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Dipendenza da Videogiochi: Possiamo Uscirne Da Soli?

La Dipendenza da Videogiochi è un fenomeno mediatico. Una recente ricerca esamina se la dipendenza da Videogiochi si può risolvere da sé.

Di Marina Morgese

Pubblicato il 23 Nov. 2012

Aggiornato il 11 Gen. 2018 11:29

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Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

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La Dipendenza da Videogiochi è un fenomeno mediatico. Una recente ricerca esamina se la dipendenza da Videogiochi si può risolvere da sé.

La Dipendenza da Videogiochi è una delle patologie, assieme alla Dipendenza da Internet (Internet Addiction), di cui i media spesso ci parlano. Quando l’utilizzo smoderato dei Videogames può definirsi dipendenza è difficile dirsi, ma la maggior parte dei professionisti ammette di riconoscere subito quando il caso è ormai patologico.

Alcuni studiosi hanno ipotizzato, nei primi periodi in cui si cominciava a parlare di dipendenza da videogiochi, che in realtà l’uso eccessivo del computer e dei videogames non fosse un vero disturbo, quanto piuttosto un comportamento adattivo dell’essere umano verso stimoli nuovi e sconosciuti, quali, per l’appunto, i moderni passatempi tecnologici. Le ultime ricerche suggeriscono che questo potrebbe essere vero. Sarà forse una buona notizia? In un recente studio, per esempio, si è voluto esaminare se la dipendenza da Videogiochi si può risolvere da sé, semplicemente col passare del tempo

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A questo scopo sono state condotte delle analisi di tipo longitudinale su un campione di giovani adulti. I ricercatori hanno inizialmente somministrato un questionario on line a 393 partecipanti, è stato poi chiesto loro di compilare le indagini di follow-up a 6 e a 18 mesi. I partecipanti che hanno compilato tutti i questionari sono stati in totale 117.

Attraverso i questionari on line sono state raccolte informazioni di carattere demografico, sono stati indagati i tipi di comportamento di gioco ai videogames e sono stati posti dei test per comprendere la problematicità dell’utilizzo di Videogames, ovvero la dipendenza da videogiochi. Si sono inoltre analizzati la presenza di despressione e di disturbi d’ansia e il livello di stress dell’individuo. I ricercatori hanno osservato che, tra i partecipanti, 37 si sono definiti giocatori problematici e 80 si sono invece definiti normali giocatori. Le “auto-diagnosi” sono state confermate da alcuni criteri di validità stabiliti in precedenza dai ricercatori.

Dallo studio è emerso che entrambi i gruppi (giocatori problematici e giocatori normali) hanno registrato un calo significativo del problema durante un periodo di 18 mesi, sia sul piano comportamentale che su quello sintomatologico.

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 In altre parole, chi si è auto-identificato giocatore problematico all’inizio dello studio, ha ridotto significativamente il proprio problematico comportamento di gioco 18 mesi più tardi. Nell’ultima compilazione del questionario, infatti, le loro risposte sembravano delineare proprio il “sano” giocatore, ormai fuori dalla dipendenza da videogiochi.

Una spiegazione di questo calo generale, in entrambi i gruppi, dei sintomi della dipendenza da videogiochi è dovuta all’età, cosa questa non nuova ai professionisti: il concetto di maturazione nel corso del tempo è infatti ben consolidato nella letteratura sulla dipendenza.

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Tuttavia, giungere a conclusioni così affrettate è un po’ imprudente, ciò che per il momento si cerca di consigliare è che se la dipendenza da videogiochi è così invalidante da non poter aspettare che il tempo faccia il suo corso (pensiamo alle ripercussioni sul lavoro, sullo studio o sulle relazioni interpersonali), non fa male richiedere l’aiuto di un professionista.

Un terapeuta possiede gli strumenti idonei a trattare problemi di questo tipo, anche laddove  non esiste ancora una diagnosi formale del disturbo. 

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Marina Morgese
Marina Morgese

Caporedattrice di State of Mind

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