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Recensione: Popolo, Salvatore & Lysaker – Schizofrenia e Terapia Cognitiva

Schizofrenia e Terapia Cognitiva è un libro che si pone nel solco della ricerca scientifica per il trattamento della schizofrenia.

Di Redazione

Pubblicato il 28 Nov. 2012

 

RECENSIONE DEL LIBRO

Schizofrenia e Terapia Cognitiva

Psicopatologia, metacognizione e trattamento

Popolo R., Salvatore G. & Lysaker P.H.

 

di Nadia Di Sturco 

 

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Recensione: Popolo, Salvatore & Lysaker - Schizofrenia e Terapia Cognitiva
Popolo, R. et al. (2012). Schizofrenia e Terapia Cognitiva. Alpes Italia.

Schizofrenia e Terapia Cognitiva è un libro che si pone nel solco della ricerca scientifica per il trattamento della schizofrenia.

Schizofrenia e Terapia Cognitiva è un libro che si pone nel solco della ricerca di quanto ci sia oggi di migliore e scientificamente supportato per il trattamento di una condizione così complessa, cronica e invalidante, qual è la schizofrenia.

L’aspetto che gli autori tengono a sottolineare e a portare all’attenzione del lettore è la presenza del deficit metacognitivo nel paziente schizofrenico e la sua correlazione con interazioni sociali problematiche. Metacognizione, infatti, è il termine che permea le pagine di questo volume e che viene definita come l’insieme di quelle abilità che permettono all’individuo di: avere una rappresentazione dei propri stati mentali (pensieri, sentimenti, ricordi, desideri, scopi) e riflettere su di essi; riflettere sugli stati mentali degli altri; usare tali informazioni psicologiche per affrontare in modo efficace situazioni soggettivamente problematiche, sia da un punto di vista emotivo, che cognitivo o comportamentale.

Partendo da un’aggiornata revisione della letteratura che documenta la compromissione di tali capacità già prima dell’esordio sintomatologico, il volume propone, dapprima, un modello teorico esplicativo dei diversi sintomi e prosegue con la presentazione del modello d’intervento che ha come bersaglio, appunto, il malfunzionamento metacognitivo.

Gli autori regalano al lettore pagine inedite sulla descrizione del ruolo giocato dai fattori interpersonali nella genesi della sintomatologia psicotica, sia di quella positiva, con particolare riferimento al delirio di persecuzione e alle allucinazioni verbali uditive (AVU), che di quella negativa.

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Lo stile adottato è quello del confronto con altri modelli teorici che, seppur validi, lasciano diverse questioni aperte alle quali il libro cerca di dare risposta e il contributo offerto è davvero originale!

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Particolarmente interessante, a tale proposito, è l’introduzione del concetto di disaderenza al contesto intersoggettivo che si ritrova, come denominatore comune, nella spiegazione dei sintomi schizofrenici. Si tratta di una disfunzione nella sintonizzazione, ovvero dell’incapacità, da parte del paziente, di selezionare pre-riflessivamente tra le molteplici ipotesi sul significato degli atti comunicativi dell’altro, quella più adeguata che lo guiderebbe rapidamente nella comprensione del significato sovraordinato della transazione in corso. Detto in altri termini, il paziente percepisce che gli altri stanno cercando di comunicare con lui, ma non riesce a comprendere chiaramente e rapidamente il contenuto essenziale del messaggio.

È un concetto che, per chi abbia avuto la possibilità, almeno per una volta, di imbattersi come clinico in questa tipologia di pazienti, rispecchia fedelmente l’essenza dell’esperienza psicotica.

Lo schizofrenico è sperduto in patria, estraneo tra i suoi cospecifici e brancola nel buio delle relazioni che diventano un rompicapo in cui è difficile orientarsi. Ciò che dovrebbe essere spontaneo, naturale, automatico quando ci si trova in una relazione, si trasforma per il paziente in un impegno gravoso, in un lavorìo mentale che crea rallentamento, goffaggine oltre che uno stato di sofferenza, di fronte al quale la rinuncia e il ritiro dalla transazione risultano la scelta migliore.

 Le difficoltà descritte e i vissuti del paziente trovano ulteriore chiarezza nelle esemplificazioni cliniche che cementano nel lettore l’acquisizione di un concetto così utile per riuscire a sintonizzarsi con una mente tanto diversa dalla propria. Un concetto che, tra le altre cose, porta a riflettere su quanto spesso il primo contesto intersoggettivo nel quale il paziente manifesta questa difficoltà a “disambiguare” i segnali comunicativi dell’altro, sia proprio quello della relazione terapeutica che merita, pertanto, un’attenzione particolare.

E gli autori, di certo, non gliela negano, dedicando ad essa un capitolo nel quale esplorano, dapprima, i possibili ostacoli che rendono problematica la relazione terapeutica; si interrogano, poi, circa gli aspetti che sottendono questa difficoltà e concludono col dare indicazioni su come riparare le rotture che di volta in volta si vengono a determinare.

La regolazione della relazione terapeutica rappresenta, dunque, una costante nel trattamento della schizofrenia e la sua importanza viene ribadita quando gli autori presentano il loro modello d’intervento, la Metacognitive Interpersonal Therapy (MIT) che concettualizza la psicoterapia individuale come un contesto relazionale che offre al paziente la possibilità di mettere in atto, esercitare e sviluppare le abilità necessarie per effettuare le diverse operazioni metacognitive secondo un livello di complessità progressivamente crescente, in modo da poterle ristabilire per quanto possibile.

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Il modello viene illustrato nelle sue varie fasi:

1. Ricostruzione di un episodio narrativo;

2. Intervento sulle funzioni autoriflessive di base;

3. incremento delle funzioni autoriflessive;

4. Validazione dell’esperienza del paziente;

5. Intervento sulla funzione autoriflessiva e sulla comprensione della mente altrui;

6. Intervento sulle funzioni di Mastery, 

attraverso un linguaggio che risulta comprensibile, scorrevole, didattico.

Anche in questo caso, l’informazione teorica è supportata costantemente da esemplificazioni cliniche che contribuiscono a chiarire il razionale degli interventi di ogni singolo step e forniscono al clinico gli strumenti per intervenire prontamente sulle funzioni metacognitive compromesse.

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Si apprezza molto lo stile comunicativo che contrassegna queste pagine e che sembra riveli l’intento degli autori di favorire, e tra i clinici e tra i ricercatori, un clima di condivisione, un terreno comune per la comprensione e il trattamento di una patologia tanto eterogenea.

In questa direzione si muovono anche i capitoli dedicati alla Terapia Cognitivo-Comportamentale (Cognitive Behavioural Therapy, CBT), ormai riconosciuta come parte del trattamento evidence-based per la schizofrenia. Nello specifico, gli autori propongono un’integrazione tra il proprio modello e quello cognitivo standard, sostenendo che, in molti pazienti, la possibilità di utilizzare la ristrutturazione cognitiva o altre tecniche CBT richiede che prima sviluppino un livello di capacità metacognitiva sufficiente a mettere in discussione le proprie credenze. Ciò renderebbe l’applicazione di tecniche CBT meno stressante e più efficace, ma, soprattutto, favorirebbe il mantenimento della remissione sintomatologica nel medio-lungo termine.

Il volume termina affrontando la terapia farmacologica delle psicosi, la cui combinazione con la Terapia Cognitiva si prospetta come quanto di meglio oggi si possa offrire, e presentando un protocollo di Social Skills Training (SST) a orientamento metacognitivo (Metacognitive Oriented Social Skills Training, MOSST) che vuole essere un esempio originale di come sia possibile rileggere le consuete attività gruppali nei termini di un esplicito impegno allo sviluppo della capacità di mentalizzare dei pazienti psicotici.

 

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