expand_lessAPRI WIDGET

“Brave”. La Principessa Ribelle e il Capro Espiatorio – Recensione

Brave: il tema del capro espiatorio e dell’orda sanguinaria che trova soluzione ai conflitti interni trovando un nemico da ammazzare.

Di Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 21 Nov. 2012

 

Brave. Locandina
Brave (2012). Locandina

Il multistrato -quanto odio questa parola!- era il tema del capro espiatorio, del sacrificio e dell’orda sanguinaria che trova soluzione ai feroci conflitti interni trovando un nemico esterno da ammazzare.

LEGGI TUTTE LE RECENSIONI DI STATE OF MIND

SPOILER ALERT! NELL’ARTICOLO VENGONO SVELATE PARTI DELLA TRAMA DEL FILM

Come capita a molti genitori, accompagno i miei figli piccoli al cinema e mi costruisco un’estesa competenza sui film per bambini. Film di animazione, disegni o pupazzi (ma anche qualche volta “film a persone vere” come dicono i miei bambini). L’ultimo che abbiamo visto era “Brave” della Pixar.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: BAMBINI

La Pixar è stimata per la qualità dei suoi film, per la capacità di proporre più strati di lettura. Per la verità, a me degli strati multipli importa abbastanza poco. Mi basta che il film funzioni e piaccia ai bambini. E piaccia anche a me nella sua semplicità infantile, senza stare a raccontarmi che, come adulto, voglio vedere un film multistratificato e complesso. Ma chi se ne frega.

Skyfall_James Bond. Locandina
Articolo Consigliato: Skyfall – James Bond e la Depressione del Narcisista – Recensione –

Però devo ammettere che il multistrato di “Toy Story 3”, col pupazzo sadico rosa e la scena drammatica del quasi incenerimento dei giocattoli, mi era piaciuto. Già meno mi era garbato “Wall•e”, roba d’avanguardia noiosa e intellettuale da grandi rifilata ai piccoli (e infatti i miei bimbi a metà film si alzarono e se ne andarono, e fecero bene). Molto meglio “Cars”, efficiente e senza tante sofisticherie. Però con “Cars 2” la Pixar aveva fatto un film davvero troppo semplice, così semplice che anche i miei bambini lo avevano completamente dimenticato in men che non si dica. Nei giorni successivi nemmeno un commento, una rievocazione di una scena. Completamente cancellato, come se non l’avessero mai visto.

Andiamo a vedere “Brave”, con la critica cinematografica che già ci aveva ammaestrato in precedenza sul multistrato polisemantico e plurisignificante che ci attendeva inquietante: finalmente l’eroina donna invece che maschio e così via, il solito genere di cose che già conoscete tutti e bene, che siate maschi o femmine, è inutile aggiungere altre chiacchiere.

“Brave” è una principessa a cui piace la caccia e il tiro con l’arco, per niente contenta del destino che la aspetta: essere scelta in sposa da uno dei rampolli dei tre feudatari del padre, il re di un ridente e verde regno scozzese. La ragazza litiga con la madre, che le ricorda il suo dovere (politico) di principessa e inoltre la avverte che questi matrimoni combinati mantengono la pace nel regno. Ridente e verde il regno, ma pronto a incrudelirsi di stragi e farsi colorato in rosso. I feudatari son lì, desiderosi di imparentarsi col re ma anche pronti a scalzarlo. Il re è un simpatico panzone ed è anche un po’ un cazzone inconsapevole delle minacce che lo circondano. Dopo un po’ diventa chiaro che è la regina la vera mente politica che tiene tutto insieme il regno. E sua figlia, “Brave” che ama passare il tempo cacciando con l’arco nella foresta, ancora non ha capito nulla di tutto questo. Comprensibile il fastidio della ragazza per i matrimoni combinati, ma vediamo come va a finire.

Guardiamo “Brave”. Il film funziona, con qualche lentezza nella parte centrale. Chi lo dice? I miei bambini, che commentavano: “che noia questa parte”. Ed è la parte un po’ triste in cui la regina, madre della principessa, è stata tramutata da un incantesimo in orsa ed è costretta a nascondersi nella foresta, minacciata e inseguita dagli abitanti del castello in cui abitava e regnava. Inseguita anche dal marito, il re, disperato perché non la trova più (il poveraccio la ama e non vive senza di lei) e che la pensa morta ammazzata dall’orsa (la regina stessa!) che ha trovato nella sua camera. 

Insomma è lei, la regina, il vero protagonista del film. Film che davvero mette al centro una donna, ma questa donna non è “Brave”, la principessa ribelle. Ribelle si, ma anche un po’ idiota. Perché è “Brave” che fa scattare idiotescamente l’incantesimo. Perché è “Brave” che casca nel tranello di una strega e fa mangiare alla madre il dolcetto che la tramuta in orso (“faglielo mangiare e tua madre farà quel che tu vuoi” dice più o meno la strega, cito a memoria). E passi, non lo sapeva. Ma la superficialità asinina con cui “Brave” minimizza e non capisce l’enormità di quel che accade dopo è raggelante: la madre tramutata in orsa e inseguita nella foresta dal marito e i suoi guerrieri per ucciderla, convinti –terribile equivoco- che l’orsa abbia ammazzato la regina!  E il realismo psicologico (merito della Pixar) con cui è resa la tragedia della madre intrappolata nel corpo dell’orsa rende tutto ancora più sbalorditivo. A questo punto l’atteggiamento della principessa “Brave” è davvero incomprensibile: sembra solo infastidita da quel che accade. Roba da prenderla a schiaffi (e qui i miei bambini sbadigliavano alla grande, impossibilitati a identificarsi con una tale cretina; semmai erano in pena per la madre). 

È stato a questo punto ho sospettato che lo sceneggiatore fosse un cripto-maschilista. Solo un misogino poteva aver concepito quello che era la principessa “Brave” a metà film: semplicemente una stupida sciocca viziata.Anzi, una vera cogliona. Vero è che anche i maschi guerrieri erano dipinti come una massa di assoluti imbecilli. Misantropo oltre che misogino, dunque, lo sceneggiatore. A questo punto mi chiedevo perché avevo portato i miei bimbi a vedere un film così nichilista. Maledizione al multistrato della Pixar. Era meglio “Cars”, e che i multistrato intellettuali vadano a farsi benedire.

Il Sessismo dell'Ape Regina. - Immagine: © Anastasija Dracova - Fotolia.com
Articolo consigliato: Il Sessismo dell’Ape Regina. Donne che perpetuano gli stereotipi di genere.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: CINEMA

Dopo un po’, i maschi guerrieri  del castello catturano la regina-orsa e per poco non la fanno fuori. Legata con mille corde al centro di un orribile e antichissimo cerchio sacrificale di pietre e circondata da un’orda urlante di guerrieri inferociti (mentre “Brave”, la piccola idiota, ha finalmente capito la gravissima portata della tragedia in atto) sembrava un agnello portato al macello. Una scena terribile.

A questo punto ho compreso dove fosse il multistrato. Ed era ben nascosto, per fortuna, e meno scontato e risaputo della quota rosa riservata all’eroina invece che all’eroe. Anche perché fino a quel momento l’eroina “Brave” aveva fatto la figura dell’idiota; parità si, ma nell’idiozia, che poi è il femminismo migliore. Il multistrato -quanto odio questa parola!- era il tema del capro espiatorio, del sacrificio e dell’orda sanguinaria che trova soluzione ai feroci conflitti interni trovando un nemico esterno da ammazzare (e poi da divinizzare in un totem: l’orsa; ovvero in una costellazione: l’orsa maggiore e minore). E infatti l’orda dei guerrieri era già segnata da conflitti interni che si erano infine scatenati in una rissa al castello. Come ho già scritto prima, il re è in difficili rapporti con i suoi tre vassalli, ognuno dei quali vorrebbe al tempo stesso imparentarsi con lui e sostituirlo.

Insomma, quelli della Pixar non sono stupidi. Un po’ tromboni e intellettuali, ma non stupidi. Si sono letti René Girard (1982) e Giuseppe Fornari (2006), i due grandi antropologi e studiosi della teoria del capro espiatorio. E ne ho la conferma a casa, leggendo il mito greco di Callisto (ahimè, lo leggo su Wikipedia e non in Ovidio) tramutata in orsa da Artemide, la dea della caccia che evita gli uomini e che è sdegnata perché Callisto è incinta e quindi ha violato la regola dell’orda delle terribili ninfe cacciatrici (tra le quali la stessa Callisto) che accompagnano la dea: che mai conoscano uomo e mai facciano prole. Una banda di femministe scatenate, immagine speculare dei maschilistissimi eroi greci.

La regina è Callisto. Chi è, infatti, la regina di “Brave” se non una donna che invece ha scelto di conoscere un uomo, quell’imbecille, ma simpatico e innamorato, di suo marito? E, particolare raggelante, chi è “Brave” se non Artemide, una donna che non vuole conoscere uomo e che passa le giornate dei boschi da sola a cacciare? Dunque Callisto è la madre di Artemide? E “Brave” è Artemide che ha voluto tramutare sua madre in orsa affinché fosse uccisa e sacrificata? Un Edipo donna. Forse si. Beh, il film è davvero complesso (anche se i miei bimbi però continuano a rimanere perplessi e un po’ annoiati di fronte a tanta cultura; meglio “Cars”).

Insomma, l’orda dei maschi può essere anche un’orda di femmine altrettanto crudeli e schiave di regole e pregiudizi. Lo sceneggiatore è davvero uno tosto che non fa sconti a nessuno, maschi o femmine che siano. Altro che quote rosa o quote azzurre. Non ce ne è per nessuno. Misogino e misantropo. 

Però uno sconto lo fa: alla madre, regina e orsa. Che è quindi la vera grande protagonista, un Cristo donna destinata al linciaggio. 

Poi, per fortuna, tutto si risolve. Sia pure a prezzo dell’uccisione di un altro orso. Intendiamoci, non un povero orso che passava di lì, ma una personificazione del male (e chi è questo qui? Ma non posso mica spiegarvi tutto, andate a vedervi il film!) E alla fine “Brave” finalmente rinsavisce e comprende le enormi sciocchezze che ha commesso per tutto il film. Ed è questa sua consapevolezza che fa sparire l’incantesimo e fa riprendere alla regina la sua forma umana. Per fortuna, perché è evidente che senza di lei il regno va a scatafascio.

LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: RECENSIONI – CINEMA – BAMBINI

 

 

BIBLIOGRAFIA: 

BRAVE (2012). TRAILER ITALIANO:

Tiziano, "Diana e Callisto" (1556-1559) Olio su tela. “Brave”. La Principessa Ribelle e il Capro Espiatorio – Recensione
Tiziano, “Diana e Callisto” (1556-1559) Olio su tela.
Si parla di:
Categorie
SCRITTO DA
Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

Tutti gli articoli
ARTICOLI CORRELATI
WordPress Ads
cancel