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Intervista a Mark Frank – Riconoscere le menzogne

Menzogne: sono con il Dott. Mark Frank, un po' in ansia, e non posso fare finta di essere rilassata perché è il più grande esperto nel rilevare le bugie..

Di Valentina Davi

Pubblicato il 01 Lug. 2013

Aggiornato il 22 Ott. 2021 12:04

Riconoscere le menzogne

Intervista a Mark Frank

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STATE OF MIND: Sono qui con il Dott. Mark Frank, sono un po’ nervosa e in ansia e non posso fare finta di essere rilassata perché è il più grande esperto nel rilevare le bugie, quindi… [sono fregata!]

DR. MARK FRANK: Hai appena mentito, Valentina!

SoM.: Oh no! … (è vero!) [in effetti passerò tutta l’intervista cercando di mostrami rilassata fallendo miseramente]

I nostri lettori sono principalmente psicologi e psicoterapeuti. Lei lavora molto con agenzie investigative, poliziotti, etc. Io credo però che le sue ricerche possano essere molto importanti anche nel campo della psicoterapia perché anche in psicoterapia è molto importante essere in grado di riconoscere le menzogne. Quindi, quale ritiene siano le implicazioni della sua ricerca nel campo della psicoterapia?

M. F.: Questa è davvero una bella domanda. Penso che il discorso si possa articolare su più livelli.

Un primo livello riguarda come i pazienti elaborano le informazioni che ricevono dal proprio psichiatra.

Molte problematiche emergono in caso di somministrazione di farmaci, quando i pazienti cercano di ottenere farmaci di cui magari non hanno bisogno, ma che vogliono assumere.

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Un altro aspetto ha a che fare con la necessità per lo psichiatra di riconoscere pazienti potenzialmente pericolosi e cercare di determinare se la minaccia sia reale o se la persona in realtà non sia veramente pericolosa o addirittura se porti con sé un’arma. A tal proposito ci sono numerose tecniche su cui fare affidamento e tecniche di osservazione che riguardano la comunicazione non verbale che vengono utilizzate proprio per identificare quali sono alcuni di questi fattori.

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Ritengo inoltre che gli psichiatri debbano riconoscere che non si limitano soltanto a leggere i comportamenti, ma che sono anche loro stessi generatori di comportamento. È possibile che lo psichiatra [ma leggi anche terapeuta] crei degli stili di comportamento che possano produrre in lui delle reazioni che potrebbero indurlo in errore nel valutare, per esempio, se con quel paziente sta realmente procedendo bene, se è davvero pericoloso o se è davvero a rischio suicidario… Tutte queste considerazioni, tenere a mente che non si è solamente dei lettori di comportamento, ma anche dei generatori di comportamento, permettono di rendere la conversazione più agevole…e quando ciò avviene e si costruisce un buon rapporto e si incomincia a parlare, si ottengono migliori informazioni e naturalmente lo psichiatra può effettuare una migliore valutazione.

Mark G. Frank - Comportamento e Inganno - Seminario
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SoM: Ha mai tenuto corsi di training per psichiatri o psicologi?

M.F.: In un certo qual modo sì. A volte nei gruppi per cui faccio formazione ci sono psicologi, psichiatri, forze dell’ordine, e altre figure professionali…quindi direi sì, in gruppi misti. Qualche anno fa mi è capitato, sì.

SoM.: Su cosa focalizzerebbe la formazione se dovesse aver come target degli psicologi? Gli argomenti trattati sarebbero gli stessi affrontati durante questi 2 giorni di seminario?

M.F.: I temi trattati non riguarderebbero più di tanto il tema della menzogna, bensì come i pazienti reagiscono a ciò che il terapeuta sta cercando di fare. Quando si suggerisce un determinato programma terapeutico, quanto sono aperti a ciò che viene proposto? O stanno rifiutando quanto viene loro proposto nonostante stiano dicendo “Ok, ci proverò”? Hanno realmente intenzione di provarci o lo stanno solamente dicendo per sbarazzarsi del terapeuta?

SoM: Eh sì, il problema della compliance al trattamento…

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M.F.: Un altro tema riguarda il fatto che i pazienti possono dare risposte vaghe che sembrano delle buona risposte; per esempio alla domanda “Come sta andando con i nuovi farmaci che Le ho prescritto?” possono rispondere “Oh, sì, bene”. Ok, ma quanto bene? Quanto male? C’è altro che vorremmo sapere? Bisogna essere pronti a fare ulteriori domande, ma ciò dipende da come il paziente dice “Sì, bene”, che ci indica se il paziente sta veramente bene, se ci sono dei problemi, se ha difficoltà a tenere il passo con il programma terapeutico, etc.

Quindi il lavoro si focalizzerebbe più sull’aiutare a prestare attenzione a come i pazienti reagiscono a ciò che cerchiamo di fare.

SoM: Beh, è molto interessante tutto ciò! Quali sono invece le Sue future linee di ricerca?

M.F.: Beh, in realtà ho in essere diverse linee di ricerca.

Una riguarda il cercare di capire come le persone giudicano l’inganno…buono o cattivo.

Un’altra linea di ricerca si occupa di comprendere che cosa effettivamente succede dal punto di vista comportamentale e in quale contesto.

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 Per esempio, se le persone si alzano e camminano intorno versus se stanno sedute versus altri possibili contesti…insomma, quali sono gli indizi comportamentali e quali sono i modi migliori per misurarli. Perché uno dei problemi che si riscontrano quando si conduce questo tipo di ricerche è che è necessario tantissimo tempo per effettuare una codifica FACS (Facial Action Coding System): a volte servono fino a due-tre ore per codificare un solo minuto di comportamento.

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Ora abbiamo a disposizione degli strumenti tecnologici, un software che legge alcuni elementi facciali e che stiamo cercando di perfezionare in modo da poterlo utilizzare come se fosse un codificatore indipendente che un giorno sarà in grado di fare codifiche complete. Ma c’è il rovescio della medaglia: qualora il software diventi aperto, sarà disponibile per tutti e le persone che non si prenderanno più del tempo per studiare come esattamente funziona il volto useranno il software e cominceranno a fare ogni sorta di insolite affermazioni sul viso e questo sarà un problema; ogni cosa ha i suoi pro e le sue conseguenze.

SoM: Se ripensa alla sua carriera di ricercatore, qual è stato il risultato più sorprendente che ha trovato? Qualcosa che proprio non si aspettava di trovare…

M.F.: Beh, una delle cose che stanno succedendo è che stiamo scoprendo che inganno e ostilità, che sono state fino ad ora due linee di ricerca separate, in realtà vanno un po’ insieme. Abbiamo visto che la ricerca sulle emozioni, in riferimento a cosa succede quando si mente, è molto importante riguardo al tema della violenza nel predire chi potrebbe diventare violento. Durante gli studi che stavamo conducendo ad un certo punto abbiamo visto che le persone quando mentivano a volte mostravano elementi quali disprezzo e disgusto… e non riuscivamo a spiegarci la presenza di questi due elementi perché in quegli studi il compito assegnato consisteva nel rubare a delle persone! Così abbiamo realizzato che parte si riferiva al mentire e parte aveva a che fare con l’ostilità, e così ora due linee di ricerca che prima ritenevo fossero separate – menzogna ed ostilità – sembrano invece far parte di processi simili. Questo è stato piuttosto eccezionale, il risultato più sorprendente!

Un’altra cosa sorprendente è che all’inizio dei nostri studi, ogni volta che indagavo il ruolo delle emozioni nell’inganno e riguardavo le videoregistrazioni, rimanevo inizialmente sempre deluso, pensavo: “mmm…non sembra esserci nulla!”. Poi riguardavo i video a rallentatore, frame by frame, e, oh mio Dio, c’era così tanto! Nell’ultimo studio abbiamo trovato qualcosa come…non ricordo precisamente i numeri…ma circa il 40% di emozioni negative che tradiscono un bugiardo, che durano meno di un secondo! Ecco perché è facile perderle, ma ora ovviamente dopo anni e anni a guardare filmati, dopo il training sulle micro-espressioni facciali e altro ancora, riesco a vederle molto più velocemente, ma ricordo nei primi anni novanta, con il Dr. Ekman, stoppavo i filmati e dicevo “mmm…non c’è niente”, poi cominciavo con la codifica e…”Oh mio Dio, wow!!

L’infelicità è nell’occhio dello spettatore. - Immagine: © Delphimages - Fotolia.com.
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SoM: Diversi studi mostrano che se si assume un’espressione emotiva con il volto, dopo un po’ di tempo si esperisce realmente quella emozione. Questo funziona solamente se l’espressione emotiva viene assunta correttamente? Voglio dire, se io fingo un sorriso, e quindi non muovo sia i muscoli della bocca che i muscoli degli occhi [come avviene invece nel sorriso autentico, dove il muscolo zigomatico maggiore dell’occhio si attiva involontariamente], ma solo quelli della bocca, non posso provare felicità, giusto?

M.F..: Esatto

SoM: Questo come può incidere sulla capacità di nascondere un’emozione con un’altra?

M.F.: Quello che intendi è se stai provando un’emozione…

SoM: Sì, e ne fingo un’altra esprimendola fisicamente in maniera corretta, cosa succede?

M.F.: Per esempio, sei arrabbiata ma sorridi per apparire felice, se assumi la posa emotiva in maniera corretta puoi sovrascrivere la rabbia? Non sono proprio sicuro di come la scienza si esprima su ciò, ma se dovessi dare la mia opinione direi di sì, ma non ne sono sicuro al 100%, questa è solo una mia speculazione.

SoM: Pensa che le persone possano imparare a mentire?  So che Lei non insegna a mentire…

M.F.: No, infatti. Noi siamo degli acchiappa-bugiardi, non dei creatori di bugiardi. Il mondo ne ha già tanti di bugiardi, non c’è bisogno di trovarne altri.

SoM: Ma è solo una questione di quanto gli altri sono bravi a riconoscere una bugia? Voglio dire, se la passo liscia è solo perché chi ho di fronte non è bravo a riconoscere gli indizi di menzogna?

M.F.: Le persone variano molto nella loro capacità di identificare le menzogne. Questo lo si vede molto nelle ricerche che facciamo dove si trovano persone che se la cavano così così e altre se la cavano meglio e questo fa salire la media del grado di accuratezza al 54%.

Per quanto riguarda i bugiardi, beh, tu puoi dire ad una persona che cosa fare, ma la domanda è: è in grado di farlo? Cioè, io posso dirti: “Valentina, non preoccuparti, rilassati!” e tu potresti dire: “Oh, ok!”, ma se fossimo in grado di farlo non avremmo bisogno degli psicologi! “Sono depresso”Dovresti essere felice!” “Ah, ok… Aspetta un attimo…DING!! Hey, sono felice, fantastico!”. La verità è che non possiamo fare così con le nostre emozioni! È come quando devi fare un’importante presentazione e il tuo amico ti dice di rilassarti…”Oh, ma dai, non ci avevo pensato!”. Ovvio che ci avevi pensato, ma non sei in grado di farlo! In particolare quando si mente ad altri esseri umani, il nostro cervello deve rispondere a tre dimensioni: persone, oggetti ed ambiente. Certo, potrei mostrarti delle schede con delle indicazioni, potresti allenarti nella tua camera davanti ad uno specchio, ma quando dovrai stare di fronte per la prima volta ad un altro essere umano che ti scruta? Questa è una cosa per la quale non si può fare pratica e ciò rende le cose più difficili. Però ci sono delle cose che si possono fare. Alcuni studi hanno mostrato che se insegni a certi soggetti alcuni dei criteri di funzionamento della memoria e si insegna loro a parlare in un certo modo, alcuni possono fare qualcosa per riuscire a nascondere le proprie bugie. Quindi alcuni possono essere addestrati, ma non tutti.

SoM: Cosa ne pensa delle serie tv Lie to me e Criminal Minds. Sono accurate?  

M.F.: Tutti gli show televisivi sono costituiti da un misto di fatti e fiction. Lie to me è il migliore del gruppo. Parte del lavoro è stato fatto con il Dr. Ekman visto che il protagonista principale è chiaramente ispirato al Dr. Ekman. Direi che è accurato per l’80%, il restante 20% è…beh…fantasia. Questo è un indice di accuratezza altissimo per uno show tv, gli altri di solito si attestano sul 30-40%. Certo il Dr. Ekman era il consulente scientifico dello show e sicuramente ciò ha contribuito a renderlo migliore. Però lo scopo è sempre quello di intrattenere il pubblico: il protagonista ha sempre ragione, fa le sue valutazioni in una frazione di secondo…nella vita reale non funziona così.

Psicologia delle emozioni: Lie to Me, Cal Lightman come Paul Ekman?

SoM: Quanto le Sue abilità nel riconoscere la menzogna influenzano i Suoi rapporti con gli altri? Perché non credo che sia un’abilità che si può spegnere a comando…

 M.F.: mah, io tendo ad essere una persona molto fiduciosa. Se noto delle cose, tendo a dirmi che le ho male interpretate. Per esempio potrei pensare “Oh, Valentina mi ha mostrato paura quando mi ha detto che non ne stava provando, ma probabilmente è solo nervosa, sembra una persona così carina, probabilmente è sotto stress” e questo è qualcosa che influenza il processo di valutazione. Infatti ci sono due cose di cui hai bisogno: la prima è rilevare indizi, ma la seconda è interpretarli in maniera corretta perché nessun segno di per sé garantisce che la persona sta mentendo. Ci sono segnali che indicano che una persona ci sta pensando su due piedi, segnali che indicano che la persona sta richiamando alla memoria un fatto che non ha vissuto in prima persona, ci sono segnali che indicano che sta provando emozioni, ma ciò che si deve fare è interpretare perché quella persona sta provando quella emozione, perché ci devono pensare su per rispondere ad una domanda la cui risposta dovrebbe essere immediata come sapere qual è il loro nome…

SoM: Lei ha lavorato con Paul Ekman. Ha mai provando a mentirgli?

M.F.:  ahah, no! Ehehehe, sarebbe stato un grave errore!!!!

SoM: Le è piaciuta l’intervista?

M.F.: Intendi la tua intervista?

SoM: Sì

M.F.: Sì, moltissimo!

SoM: Mi sta mentendo?

M.F.: NO!

SoM: NO?! [Facendo sì con la testa, come i bugiardi che negano a parole, ma affermano inconsciamente con il proprio corpo]

M.F.: Ahahahaha! Avrei dovuto rispondere così!! Scusami!

SoM: Allora rifacciamo! Mi sta mentendo?

M.F.: Ehm…mmm…[ci pensa un po’ su] …[scuote la testa] …ehm …sì, sì

SoM: Ahahah ok!

M.F.: Sono molto stanco, ma hai fatto delle belle domande ed è stato molto piacevole.

 

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Valentina Davi
Valentina Davi

Coordinatrice di redazione di State of Mind

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