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In Treatment – Psicoterapia in TV. S01E09 Amy & Jake

In Treatment. Un quadro raggelante, che demitizza completamente il terapeuta e lo rende debole come i suoi pazienti. O meglio, più debole.

Di Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 25 Feb. 2013

 

In Treatment – Psicoterapia in TV

NONA PUNTATA

Amy & Jake

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In Treatment – Psicoterapia in TV. S01E09 Amy & JakeUn quadro raggelante, che demitizza completamente il terapeuta e lo rende debole come i suoi pazienti. O meglio, più debole.

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Puntata terribile e tristissima, in cui tutto il malessere di Paul Weston risalta in primo piano. Ma prima di tutto questo l’intelligenza drammatica degli sceneggiatori aveva piazzato un inizio ingannevolmente ottimista. La coppia litigiosa e in crisi aveva iniziato l’incontro in maniera promettente, con grande volontà di capirsi e comprendersi. Amy desiderosa di comprendere il desiderio di paternità di Jake, Jake in grado di capire le difficoltà della gravidanza di Amy.

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Ma è un’estate di San Martino che dura poco. La seduta si interrompe anticipatamente per un malessere fisico di Amy che fa temere un aborto spontaneo.Non basta. Nella scena rimasta inaspettatamente vuota va in scena la crisi di un’altra coppia: quella tra Paul e sua moglie Kate. Crisi grave, con Kate che confessa di vedere un altro e che, dopo un attimo di smarrimento, rinfaccia a Paul tutta la sua insoddisfazione.

La coppia in terapia: tra processi di appartenenza e separazione. - Immagine: © ashumskiy - Fotolia.com
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È chiaro che Paul ormai vive solo per il suo lavoro, che in famiglia è un marito e un padre a dir poco assente. Un vecchio senza energie, lo definisce Kate. Qualcuno che non investe più nulla nella famiglia e che ormai vive una sua vita parallela con i pazienti e la psicoterapia, tutto chiuso nel suo studio.

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Un quadro raggelante, che demitizza completamente il terapeuta e lo rende debole come i suoi pazienti. O meglio, più debole. L’effetto è straniante e traumatico, almeno per me. Atterrisce vedere questo terapeuta così sofferente e incapace di maneggiare il proprio dolore emotivo.

Per Paul mi viene in mente il termine “burn-out”, ma al contrario: Paul non mostra il tipico logoramento della passione e motivazione per il lavoro delle persone “bruciate” per il loro mestiere (burn-out significa proprio questo). Non mostra frustrazione, insoddisfazione, cinismo e desiderio di fuga dalla sua attività. Non mostra un tale grado di estraneità per il proprio lavoro da sconfinare nella depersonalizzazione.

Al contrario, sembra così immerso nella psicoterapia da non accorgersi quanto male vada la sua vita fuori dal lavoro. In ufficio è tonico, autorevole. Può fare errori, ma è sempre energico. È fuori dal lavoro che Paul sta diventando un uomo privo di passione. Vero è che in condizioni di burn-out può anche succedere che i terapeuti si facciano un carico eccessivo dei problemi delle persone a cui badano, non riuscendo così più a discernere tra la propria vita e la loro attività (Leiter, Maslach, 2000).

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Uno degli strumenti più diffusi per misurare il burn-out è il Maslach Burnout Inventory (MBI), sviluppato da Christina Maslach insieme alla sua collega Susan Jackson (Maslach, Jackson, 1981), un questionario di 22 domande. L’MBI è un questionario multidimensionale che misura tre diversi campi del burn-out:

  • l’esaurimento emotivo
  • la depersonalizzazione
  • la mancanza di realizzazione personale

Purtroppo Paul sembra averne davvero bisogno. Per fortuna che la settimana lavorativa è finita. Lo attende il suo supervisore, la terribile Gina.

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BIBLIOGRAFIA:

  • Leiter M.P., Maslach C., (2000) Preventing burnout and building engagement. Jossey-Bass, San Francisco (tr. it.: OCS Organizational Checkup System. Come prevenire il burnout e costruire l’impegno. O.S. Organizzazioni Speciali, Firenze, 2005).
  • Maslach C., Jackson S.E., (1981) MBI: Maslach Burnout Inventory. Consulting Psychologists Press, Palo Alto, CA (tr. it. a cura di Sirigatti S., Stefanile S., (1993) MBI Maslach Burnout Inventory. Adattamento italiano. O.S. Organizzazioni Speciali, Firenze).
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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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