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Friday Night Live all’ Albert Ellis Institute – #2

Friday Night Live dell'istituto Ellis è un evento leggendario della psicoterapia, paragonabile alle riunioni del mercoledì in casa Freud.

Di Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 11 Lug. 2012

Aggiornato il 12 Ott. 2012 15:20

 

Albert Ellis Institute – Parte 2 – Cronache da New York – Friday Night Live

LEGGI IL PRIMO EPISODIO DELLE CRONACHE DA NEW YORK

Friday Night Live all’ Albert Ellis Institute – Day 2
Friday Night Live presso l'Istituto Albert Ellis a New York

Dopo un’intera giornata trascorsa studiando ed esercitandosi con la Terapia Razionale Emotiva Comportamentale (REBT) di Albert Ellis sembrerebbe da folli impiegare la serata nella stessa maniera. E follemente noi di “States of Mind” lo facciamo, immergendoci nel Friday Night Live del 6 luglio 2012.

L’occasione è (quasi) da non perdere. Il Friday Night Live dell’Istituto Ellis è, a suo modo, un evento semi-leggendario della psicoterapia, paragonabile alle riunioni del mercoledì sera in casa Freud. Si tratta al tempo stesso di un evento, di una dimostrazione e di un servizio di counseling e psicoterapia pubblica offerta dall’Istituto quasi ogni venerdì sera, dalle 7.00 in poi. All’evento si partecipa pagando una quota di 15 dollari che permette di esporre pubblicamente un proprio problema a un terapeuta REBT esperto e discutere con lui, secondo la tecnica REBT, come comprendere razionalmente e gestire concretamente il problema. Albert Ellis in persona, finché la salute glielo permise, conduceva questi eventi spettacolari e istruttivi. Spettacolari perché il grado di istrionismo (però motivante ed efficace, almeno nei casi più felici) impiegato da Ellis non era trascurabile.

Albert Ellis Institute - Day 1 - Cronache da New York. - State of Mind
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L’evento avviene nella Lecture Hall dell’Istituto. È presente una piccola folla di 30-40 persone, di cui la metà sono miei compagni di corso. Ci accomodiamo tra il pubblico, mentre su quello che doveva essere lo scranno di Ellis, su una pedana e dietro una scrivania, è seduto Windy Dryden, una delle personalità scientifiche dominanti della scena REBT e Direttore dell’importante Journal of Rational-Emotive & Cognitive-Behavior Therapy. Accanto a lui una sedia vuota, dove ben presto si accomoda il primo “client”.

A quanto pare la natura pubblica dell’evento incoraggia l’istrionismo insito nello stile attivo e direttivo della REBT. Dryden di suo ci aggiunge una camicia a fiori degna del Presidente della Regione Lombardia (intendo Roberto Formigoni) nonchè 7-8 anelli aurei riccamente sparsi sulle dita delle sue mani e impreziositi di pietre rosse e azzurre.

 

DIMOSTRAZIONE N.1

Il primo “client” è un grave procrastinatore (anche se personalmente penso che il suo vero problema è che anche lui si sia munito di una camicia a fiori). Un tipo simpatico, fin troppo stereotipicamente uscito da un film di Woody Allen. Un artista niuorchese, un pittore che espone nelle gallerie dei quartieri di Chelsea e di Soho, di Tribeca e del Village. Un tipo di un certo successo, ma anche un procrastinatore capace di lasciare opere inconcluse per mesi fino alla stretta finale, fino a pochi giorni prima della mostra. A quel punto inizia a lavorare come un folle giorno e notte, cavandosela ogni volta per il rotto della cuffia.

L’intervento è classicamente REBT, subito diretto alle doverizzazioni. E qui accade qualcosa di interessante. Salta fuori che queste doverizzazioni di cui occorre liberarsi non sono delle convinzioni che fanno soffrire il paziente. Al contrario, queste doverizzazioni sono convinzioni che il paziente userebbe per evitare la frustrazione, per evitare di soffrire. Nel caso del nostro procrastinatore, egli usa una sua doverizzazione che suona più o meno così (cito a memoria): “per creare devo essere spontaneo, ovvero non devo affaticarmi, concentrarmi e insomma soffrire”. Così finisce per perdere tempo e rimandare. Insomma, emerge sempre di più il fondo stoico e quasi depressivo della REBT: non c’è speranza, solo impegno. E una cosa è ancora più chiara: per il terapeuta REBT il cliente è uno che cerca di evitare di soffrire. Ma il terapeuta non deve cascarci: la vita sempre sofferenza è, niente illusioni ma solo schiaffoni.

Un esito un po’ curioso, a pensarci. La terapia REBT nasce come liberazione dalle doverizzazioni tradizionali che ci rendevano schiavi di pregiudizi e di convinzioni di colpa produttori di sofferenza. Non a caso Ellis è, per chi non lo sapesse, una delle radici storiche della rivoluzione sessuale, del sesso senza paura e senza colpa. Il suo libro “Sex without guilt” vendette tantissimo nell’America dei primi anni ’60 e fornì I proventi per l’acquisto della palazzina dell’Istituto (Ellis, 1958). E invece al fondo riemerge questo fondo quasi calvinista di frustrazione. Si direbbe che nella REBT si rinuncia alla repressione per imparare ad accettare la frustrazione.

Dopo aver disputato le doverizzazioni del cliente, Dryden passa a un vero e proprio intervento motivante, legato anche a esercizi comportamentali di esposizione. Qui Dryden diventa ancora più istrionico, concludendo questo primo incontro con un urlo rivolto al paziente e a tutti noi: “GO!” Ovvero: “precipitati al lavoro e non procrastinare più“.

 

DIMOSTRAZIONE N. 2

Storie di Terapie #5 - Simone l'Ossessivo. - Immagine: © Oleksii Sergieiev - Fotolia.com
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Il secondo cliente mi pare un caso più grave e complesso dell’artista del Village così facilmente liquidato. Un giovane nero diciottenne alle soglie dell’Università, ma anche un grave ossessivo con dubbi su praticamente tutto: quale College sciegliere, chi sarà il futuro compagno di stanza, qual è il significato della vita, cos’è l’amore, cos’è la spiritualità. Insomma, tutto e il contrario di tutto.

Dryden sfugge alla trappola della vaghezza e privilegia il trattamento di un aspetto molto pratico: I dubbi sul futuro compagno di stanza. Potrebbe essere un tipo sporco, questo è il problema del giovane amico (che si conferma così un ossessivo). Dryden subito propone lo scenario peggiore: il futuro compagno di stanza potrebbe essere davvero qualcuno dall’igiene discutibile. Anzi, lo sarà. Punto.

E in questo caso, che succede? Cosa farai, giovane amico che ti affacci alla vita e devi andare all’Università? Manderai I tuoi studi a monte per un paio di calze e mutande sporche lasciate sul pavimento da un tipo che dorme nella tua stanza? È da notare che Dryden, da buon REBTiano, lascia in secondo piano ogni intervento di sdrammatizzazione o di gestione del problema. Tutto va accettato. Chiudi gli occhi, giovane amico, e immagina: è ormai certo che il tuo compagno di stanza lascerà reperti luridi di se stesso in luoghi a te non graditi. Questa è la vita, e -se vuoi davvero viverla- inoltrati nel fango che lo pervade.

E con questa visione si conclude il Friday Night Live qui all’Albert Ellis Institute. Rimanete connessi, e ricordatevelo: c’è sempre del fango intorno a noi. 

 

 FRIDAY NIGHT LIVE @ ALBERT ELLIS INSTITUTE:

 

 

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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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