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Patologie della Personalita’ di Alto Livello – Recensione

La DPHP ha come finalità il cambiamento della struttura di personalita' attraverso l'individuazione delle relazioni oggettuali conflittuali.

Di Silvia Dioni, Gianluca Frazzoni

Pubblicato il 17 Ott. 2012

 

Caligor E., Kernberg O.F., Clarkin J.F. “Patologie della personalita’ di alto livello”, Cortina Editore SCARICA IL BOOKTRAILER 

Patologie della Personalità di alto livello. Cortina Editori

Gli individui strutturano la propria vita psichica intorno a modelli relazionali interiorizzati che si sono forgiati nelle relazioni con le figure rilevanti dello sviluppo.

Il testo di Caligor, Kernberg e Clarkin esamina una classe di disturbi di personalità moderatamente gravi, associati a strutture di funzionamento psicologico le cui caratteristiche fondamentali sono: identità consolidata, predominio di difese basate sulla repressione, rigidità dei tratti, esame di realtà adeguato. Tale assetto di personalità viene definito di alto livello e corrisponde all’organizzazione nevrotica teorizzata da Kernberg; assumendo invece come riferimento i disturbi in Asse II del DSM-IV-TR, le categorie diagnostiche interessate dalle riflessioni sulla personalita’ di alto livello sono i disturbi evitante, dipendente, depressivo, ossessivo-compulsivo e istrionico, quest’ultimo ampliato e riformulato secondo le classificazioni a come disturbo isterico.

La Dynamic Psychotherapy for Higher level personality Pathology (DPHP) è un modello psicoanalitico che integra la Psicoterapia Focalizzata sul Transfert (TFP) elaborata da Kernberg per il trattamento del disturbo borderline; entrambi gli approcci si fondano sulla teoria delle relazioni oggettuali, secondo cui gli individui strutturano la propria vita psichica intorno a modelli relazionali interiorizzati che si sono forgiati nelle relazioni con le figure rilevanti dello sviluppo.

La DPHP si avvale di tattiche, tecniche e strategie, ponendosi come finalità primaria il cambiamento della struttura di personalita’ attraverso l’individuazione delle relazioni oggettuali conflittuali che il paziente riproduce nella relazione col terapeuta.

Le tattiche e le tecniche – su tutte il transfert, l’ascolto, l’osservazione partecipante, l’interpretazione del conflitto inconscio, l’analisi di resistenze e difese – sono gli strumenti che il terapeuta utilizza per realizzare le quattro strategie cliniche della DPHP: il riconoscimento delle relazioni oggettuali più significative; l’analisi dei conflitti e dei meccanismi difensivi attivi nelle relazioni oggettuali dominanti; il restringimento del focus sugli obiettivi terapeutici; l’integrazione dei conflitti nel vissuto conscio del paziente.

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Il terapeuta, avvalendosi della propria neutralità tecnica, si adopera per aiutare il paziente a far emergere le difese e i conflitti inconsci che si sono formati nelle relazioni oggettuali interiorizzate; la relazione terapeutica diventa il luogo figurato nel quale il soggetto ripropone le modalità difensive e i tratti disadattivi che hanno determinato l’insorgere della sua problematica. Il clinico ha la possibilità di osservare direttamente questi aspetti mostrando al paziente quale sia il suo funzionamento, quali le sue reazioni all’interno della relazione terapeutica e come questi elementi si intreccino con le rappresentazioni consce di sè e dell’altro; la ricostruzione di tali dinamiche si sviluppa attraverso l’individuazione dei contenuti comunicativi espliciti e impliciti, delle contraddizioni tra pensiero cosciente e attivazione emotiva, nonchè facendo preciso riferimento alle modificazioni che l’immagine del terapeuta subisce nella percezione del paziente durante l’evolversi della terapia.

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Il setting clinico favorisce l’emergere dei conflitti inconsci e dei caratteri ripetitivi che il soggetto introduce nei propri contesti interpersonali, nella rappresentazione del mondo, nell’organizzazione mentale dell’esperienza; le difese messe in atto hanno la funzione di reprimere sentimenti ritenuti inaccettabili o avvertiti come troppo penosi, insieme a percezioni di sè sgradevoli o dissonanti se confrontate con un’immagine desiderata.

Questi contenuti possono essere descritti ed elaborati solo se vengono ricondotti alle tematiche da cui si sono originati, ossia alle relazioni oggettuali in cui il paziente ha esperito un sentimento di dolorosa inconciliabilità fra bisogni emotivi e qualità delle risposte affettive. 

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La seconda parte del volume è interamente dedicata alla descrizione degli aspetti pratici del trattamento; il taglio pensato dagli autori ha infatti ambizioni formative, pertanto l’idea è di proporre un manuale destinato principalmente ai clinici tirocinanti che vogliano sperimentare le tecniche dell’approccio psicodinamico nel trattamento delle patologie della personalita’

Nella sezione dedicata alla valutazione del paziente si fa riferimento alla diagnosi strutturale di Kernberg e quindi alle tecniche per individuare le caratteristiche strutturali di personalità che potrebbero emergere durante la narrazione, in particolare il grado di integrazione dell’identità, le operazioni difensive e l’esame di realtà. Gli autori non mancano di sottolineare come un buon inquadramento diagnostico sia fondamentale per la pianificazione del trattamento, che secondo le indicazioni fornite dal modello ruota principalmente intorno a due dei cardini della teoria psicodinamica, ovvero la valutazione e l’esplorazione delle relazioni oggettuali  e quelle dei meccanismi di difesa. 

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Il modo in cui i pattern relazionali che il paziente ha acquisito nel corso della vita si ripresentano durante il trattamento e nelle relazioni quotidiane ricopre un’importanza cruciale rispetto all’intero processo terapeutico; lavorando sulle relazioni oggettuali, considerate il fulcro delle aree dolenti del funzionamento psicologico, il terapeuta può infatti condurre il paziente ad una rinuncia delle rappresentazioni caotiche, distorte o  idealizzate delle proprie relazioni oggettuali difensive, a favore di una valutazione più realistica e tollerante delle persone e delle relazioni più significative. 

Per quanto riguarda invece l’approccio alle resistenze, questo nuovo modello psicoanalitico tende a non considerare i meccanismi di difesa solo come strategie di gestione dei conflitti intrapsichici in una condizione psicopatologica, bensì come un processo di adattamento della persona al mondo esterno e alle pressioni esercitate dalle relazioni interpersonali quotidiane; in quest’ottica gli autori promuovono quindi una teoria psicoanalitica “moderna”, non più attenta solo ai fenomeni intrapsichici e ai tratti stabili della personalità bensì consapevole del ruolo cruciale che le relazioni interpersonali attuali giocano nel determinare la sofferenza psicologica o, al contrario,  il buon adattamento del paziente. 

Le fasi del trattamento sono illustrate nel dettaglio, dall’esplorazione delle prime resistenze alla gestione della conclusione della terapia, e nella trattazione i rimandi alla teoria psicoanalitica di riferimento si alternano a continui riferimenti a casi clinici ed esempi pratici di applicazione delle tecniche proposte; in questo emerge l’esigenza anche da parte dei terapeuti (clinici o ricercatori) psicodinamici di poter vantare non più solo un ricco background teorico, bensì anche solide competenze metodologiche e applicative.

 

 

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Silvia Dioni
Silvia Dioni

Psicologa Psicoterapeuta laureata presso l’Università degli Studi di Parma e specializzata in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale all’Istituto “Studi Cognitivi” di Modena.

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