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Colloquio Psicologico: Come agire nel Primo Colloquio #2

Colloquio Psicologico: Come Agire nel Primo Colloquio #2 - Avviare il Colloquio: nei primi momenti si possono ricevere informazioni e le prime impressioni.

Di Gabriele Caselli

Pubblicato il 02 Apr. 2013

Il Colloquio Psicologico:

Come Agire nel Primo Colloquio– Parte 2

IL COLLOQUIO PSICOLOGICO – MONOGRAFIA

 

Colloquio Psicologico: Come agire nel Primo Colloquio #2. - Immagine: © Michael Schindler - Fotolia.comAVVIARE IL COLLOQUIO – Nei primi momenti si possono ricevere informazioni e avere le prime impressioni

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Avviare bene il colloquio è molto importante. Come è già stato sottolineato, nei primi momenti del colloquio psicologico si possono ricevere molte informazioni dal cliente e si possono instaurare le prime impressioni e valutazioni generali l’uno dell’altro. Per questo motivo lo psicologo deve mantenersi neutrale e avere, così maggiori possibilità di essere accettato indipendentemente dalla personalità e dalla cultura del cliente. Anche evitare particolari termini quali “problema” e “terapia” permette di mantenere questa neutralità e di evitare che il cliente avverta di essere già stato giudicato. L’unica cosa che può essere libero di mostrare a volontà è l’atteggiamento di interesse e completa accettazione e la disponibilità all’ascolto. Bisogna evitare discorsi tecnicistici, soprattutto all’inizio del colloquio perché possono generare repulsione e ostilità e aumentarli se sono sentimenti già presenti. Così, se il cliente non parla e mantiene uno sguardo cupo, lo psicologo deve evitare di elogiare gli esiti e i risultati dei propri strumenti.

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I Principi della Comunicazione Terapeutica. - Immagine: © Adam Gregor - Fotolia.com
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Fine e Glasser [1996] suggeriscono alcuni modi per avviare il colloquio, tutto semplici e non intrusivi:

1) “Cosa l’ha portata qui?”: fare una domanda aperta di questo tipo è una delle vie più semplici da seguire. La domanda aperta permette di passare il testimone della comunicazione al cliente (lasciando nelle sue mani il flusso comunicativo) senza imporre o indurre alcun tipo di argomento specifico e rimanendo totalmente neutrali. E’ consigliabile anche evitare particolari accenti su una o più parole della frase che potrebbero cambiare il suo significato.

2) “Lei mi sembra molto sofferente”: è un esempio del secondo tipo di apertura che, oltre a essere neutrale e semplice mette in mostra un’importante qualità dello psicologo, quella di saper nominare i sentimenti. All’interno del colloquio psicologico è importante mostrare (più che dire) al cliente che, parlando di sentimenti, non si ha paura di nominarli e di discuterne senza turbamento, mantenendoli sotto il proprio controllo.

3) “Mi rendo conto che è stato mandato da me e penso che sia questo il motivo per cui ora ha un aria così arrabbiata”: costituisce l’avvio più adatto, secondo gli autori, in un colloquio con clienti involontari. Si concentra proprio sul fatto che il cliente non è venuto di sua spontanea volontà, mostrando che lo psicologo può capirlo anche in questo. Un’introduzione di questo tipo può avere il potere di smuovere il cliente, posto davanti ad un avvio inaspettato, e di motivarlo a tentare un dialogo. Dopo questa affermazione lo psicologo può rimanere in silenzio prima di proseguire per lasciare al cliente il tempo di realizzare tutto questoe magari di iniziare a parlare.

 4) “Il tribunale per la libertà condizionale l’ha mandata qui per una supervisione”: è un altro metodo per avviare il colloquio con clienti involontari. Equivale a dire cosa si sa sulle condizioni che lo hanno condotto al colloquio psicologico. Lo psicologo espone il problema come viene visto dal suo punto di vista salvo poi porre una domanda aperta del tipo: Me ne vuole parlare?” che permette di lasciare il fluire della comunicazioni nelle mani del cliente.

5) “Lasci che le spieghi di cosa si occupa il nostro ente. Noi aiutiamo le persone a…”: questo è il genere di apertura che gli autori consigliano quando lo psicologo è dipendente di un qualche ente di servizio. Si può immaginare che il cliente sappia già in che tipo di ente si trova, ma probabilmente questo tipo di introduzione serve anche a esprimere ciò che l’ente fa attraverso un linguaggio comune e più facilmente comprensibile e, quindi, a chiarire al cliente di essere giunto nel posto giusto. Dopo questa introduzione, che deve comunque essere breve, una domanda aperta concede la parola al cliente.

 

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Gabriele Caselli
Gabriele Caselli

Direttore scientifico Gruppo Studi Cognitivi, Professore di Psicologia Clinica presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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