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Seminario di Pat Ogden #2: Il Trauma e il Corpo: La Terapia Sensomotoria

Obiettivo Workshop: affrontare il trattamento di terapia sensomotoria di pazienti traumatizzati o con difficoltà legate all'attaccamento.

Di Cristiana Chiej

Pubblicato il 26 Set. 2012

Aggiornato il 18 Feb. 2016 15:24

 

Workshop: “IL TRAUMA E IL CORPO: LA TERAPIA SENSOMOTORIA”, MILANO, 16 -17 settembre 2012

 

Seminario di Pat Ogden: Il Trauma e il Corpo: La Terapia Sensomotoria
Locandina del Workshop.

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Il 16 e 17 Settembre si è svolto a Milano un interessantissimo workshop sulla terapia sensomotoria tenuto da Pat Ogden, fondatrice della Psicoterapia Sensomotoria e del Sensorimotor Psychotherapy Institute (Boulder, Colorado).

Obiettivo di queste due giornate era quello di affrontare il trattamento con la terapia sensomotoria di pazienti traumatizzati ma anche delle difficoltà legate a storie di attaccamento insicuro non necessariamente traumatiche.

L’approccio parte dall’idea che la narrativa somatica racconti la storia delle relazioni precoci di attaccamento e di eventuali traumi subiti nel passato. Riprendendo l’idea di Janet che i pazienti con storie di sviluppo traumatiche continuino il tentativo di messa in atto dell’azione di difesa che non sono stati in grado di portare a compimento durate l’esperienza traumatica, uno degli obiettivi del lavoro terapeutico è quello aiutare i pazienti ad eseguire “azioni trionfali” (Janet, 1925).

Occorre considerare il corpo, i suoi movimenti e le sue posture per vedere cosa il corpo riesce o non riesce a fare, quali schemi di azione riesce a mettere in atto, quali invece risultano bloccati.

I pazienti traumatizzati mostrano un arousal disregolato, con picchi di iperarousal in cui l’attivazione supera la capacità di integrazione e picchi verso il basso, di ipoarousal in cui l’attivazione non è sufficiente per permettere l’integrazione.

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Questi pazienti infatti passano molto rapidamente da stati di intensa reattività emozionale ad un distacco emotivo che talvolta esita in vero e proprio collasso fisico. Per riuscire ad integrare e quindi ad elaborare le sensazioni e l’esperienza traumatica è fondamentale riportare il paziente ad una stabilizzazione dell’attivazione entro una finestra di tolleranza.

Durante il workshop, da un lato facendo sperimentare direttamente ai partecipanti la potenza di questo approccio e dall’altro attraverso la proiezione di sedute videoregistrate, la dottoressa Ogden ha mostrato come la terapia sensomotoria vada a lavorare proprio su questi aspetti.

Seminario di Pat Ogden: Il Trauma e il Corpo: La Terapia Sensomotoria
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Durante una seduta con un paziente traumatizzato, ad esempio, la terapeuta coglieva un gesto delle mani leggibile come l’inizio di un’azione difensiva e focalizzava poi il lavoro clinico nel far portare a compimento tale gesto più volte, di modo che si iscrivesse nel corpo come memoria procedurale, che entrasse a far parte della narrativa somatica, per poi soffermarsi sulle emozioni, sensazioni e cognizioni che questo movimento e questa postura producevano nel paziente, in un processo di elaborazione bottom-up.

Guidati dall’atteggiamento mindfulness di attenzione consapevole al momento presente senza giudizio, si osserva tutto ciò che (in termini di sensazioni corporee, movimenti, percezioni provenienti dai 5 sensi, emozioni e cognizioni) emerge all’interno dell’occhio della mente momento per momento.

A partire da specifiche tecniche corporee l’obiettivo è di facilitare un nuovo apprendimento di tipo procedurale: se non si modificano gli aspetti somatici il trauma resterà nel corpo e non potrà essere elaborato efficacemente.

Non si tratta solo di consapevolezza corporea, che pure è un elemento importante, ma di lavorare sul processamento sensomotorio, ovvero sul come creiamo implicitamente i nostri significati, processiamo le informazioni ed eseguiamo azioni.

Al termine della prima giornata un’attenzione particolare è stata posta al trattamento dei disturbi dissociativi. D’accordo con l’impostazione di Janet, la terapia sensomotoria concepisce la dissociazione come il fallimento della capacità integrativa, pertanto focus del lavoro terapeutico è la comunicazione fra le diverse parti.

Attraverso interventi di mindfulness, il lavoro con la memoria implicita, con le azioni fisiche e le sensazioni corporee, si stimola direttamente la memoria procedurale, per evitare che il lavoro con la sola memoria esplicita e semantica riattivi in modo iatrogeno memorie corporee intense e disregolate senza risolverle.

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Nella seconda giornata, invece, ampio spazio è stato dato al lavoro con l’attaccamento, prendendo in considerazione sia le storie di attaccamento problematiche ma non sconvolgenti, sia le storie di traumi subiti dalle figure di attaccamento.

Focus del trattamento, nel primo caso è stata l’esplorazione, sempre a partire dall’esperienza corporea, di parti di sé implicite con l’obiettivo di ampliare la tipologia e l’intensità delle esperienze affettive. Da questo lavoro emergono nuove azioni: ad esempio in pazienti con una storia di attaccamento evitante possono emergere azioni di ricerca della vicinanza con un incremento della capacità di dare e ricevere supporto, sperimentando una nuova gamma di emozioni correlate a queste esperienze.

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Al contrario, in pazienti con una storia di attaccamento ambivalente emergono azioni di radicamento e contenimento, esplorando e stabilendo confini e nuove capacità di autoregolazione.

Nel lavoro con storie di attaccamento disorganizzato, e dunque con esperienze traumatiche legate alle figure di riferimento, il trattamento coniuga i principi del lavoro sul trauma con quelli del lavoro sull’attaccamento: il lavoro sul corpo è volto a modulare l’iper e l’ipoarousal, acquisendo nuove capacità autoregolatorie ed interattive e favorendo l’integrazione delle parti. I movimenti diventano più integrati e diretti ad uno scopo, intenzionali.

Questi interventi implicano un lavoro di esecuzione dei 5 movimenti di base dello sviluppo come delineati da Bainbridge-Cohen (1993): lasciarsi andare, spingere, raggiungere, afferrare e tirare. Di importanza fondamentale nelle nostre interazioni sociali, si sviluppano già durante la gestazione e rappresentano la base per ogni nostro movimento. Questo linguaggio corporeo esprime in modo molto potente i temi critici del paziente e sono un canale di accesso diretto a rappresentazioni spesso non consapevoli.

In conclusione di queste due dense ed interessanti giornate di lavoro, la dottoressa Ogden ha dedicato un po’ di tempo alla riflessione su come il percorso clinico sia composto da una parte esplicita, in cui il terapeuta si muove guidato da teorie e tecniche ed orientato consapevolmente ad un obiettivo specifico, ed un parte implicita, in cui dominano processi inconsci, intuizioni cliniche, collusioni e collisioni, passaggi all’atto il cui risultato è imprevedibile.

Pat Ogden ha infine mostrato un video di una seduta in cui è emerso molto chiaramente come, per quanto disorientante, questo processo implicito sia parte attiva del processo terapeutico e come i passaggi all’atto, in cui parti implicite di paziente e terapeuta entrano in contatto attraverso il corpo, possano essere straordinarie occasioni di crescita per entrambi, purché siamo disposti ad imparare qualcosa da questo tipo di esperienze.

E’ stato un incontro interessante quello di queste due giornate e personalmente credo che, pur partendo da una prospettiva diversa da quella a cui siamo abituati, il modello utilizzato dalla terapia sensomotoria ben si integri con quelli cognitivisti. La teoria dell’attaccamento, i concetti di integrazione e disorganizzazione, la prospettiva evoluzionista e il riferimento a processi neurofisiologici fanno parte del bagaglio teorico e clinico di molti terapeuti cognitivisti e questo nuovo canale di accesso all’esperienza del paziente, a partire dal corpo, potrebbe essere un buono strumento di lavoro da inserire nella nostra “cassetta degli attrezzi”.

 

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