INTEGRATO

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