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Skyfall – James Bond e la Depressione del Narcisista – Recensione –

James Bond in questo film rimane il vecchio narcisista che era, ma ha avuto un tradimento ed è invecchiato, acciaccato, triste e sfiduciato.

Di Sandra Sassaroli

Pubblicato il 15 Nov. 2012

Aggiornato il 30 Ott. 2013 12:29

 …finché ferve la lotta, finché siamo circondati da interni ed esterni nemici,
è sacro dovere il rimanere uniti e sacrificare ogni secondaria e privata considerazione,
alla causa cui ci siamo dedicati, 
al bene del paese, che ci ha affidato le sue sorti…
Camillo Benso Conte di Cavour, Lettere.  

 

Skyfall_James Bond. Locandina
Skyfall (2012). Locandina

James Bond è davvero solo un uomo che sta faticando a fare un passaggio generazionale?

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Il film è bello con alcune scene nella prima mezz’ora che lasciano sbalorditi in una Singapore di neon e vetri che ci fa sentire antichi e obsoleti. Si il mondo è cambiato e il nemico non è più fuori, dai russi, e neanche dagli asiatici, ma all’interno, nella follia, nel dolore e dentro la stessa struttura. Combattere nel cyberspazio che i nemici hanno a disposizione è più difficile, i computer fanno esplodere bombe, rintracciano le persone in corso di inseguimento, inventano minacce per svuotare interi ambienti, e tutto diviene fluido, in real time, difficilmente comprensibile.

In questo mondo conta più un hacker ventenne geniale che le vecchie sapienze dei servizi.  E l’uomo? Serve ancora l’uomo che fa connessioni mentali, ha muscoli e testa e sentimenti? James Bond serve ancora all’Inghilterra? E conta ancora l’Inghilterra in questo mondo cinese, asiatico, tutto diverso dal mondo in cui Bond ha imparato il mestiere di 007?

La nuova tecnologia annulla le vecchie abilità che la corona inglese ha costruito nel corso della guerra fredda? E se i nemici sono ormai dentro di noi, vuol dire che non c’è più tragedia che arrivi dall’esterno? In questo film il cattivo è anche un personaggio in fondo vittima e capace di farci identificare con lui. Ci fa paura ma allo stesso tempo è terribilmente umano nelle sue ossessioni.

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E James Bond come può cambiare? I vecchi James Bond erano uomini a tutto tondo, sempre belli, a posto, eleganti. Il loro mondo affettivo era anestetizzato, il narcisismo elegante e un po’ blasé, la loro seduttività si esibiva con le donne più belle del mondo che non avevano un anima complessa ma erano soprattutto ornamentali. Buone o cattive, ma soprattutto ornamentali.  E in quel mondo i cattivi erano veramente cattivi e i buoni interamente buoni.   Bond difendeva il mondo dei buoni contro il mondo dei cattivi. Ma ormai non è più così.

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James Bond in questo film rimane il vecchio narcisista che era, ma ha avuto un tradimento ed è invecchiato, acciaccato, triste e sfiduciato. Ha avuto un incidente, si dubita delle sue competenze. Forse lascia, va via, rinuncia.   Il film è pieno di dilemmi morali, sparare a due persone che si picchiano su un treno in corsa sapendo che si può uccidere l’amico e il collega, inseguire il nemico non soccorrendo il vecchio amico che sta morendo. Avere colpe, dubbi, depressione.  Tutta questa complessità morale e sentimentale fa bene al caro vecchio James Bond?

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Certo gli rimangono le certezze morali, la sua resistenza al sostegno delle sue idee e della  causa della corona inglese anche in momenti in cui tutto lo porterebbe a tradire. La sua resistenza, la sua forza sono basate sulla tenuta a un trauma infantile che poteva ucciderlo o renderlo un vinto ma lo ha reso invece più fiducioso in se stesso. La sua casa sono i servizi segreti, la sua unica casa, ed M, il suo capo donna, è la figura di riferimento sia sentimentale che morale. Al di là di tutti i dubbi, le durezze, i tradimenti.

Questo Bond malinconico, autoconsapevole dei suoi limiti, consapevole anche della relatività dei valori, disincantato e assuefatto alle seduzioni di donne sirene, che forse cominciano ad annoiarlo, ci piace perché ha fatto i conti con i suoi traumi e il suo passato (forse in modo un po’ troppo alcolico, ma qualche ausilio, diamine lasciamoglielo).

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Ma ci lascia qualche perplessità, proprio per questo. Come andrà a finire con Moneypenny? L’umanizzazione di Bond lo farà fermare, si accaserà? Sarà capace di amare, grazie alla consapevolezza della morte e del dolore? Ma non diventerà  troppo umano, non farà bambini guardando la televisione la sera mentre lei gli dice: svuota la lavatrice per favore? E noi come faremo senza il sogno della sua onnipotenza?

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Oppure Bond riuscirà a rimanere forte perché è capace di integrare il nuovo con la tragica consapevolezza della relatività di tutto.  Alla fine due sono i fattori fondamentali del suo successo: il primo è la forza morale che lo fa vincere perché è la bussola che lo conduce ad affrontare in modo acuto e innovativo i momenti di crisi anche nelle relazioni con i suoi capi;  il secondo è la capacità di affrontare in modo flessibile il suo trauma e i suoi problemi, una forza che si fa flessibile per adeguarsi al nuovo che altrimenti lo schiaccerebbe.

In questo film tutti i buoni vincono perché sono flessibili, non perché sono unicamente buoni.  Un certo coraggio morale insieme alla fedeltà ai vecchi principi  che ammiriamo, e una flessibilità consapevole molto adatta alla modernità. Dopo avere superato la depressione del narcisista,  James Bond ridiventa il superuomo che era e ci fa di nuovo sognare.

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Sandra Sassaroli
Sandra Sassaroli

Presidente Gruppo Studi Cognitivi, Direttore del Dipartimento di Psicologia e Professore Onorario presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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