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Saviano, la Coca e un Pizzico di Paranoia

Saviano rivela come il consumo della polvere bianca sia epidemico nel nostro Paese, elencando una lunga lista di insospettabili consumatori.

Di Gaspare Palmieri

Pubblicato il 10 Mag. 2013

 

Saviano, la Coca e un Pizzico di Paranoia
Roberto Saviano, Zero Zero Zero, Feltrinelli (2013). Copertina

Ho fatto l’errore di leggere il primo capitolo di sera, prima di andare a letto, tra l’altro a stomaco vuoto.

Si intitola Coca # 1 e rivela come il consumo della polvere bianca sia epidemico anche nel nostro Paese, elencando una lunga lista di insospettabili consumatori, ognuno mosso da motivazioni diverse, che non risparmia psicologi, medici di base, oncologi, ginecologi, parroci, infermieri, ebanisti, istruttori di equitazione, amministratori di condominio, etc.

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Circa due settimane fa ho comprato il nuovo libro di Saviano Zero Zero Zero (Feltrinelli, 2013), che ha come protagonista la cocaina e il suo mercato a livello internazionale.

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Ho fatto l’errore di leggere il primo capitolo di sera, prima di andare a letto, tra l’altro a stomaco vuoto.

Si intitola Coca # 1 e rivela come il consumo della polvere bianca sia epidemico anche nel nostro Paese, elencando una lunga lista di insospettabili consumatori, ognuno mosso da motivazioni diverse, che non risparmia psicologi, medici di base, oncologi, ginecologi, parroci, infermieri, ebanisti, istruttori di equitazione, amministratori di condominio, etc.

La cocaina, Freud e la lezione dei maestri. - Immagine: licenza Creative Commons, Autore: http://www.flickr.com/photos/ajourneyroundmyskull/
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Partendo dal presupposto che cerco di non andare alle riunioni di condominio, usufruendo di quella grande conquista della democrazia che è la delega al caposcala, ho subito pensato che la categoria degli amministratori di condominio fosse senz’altro una di quelle più a rischio; una persona normale non può di certo trascorrere cinque sere a settimana facendo da parafulmine alle proiezioni e alle frustrazioni di decine di famiglie, senza assumere qualcosa di veramente forte. Non sarebbe umano. Cullato da questa riflessione sociologica, ma turbato dal dubbio rispetto agli ebanisti e agli istruttori di equitazione, mi sono addormentato.

La mattina successiva ho preso l’autobus per andare al lavoro e ho cominciato a fissare l’autista chidendomi: avrà riposato bene stanotte? Avrà fatto gli straordinari? Non è che per caso si è fatto una pippatina, per non sentire i crampi della cervicale? Spaventato da questa ipotesi, sono sceso alla prima fermata e ho chiamato un taxi.

Il taxista sembrava un tipo silenzioso, non di quelli che ti chiamano Dotto’ e iniziano a parlare di calcio e di politica. Buon segno, ho pensato, e mi sono rilassato immergendomi nella lettura di un quotidiano. Al primo incrocio una vecchietta è passata col rosso e il taxista è esploso in un’invettiva pazzesca, con parole davvero irripetibili, non solo contro la vecchietta, ma anche contro la categoria degli anziani in genere, che dovrebbero stare tutti chiusi nei pensionati e nelle case di riposo.

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La reazione del tassinaro mi ha davvero colto di sorpresa, all’inizio sembrava così calmo! Ma non era finita lì. Un minuto dopo l’ha chiamato al cellulare un amico, che deve avergli raccontato una storiella molto divertente, perchè ha cominciato a ridere in modo sempre più sguaiato, arrivando a lacrimare e a dare delle botte tremende al volante, finchè non gli ho ordinato di fermarsi e sono sceso.

Vuoi vedere che Saviano aveva ragione? Questi stati emotivi amplificati non possono non nascondere un qualche candido segreto.

Sempre più insospettito, sono entrato in un bar e ho ordinato un caffè, domandandomi se non facesse parte di quei quintali di caffè trasportati sulle autostrade dai camionisti, che notoriamente usano la defaticante sostanza per tenersi svegli durante le interminabili notti in autostrada. Ho deciso di non mettere lo zucchero, perchè cominciavo ad avvertire una sorta di  repulsione verso le sostanze bianche, anche se in forma di granelli. In quel momento la mia attenzione è caduta su un baffo del barista, che mi pareva leggermente impolverato. Potrebbe essere zucchero a velo, ho pensato.

Sono buoni i bomboloni? Ho chiesto per chiarire il dubbio.

Magari potessi mangiarli…sono diabetico. Ha risposto il barista.

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Andiamo bene, cocainomane e pure diabetico. Sono andato un attimo alla toilette e, mentre mi lavavo le mani, mi sono specchiato. Ero più pallido del solito, con delle brutte occhiaie. Quando sono uscito per prendere la borsa, ho avuto l’impressione che si fosse leggermente spostata, rispetto a dove l’avevo lasciata. Vuoi vedere che un narcotrafficante ci ha infilato dentro un po’ di roba? Ho dato una rapida occhiata al bancone, dove due poliziotti sorseggiavano un cappuccino. Potrebbero essere stati loro, magari con la bamba recuperata nella retata di ieri notte. Probabilmente avevano bisogno di un pisquano come me da incastrare.

Tiziano Terzani.
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Sono uscito rapidamente dal bar e mi sono incamminato verso la clinica dove lavoro. Il portinaio mi ha salutato con una voce insolitamente nasale, e non ho pensato che avesse il raffreddore o che fosse allergico ai pollini primaverili, vista la stagione, ma che ieri sera avesse tirato.

Davanti al mio studio mi aspettava il solito informatore farmaceutico, tutto ben vestito e pettinato e con un sorriso Durbans a trentasei denti (non gli avevano neanche tolto quelli del giudizio). Nonostante Saviano non parli degli informatori farmaceutici nel suo capitolo, mi è venuto spontaneo chiedermi come diavolo fosse possibile essere così di buon umore alle otto e venti del mattino, per giunta in tempi di crisi.

L’ho pregato di attendermi un attimo. Sono entrato in studio e ho telefonato all’infermiera in guardiola, tormentato dal dubbio che anche lei avesse fatto uso di coca, visto che aveva fatto la notte.

Buongiorno dottore, mi dica. 

Ehm…buongiorno. Le dispiacerebbe portarmi un bicchiere d’acqua con dieci gocce di Serenase?

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