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In Treatment – Psicoterapia in TV. Recensione e Analisi del primo episodio: S01E01 Laura

In treatment è proprio una serie sulle violazioni del setting, e lo annuncia fin dalla prima puntata. Per questo affascina e cattura.

Di Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 18 Dic. 2012

In Treatment: Psicoterapia in TV

PRIMA PUNTATA

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In Treatment - Serie TV - Laura In treatment è proprio una serie sulle violazioni del setting, e lo annuncia fin dalla prima puntata. 

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Questione di gusti: la prima puntata di “In treatment” non la ricordavo come la mia preferita. Rivedendola, mi ha confermato una certa perplessità. Intendiamoci, la serie ha tutto il mio gradimento, altrimenti non starei qui a rivederla tutta per condividerla commentandola con voi. E poi si tratta del mio giudizio personale senza alcuna pretesa critica.

In questa prima puntata si familiarizza con il “format” della serie. C’è il terapeuta, un analista, interpretato da Gabriel Byrne. E c’è la paziente, una donna seduta su un divano e in posizione vis-a-vis col terapeuta.

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I pazienti di Paul Weston (il nome del personaggio analista) non adottano la posizione sdraiata classica sul lettino o sul divano. Probabilmente non lo fanno per ragioni drammatiche. Già essere riusciti a fare una serie appassionante usando solo due attori che parlano deve essere stata un’impresa. Renderla interessante impedendo ai due attori di guardarsi in faccia sarebbe stata una missione impossibile.IN TREATMENT - SERIE TV. LOCANDINA

Questa prima puntata inizia con la paziente in lacrime e il terapeuta perplesso, quasi attonito. Perplesso come me spettatore, del resto. Non riesco a capire cosa succede. La paziente è una bellezza che –almeno a me- pare un po’ anonima. Sarà un pregiudizio, anzi lo è: questa ragazzona americana piangente mi dà subito l’idea di una persona manipolatrice e falsa. Mi aspettavo una situazione intensa e introspettiva e invece mi trovo con questa bambolona tecnicamente attraente ma, forse per il mio gusto mediterraneo, priva di vero fascino. 

Ulteriore motivo di perplessità, la sensazione di essere davanti a una situazione già troppo forte che mette in crisi la credibilità dell’ambiente terapeutico, del cosiddetto setting. Gli sceneggiatori, di fronte alla scarsa drammaticità della situazione terapeutica, due persone che parlano in una stanza, sono costretti a scardinarla. Così facendo però mi fanno temere che l’intera serie possa soffrire di claustrofobia e che assisterò a violazioni sistematiche delle regole terapeutiche. Mi viene in mente il classico libro “Violazioni del setting” di Glen Gabbard (1991), un campionario completo delle scorrettezze dei terapeuti. In primo piano, naturalmente, quelle di natura sessuale. E intanto la bambolona continua a piangere, non si sa bene perché. Sono perplesso e quasi diffidente. Stai a vedere che i soggettisti mi somministreranno la solita storia del terapeuta che va a letto con la paziente.

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La donna inizia un racconto che cattura la mia attenzione. La forza di In treatment risiede molto in questi racconti che alimentano la forza drammatica del telefilm. Questo primo racconto conferma l’intensa sessualità e seduttività di questa paziente del lunedì, Laura.

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Laura ha litigato la sera prima con il suo fidanzato convivente, poi è uscita a bere in un locale con un’amica. Ha bevuto troppo e si è lamentata tutta la sera. Il suo fidanzato, dice Laura, ha posto un ultimatum: o ci si sposa o ci si lascia. Laura ha percepito questo ultimatum come un ricatto sentimentale e dice al terapeuta che ormai gli uomini sono diventati le nuove donne: sono ossessionati dal matrimonio. 

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Il racconto prosegue con una scena di sesso occasionale (ma non consumato) con un avventore di quello stesso locale dove Laura è andata con l’amica. Avventore definito da Laura “republican”, uno che vota per il partito Repubblicano. Frase che conferma la tendenza di Laura a etichettare. Dopo aver evitato di consumare nel bagno del locale con l’avventore, seguono disperazione, confusione e una notte insonne per Laura, notte trascorsa al freddo in auto parcheggiata nei pressi dello studio (e della casa) di Paul. Tutto appare sempre più teatrale e manipolatorio.

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Il racconto ha ancora un sapore di risaputo ma cattura. In seguito, conoscendo lo sviluppo del personaggio di Laura, mi chiederò se questa sensazione di prevedibilità del racconto di Laura sia stata consapevolmente assunta dagli autori del telefilm. Tutto in Laura suona come prevedibile e al tempo stesso irresistibile e manipolatorio.Il Colloquio Psicologico - Introduzione. - Immagine: © emiliau - Fotolia.com

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Il punto di crisi è quando salta fuori che, in realtà, è stata per prima Laura a dire al fidanzato che, al punto in cui era la loro relazione, o ci si lasciava o ci si sposava. Per un attimo Paul sembra prendere l’iniziativa e mettere spalle al muro Laura. Ma di nuovo la perde, subito dopo: Laura, colpo di scena (oppure no?), confessa il suo amore a Paul. E a mia volta confesso che i miei sentimenti verso questa prima puntata erano al massimo dell’ambivalenza. Da una parte ero catturato dalla capacità degli sceneggiatori di costruire un racconto semplicemente facendo parlare i personaggi senza farli quasi agire (anche se laura qualcosa fa: piange come una fontana e nel pieno del racconto dell’incontro dell’avventore si ritira in bagno per vomitare). D’altro canto presentare una paziente così sfacciatamente isterica nella prima puntata mi pareva un gioco troppo scoperto e scontato. Isteria, seduttività, donna, psicoanalisi. Il terapeuta che ascolta, apparentemente distaccato ma in realtà maneggiato come un pupazzo dalla paziente. Troppo facile. 

Ma torniamo a questa prima puntata. Laura confessando il suo amore a Paul riprende la palla e non la molla più. Paul non farà altro che ascoltare fino alla fine. L’offerta di Laura è esplicita, perfino sfacciata, sia pure tra le lacrime. È un’offerta assoluta e immediata, affettiva e sessuale al tempo stesso. A questo punto Paul non può fare a meno di chiarire che egli non può accettare, sotto ogni punto di vista. La reazione di Laura è di sbalordimento: si aspettava invece un’adesione immediata e completa da parte di Paul. Con annesso rapporto sessuale sul divano analitico.

Devo dire che, arrivato a questo punto, ero in uno stato misto di fascinazione e incredulità. Sia quando lo vidi la prima volta, sia rivedendo in questi giorni, la mia impressione rimaneva identica: la paziente mi pareva inverosimile, e l’offerta sessuale da consumarsi sul divano era davvero troppo. Laura poi è troppo ragazzona. Eppure qualcosa non trasformava tutto questo in delusione, ma in fascinazione.

Ed era merito del tema sottostante che già emerge in questa prima puntata. Tutta la serie sarà dedicata al dramma di Paul e alle sue difficoltà di rispettare le regole professionali del cosiddetto setting terapeutico avendo a che fare con pazienti che sono tutti particolarmente capaci di sfondarle e di attirarlo fuori dalla sua parte di osservatore.

In treatment è proprio una serie sulle violazioni del setting, e lo annuncia fin dalla prima puntata. Per questo affascina e cattura, malgrado la situazione già fin troppo estrema che presenta da subito. 

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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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